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La “Milano green” cementifica il suo parco agricolo: 64,5 ettari a rischio ancora per la logistica

© Davide Stanga - Unsplash

Nel cuore dell’area agricola che cinge la città e la fa respirare potrebbe sorgere un complesso di capannoni che da solo rappresenterebbe il 7% del consumo di suolo regionale di un anno. Una decisione folle e contraddittoria che mina la credibilità del progetto di forestazione urbana “Forestami”. L’analisi del prof. Paolo Pileri

Alle porte della grande Milano che con il suo sindaco e la sua giunta si dichiara la città green di riferimento per il Paese intero, sono a rischio di andare in fumo 64,5 ettari di parco. Green un corno. O, meglio, green da solo non ha nessun senso perché non ci si mette in testa che il verde non è quello appeso ai balconi di grattacieli per ricchi o qualche metro quadrato rinverdito per farsi un selfie preelettorale e nemmeno quello di qualche migliaia di alberi piantati qua e là più per farsi pubblicità che per capire come funziona la natura.

Spieghiamolo a questi decisori che decidono senza sapere: a “loro insaputa”, come quel tizio che comprava case nel centro di Roma. Allora: il green non esiste. Esiste solo la combinazione piante e suolo. Ok? Basta con questo marketing del verde per poi tradirlo alla prima occasione. Basta con queste forestazioni urbane che suonano da pre-verdissement per poi cementare. Basta con le forestazioni se non c’è un patto sulla tutela dei suoli, sul togliere aree edificabili dalla pancia piena dei piani urbanistici dei Comuni. Basta padrini e madrine politiche che non lottano per una legge contro il consumo di suolo ma si accontentano di salvare il loro orticello o di dirci che bisogna fare compromessi e mediazioni. O che ci sono altre urgenze e così via.

La vicenda, per chi ancora non la sa, è semplice. Semplicemente orribile ma normale nella testa di investitori e politici. In piena area a parco agricolo, che cinge Milano facendola respirare, in un piccolo Comune non casuale, Carpiano, quella giunta assieme a un colosso della realizzazione di capannoni immensi per la logistica (Akno) si sono resi responsabili di una proposta di nuovo polo logistico in aree agricole (che probabilmente hanno comprato nei mesi scorsi e sarebbe curioso sapere come) per la bellezza di 64,5 ettari. Un record: il 7% del consumo di suolo regionale annuale in un colpo solo.

Sono giustamente insorte tutte le associazioni e soprattutto tutti i comitati milanesi lombardi e spero si aggiungano tutti quelli italiani. Ma la cosa più assurda dolorosa e raccapricciante non è la manciatina di milioni di euro che viene proposta al Comune per accettare la cosa ma il fatto che quel Comune e un assessore di quella giunta (Giorgio Mantoan) erano e sono parte del progetto Forestami che, per chi non lo sa, è quella iniziativa di cui la giunta milanese va un pochino fiera (ma non troppo, intendiamoci) consistente nel piantare alberi nella città metropolitana per compensare emissioni di CO2.

Quindi chi è sul tavolo politico del progetto Forestami coincide con chi ha dato l’ok o non si è opposto a questo folle (per il suolo, il paesaggio, l’agricoltura, il clima) progetto logistico di consumo di suolo (questa affermazione del prof. Pileri è oggetto della rettifica che segue, ndr).

È chiara la contraddizione? Ovviamente chi ha contribuito alla decisione e siede al tavolo scientifico di Forestami non si scandalizza. Nessuna vergogna. Nessun senso di colpa. Tutto normale. E questo lascia senza fiato. D’altronde sono previste compensazioni che magari nella loro testa significano altri alberi da piantare e quindi raggiungimento dell’obiettivo del marketing green di Forestami. Per chi non sa nulla di ecosistemi, dividere gli alberi dal suolo è normale. Perfino un’opportunità. Decidere di cementificare 64,5 ettari in cambio di cinque milioni di euro all’ente Parco e quattro al Comune per interventi ambientali probabilmente vien vista come una grande operazione green che richiede un necessario sacrificio.

Perché non sanno vedere. Non hanno la cultura ecologica per capire che stanno autorizzando un disastro. Che peraltro si aggiunge alla decisione di fare un altro polo logistico alle porte di Milano (Rubattino) e a tante altre. Ma come è possibile tutto ciò? Qualcuno dice che per un piccolo Comune come Carpiano, con il bilancio alla canna del gas, è difficile dire di no (questa affermazione del prof. Pileri è oggetto della rettifica che segue, ndr). Non ci credo se avessero cultura non dilettantistica in materia ecologica (citando Norberto Bobbio) ma comunque credo ancora meno che una trasformazione cosi gigante non sia arrivata all’orecchio del sindaco di Milano che è anche, ricordiamolo, sindaco metropolitano (che mai si è intestato una battaglia politica nazionale per una legge contro il consumo di suolo). Chissà se chiarirà questa cosa.

