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Diritti / Attualità

La polizia polacca non ha mai smesso di respingere i migranti verso la Bielorussia

Un gruppo di giovani donne al di là del confine militarizzato tra Polonia e Bielorussia © Stowarzyszenie Egala

Ritorno sul confine militarizzato tre anni dopo la “crisi” che portò a violente e illegali procedure di pushback sommari ed espulsioni collettive da parte dell’allora governo di estrema destra di Varsavia. Anche l’attuale esecutivo “liberal-democratico” si muove nello stesso solco, denuncia il network Grupa Granica così come il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa

“La polizia polacca non ha mai smesso con i respingimenti verso la Bielorussia. Riceviamo ogni giorno richieste di aiuto da persone che arrivano da Siria, Yemen, Afghanistan, Eritrea, Congo, Camerun e Sudan. Anche chi vuole presentare domanda d’asilo in Polonia rischia di essere respinto”.

Aleksandra Kramer è un’attivista di Grupa Granica, network di organizzazioni a supporto delle persone migranti nell’area di frontiera tra Polonia e Bielorussia. La sua testimonianza ricalca quanto denunciato dal commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, a seguito di una visita nel Paese lo scorso 16 settembre. “La Polonia deve rispettare gli obblighi internazionali in materia di diritti umani al confine con la Bielorussia”, le parole di O’Flaherty. 

Nonostante l’insediamento del governo liberal-democratico di Donald Tusk nel dicembre 2023 e l’auspicio di una maggior tutela dei diritti di potenziali richiedenti asilo, le pratiche al confine sembrano ripetere proprio quelle violente e illiberali in atto dal 2021, quando a rivendicarle era l’allora governo polacco di estrema destra guidato da Mateusz Morawiecki. 

Le violazioni menzionate anche dal commissario O’Flaherty avvengono in un’area di frontiera da anni oggetto di un processo di militarizzazione. Chi vuole arrivare in Polonia incontra anzitutto un muro bielorusso, oltre cui si estende una buffer zone (un’area interdetta a civili e associazioni) nota come sistiema; questa è delimitata da una seconda barriera: un fiume da attraversare a nuoto, o un muro sormontato da filo spinato da scavalcare. Superati questi primi ostacoli, in territorio polacco si incontra un’ulteriore buffer zone, chiusa da un terzo muro e preclusa anch’essa alle attività delle associazioni umanitarie. 

© Stowarzyszenie Egala

A controllo del confine, da una parte e dall’altra, ci sono le polizie di frontiera nazionali: “Le persone che riescono ad attraversare ci raccontano che i soldati bielorussi spesso si prendono gioco di loro, rubano beni e documenti, li fanno attaccare dai cani. Dall’altro lato ci descrivono comportamenti simili da parte della polizia polacca, che spesso utilizza spray al peperoncino o dei petardi per scoraggiare i tentativi di attraversamento”, continua Kramer. 

Inoltre, anche a chi raggiunge il territorio polacco, spesso si nega il diritto di chiedere protezione. “Prima di essere respinte verso lo Stato confinante -racconta Kramer-, capita che le persone vengano minacciate e costrette con la forza a firmare un documento in polacco in cui dichiarano di non voler fare domanda di asilo”.

Stando ai dati raccolti da Grupa Granica, dal 2021 ad oggi, la gestione militarizzata del confine ha causato la morte di almeno 87 persone solo in Polonia, oltre a dispersi e vittime di incidenti avvenuti sul lato bielorusso, di cui non esistono dati precisi. 

Gli attraversamenti cosiddetti “irregolari” delle frontiere europee secondo l’Agenzia Frontex nei primi otto mesi del 2024

L’insieme di queste pratiche in atto alla frontiera -peraltro facilitate da modifiche legislative, apportate già nel 2021 senza un’adeguata base nel diritto nazionale e internazionale- non rispettano gli standard internazionali sui diritti umani. Questi respingimenti sommari si traducono infatti in espulsioni collettive che, unitamente all’esposizione a rischi di trattamenti inumani, costituiscono una seria violazione della Convenzione europea dei diritti umani, come sottolineato da O’Flaherty dopo la sua visita. 

Per garantire una maggior tutela dei diritti delle persone in transito, il Commissario ha incoraggiato un incremento delle attività di primo soccorso e di supporto legale nella zona di frontiera. Fino ad ora, infatti, le associazioni umanitarie sono state più volte ostacolate e criminalizzate. “Abbiamo ricevuto multe per le nostre attività -dice Kramer-. Alcuni di noi sono stati messi sotto indagine per aver distribuito cibo e vestiti in prossimità del confine”.

O’Flaherty ha inoltre esortato la Polonia a prendere provvedimenti riguardo all’uso arbitrario della violenza da parte della polizia, invitando ad abolire la recente legge che esenta da ogni responsabilità penale gli agenti che fanno uso di forza in situazioni di urgenza. 

© Stowarzyszenie Egala

Secondo un’inchiesta del Balkan investigative reporting network (Birn), rete indipendente che si occupa di Europa meridionale e orientale, a supporto della polizia si stanno strutturando corpi civili paramilitari che pattugliano il confine. Video delle missioni vengono postati sui profili social di questi gruppi, dove la scritta “difendiamo il confine polacco” campeggia a fianco della figura di un nerboruto uomo con la testa di aquila bianca, simbolo del Paese. 

Anche gli attivisti delle associazioni li temono perché nelle loro attività non sono identificabili in alcun modo, a differenza dei militari, che normalmente hanno un numero identificativo. “Il governo è a conoscenza di questi gruppi neofascisti, ma non fa nulla”, denuncia Kramer. 

Nella vicina Lituania, dove il controllo del confine con la Bielorussia è del tutto assimilabile a quanto accade in Polonia, è stato addirittura avviato un programma di formazione per gruppi di civili a supporto della polizia di frontiera. Lo racconta un membro della Ong lituana Sienos Grupė: “Il governo ha approvato un ciclo di addestramento di volontari a supporto delle attività della polizia. Fortunatamente fino ad ora pochissime persone si sono unite al programma”. 

Lo stretto controllo militare sui “confini terrestri orientali” avrebbe permesso di intercettare 11.270 ingressi “irregolari” nei primi otto mesi del 2024, secondo i dati di Frontex, che ha registrato un incremento del 193% degli arrivi rispetto all’anno scorso. 

I numeri di chi riesce a presentare domanda di asilo nei Paesi dell’Ue confinanti con la Bielorussia sono molto bassi, confermando che la maggior parte di coloro che si trova su questi confini continua a essere respinta. In Lituania, dati Eurostat alla mano, le domande di asilo di prima istanza presentate tra gennaio e agosto 2024 sono state appena 215. In Polonia, nello stesso periodo, 8.640. In Germania, solo ad agosto, sono state 18.425. 

Polonia e Lituania sono tra i Paesi al centro del progetto “Chiusi dentro. Dall’alto” che mostra i campi di confinamento europei a danno di richiedenti asilo e migranti

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