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La rivoluzione in campo e a tavola dei panificatori agricoli urbani

Davide Longoni è nato in Brianza nel 1973. Il Panificio Davide Longoni dà lavoro a una trentina di persone, tra il laboratorio e i tre punti vendita di Milano. Nel 2020 ha fatturato circa due milioni di euro, in linea con il 2019 nonostante l’emergenza Covid-19. Nel 2020 è diventato editore della rivista L’Integrale, quadrimestrale di pane e cultura Archivio Panificio Davide Longoni © Archivio Panificio Davide Longoni

I “PAU” stanno cambiando il modo di preparare il pane. Rivendicano il diritto ad autoprodurre il cibo, lavorano con gli agricoltori e attuano pratiche di mutualismo in una filiera tracciabile dal campo al bancone. Ce li racconta Davide Longoni

Tratto da Altreconomia 234 — Febbraio 2021

“Tra i giovani il lavoro del fornaio ormai è stato sdoganato: all’interno di un laboratorio da panettiere è possibile realizzarsi ed esprimere la propria creatività, mentre l’ambiente della ristorazione, a meno che tu non diventi chef, può essere asfittico”, racconta Davide Longoni. Lui lo sa bene: le porte della sua officina (in via Tiraboschi, a Milano) sono sempre aperte e ogni anno ospita qualche decina tra giovani e meno giovani per periodi di stage, tirocini, scambio e affiancamento. “Insieme portiamo avanti progetti per sviluppare nuovi tipi di pane, c’è ricerca, girano colleghi: è un ambiente aperto dove c’è uno scambio di energie. Credo che le leggi della termodinamica siano applicabili anche alle relazioni e al lavoro”, sottolinea Davide, una laurea in Geografia e passioni a 360 gradi tra cibo, territorio, antropologia, sociologia, scienze naturali. Quasi 15 anni fa è stato tra i primi in Italia a panificare farine agricole, quelle dei Gruppi d’acquisto solidali (Gas) della Brianza nell’ambito del progetto “Spiga&Madia”, nato nel 2006 (ne scrivemmo sul numero 101 di Altreconomia, nel gennaio del 2009). Nel 2018 con due dei giovani panettieri passati per il suo laboratorio -Pasquale Polito di Forno Brisa a Bologna e Matteo Piffer del Panificio Moderno di Isera, in Trentino Alto-Adige- ha lanciato il movimento dei Panificatori Agricoli Urbani (PAU). Nel novembre del 2020 i PAU hanno presentato il loro Manifesto, un decalogo che ha raccolto le firme di 82 fornai che lavorano in 50 laboratori dalla provincia di Cuneo a quella di Trapani. Tra i punti del Manifesto ci sono “fare il pane è un atto agricolo”, “il panificatore è un paesaggista”, “il pane ha nome e cognome”.

Una rivoluzione è in corso e la storia del Panificio Davide Longoni, laboratorio e tre negozi a Milano, esemplifica punto per punto i nessi chiave che emergono dalla lettura del Manifesto. “Il progetto “Spiga&Madia” ha offerto alcuni spunti a questa riflessione: i consumatori hanno provato a ricostruire una filiera, hanno coinvolto un agricoltore, un agronomo, un panificatore. Questa è l’intuizione: il consumatore ha voglia di comprendere che cosa accade lungo una filiera. Oggi questo lo abbiamo innestato nel discorso dei bottegai, del panificatore che ha un laboratorio e un negozio e ogni giorno si gioca credibilità di fronte a un pubblico di clienti”, sottolinea Longoni.

Tra i punti del Manifesto dei PAU ci sono “fare il pane è un atto agricolo”, “il panificatore è un paesaggista” e “il pane ha un nome e un cognome”

Dall’esempio di “Spiga&Madia” è possibile trarre anche altri insegnamenti: l’importanza delle istanze legate alla salubrità e al diritto di prodursi il cibo, associandolo al suolo (qualche anno dopo i Gas sono stati protagonisti della battaglia contro un’autostrada nell’Est milanese, che ha finito con l’occupare i campi di cereali) o delle dinamiche del prezzo: “Con Stefano Papetti, dell’azienda agricola De Fermo, che coltiva cereali in Abruzzo per il Panificio Davide Longoni e per il Forno Brisa, abbiamo ragionato su qual è il prezzo giusto da riconoscere al produttore di grano, a partire da un’analisi dei costi di produzione per ‘gratificare’ il suo lavoro e garantire che continui con noi a fare scelte coraggiose”, spiega Longoni. Alla fine, il prezzo riconosciuto è pari a circa tre volte quello di mercato (per cereali biologici certificati).

In Abruzzo Davide Longoni ha dei terreni agricoli di proprietà, mentre a Milano ha in affitto terreni a Chiaravalle, dove coltiva segale e farro. “Non sono diventato agricoltore, anche perché ho un terzista che segue i lavori, ma senz’altro mi ritengo un ‘custode del territorio’. Siamo noi a decidere come coltivare, a dar forma al paesaggio. Quest’anno abbiamo messo dei filari di piante da frutto in mezzo ai terreni di cereali, per creare una food forest, una linea di bosco che produrrà cibo”.

Il Manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani è un decalogo, uscito nel 2020, che ha raccolto le firme di 82 fornai che lavorano
in 50 laboratori, dalla provincia di Cuneo a quella di Trapani.

Nell’autunno del 2020 Davide ha coinvolto altri due forni milanesi dei Panificatori Agricoli Urbani, Crosta e Pavé, nella coltivazione dei cereali a Milano: “La nostra città ha sempre avuto un patrimonio agricolo che si è perso nel sistema globalizzato. Oggi è tempo, ce lo dice il pubblico, con scelte alimentari e stili di vita, di tornare a produrre cibo nel Parco agricolo Sud Milano, e tre forni insieme possono avere un impatto significativo”, racconta Davide. “Se sono da solo muovo poco -aggiunge-, ma se siamo un bel masso possiamo dar vita a una bella onda”.

Il tema della cooperazione -in una logica di apertura dei laboratori e di trasparenza- è una chiave di lettura di tutto il Manifesto PAU. Davide Longoni la può descrivere a partire da un esempio: “Abbiamo scelto un molino nel Piceno a cui abbiamo dato tutto il grano della ‘filiera abruzzese’ che comprende i campi di De Fermo, i miei, quelli di Pasquale di Forno Brisa che è originario delle Colline pescarsi e di un conferitore. Lì al Molino Agostini, con il supporto di Gregorio  Di Agostini (ex fornaio di Forno Brisa, già stagista al Panificio Longoni) abbiamo messo a punto una miscela di cereali che oggi impastiamo noi, Forno Brisa a Bologna e il Panificio Moderno in Trentino”.

Il mutualismo, nell’esperienza di Davide, è uno strumento: “Da quando lavoriamo in rete tutto si è accelerato. Nel 2013 avevo un negozio a Milano, questo di via Tiraboschi in cui ci incontriamo, e il laboratorio. Oggi ho tre punti vendita. L’apertura all’altro è un catalizzatore di energia che va gestita. Oggi sono diventato un gestore di talenti prima ancora che di ricette”. Sono tanti i talenti usciti dal laboratorio di Davide che hanno aperto il proprio forno (Adriano Del Mastro a Monza, ad esempio) e continuano a ricevere il suo supporto. “Il Manifesto dei PAU, che è il frutto di una scrittura collettiva durata un anno e mezzo, ci ha aiutato a leggere il nostro percorso”. Una fermentazione spontanea che è ancora in corso.

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