Ma lo scandalo peggiore è quello di vedere questo consumo di suolo portato in mano da un assessore (di Carpiano) che avrebbe dovuto essere il primo a ostacolarlo dato il suo impegno nel board metropolitano del progetto Forestami. Questo è terribile e di nuovo apre a una vera e propria questione morale e di cultura ecologica e politica. Questo dimostra che non basta affatto essere un politico per capire le questioni. Non basta appartenere a un board politico per capire la questione. Non basta essere nominati. Non basta il luccichio green di un progetto come Forestami che alla fine, se andrà avanti questa cementificazione (ma chissà quante altre più piccole che non conosciamo: Milano stessa ha consumato quasi 19 ettari nel 2021 ed è il “capo” di Forestami), dovremmo convincerci che è solo un progetto greenwashing per oliare la macchina della rendita immobiliare (ed è tristissimo anche questo).

Quel che serve è una classe ecologica che giunga da una conoscenza approfondita e precisa dei temi e delle cose di natura. I politici devono studiare. E noi più di loro. Bene fanno le oltre 50 tra associazioni e comitati a opporsi a questa decisione ma questa vicenda ci insegna anche altro: abbiamo urgenza di un ambientalismo preventivo e colto, che non vive più e solo di opposizioni e ricorsi ma di attivismo popolare e vigilanza anzitempo sulla formazione di leggi, regolamenti, piani, curriculum ecologici dei politici, azioni di centri di ricerca e di Università e universitari (in questa vicenda mi duole da morire c’è anche lo zampino di un universitario e la cosa apre una ulteriore riflessione nella riflessione rivolta alla deontologia della classe a cui appartengo anche io).

Occorre formazione ecologica in politica. Non possiamo permetterci assessori ecologicamente ignoranti che non sanno che cosa sia il suolo o che si accontentano di piantare quattro alberi senza sapere che cosa sia la terra in cui sono piantati o come funzioni la cattura di CO2, ragione per la quale li piantano. Altrimenti rimarranno vandali in casa nostra, attivi nella distruzione della natura ma con la spocchia di dirci che loro la difendono (ho usato titoli di opere di meravigliosa denuncia di Antonio Cederna) .

In questo senso, “vista e considerata l’incommensurabile ignoranza nella quale viviamo rispetto a ciò che significa abitare una terra che reagisce alle nostre azioni, serve ancora più ricerca e ancora più fondamentale”. E indipendente, aggiungo al virgolettato di Bruno Latour. Grazie a chi si opporrà con quel che sa fare. Grazie a chi dirà pubblicamente da che parte vuole stare. E impariamo a non fidarsi a prescindere di chi ci parla di green. Piuttosto studiamo tanto di ecologia e interroghiamo i politici fino a sfinirli, fino a portarli a vergognarsi di come pensano e di quel che decidono (e facciamolo anche con i loro consulenti, ricercatori o professionisti non fa differenza). Dipende da noi, da chi di noi che conosce non dilettantisticamente la natura e può dare voce a ciò che voce non ha. Dipende da noi spiegare da che cosa dipendiamo. Perché “Se non si sa da cosa si dipende, come si fa a sapere cosa bisogna difendere?” (Bruno Latour).

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)


Pubblichiamo di seguito l’intervento di replica e rettifica dell’assessore di Carpiano, Giorgio Mantoan e l’integrazione del prof. Pileri.

“Vi scrivo relativamente all’articolo ‘La ‘Milano green’ cementifica il suo parco agricolo: 64,5 ettari a rischio ancora per la logistica’ scritto da Paolo Pileri. L’articolo riprende notizie di stampa relativamente all’interesse di un gruppo privato nel realizzare un nuovo polo logistico a Carpiano. Il nostro paese, Carpiano, è immerso nel Parco Agricolo Sud Milano e una parte importante del nostro territorio è sottoposta a tutela. Un passaggio dell’articolo riporta: ‘Ma la cosa più assurda dolorosa e raccapricciante non è la manciatina di milioni di euro che viene proposta al Comune per accettare la cosa ma il fatto che quel Comune e un assessore di quella giunta (Giorgio Mantoan) erano e sono parte del progetto Forestami […]. Quindi chi è sul tavolo politico del progetto Forestami coincide con chi ha dato l’ok o non si è opposto a questo folle (per il suolo, il paesaggio, l’agricoltura, il clima) progetto logistico di consumo di suolo’.
A questo proposito sono costretto a replicare che non esiste alcun ‘ok’ e che l’Amministrazione Comunale di cui faccio parte ha negli anni portato avanti battaglie opposte rispetto alle posizioni che ci vengono attribuite: siamo impegnati contro il consumo di suolo e ci siamo sempre battuti a difesa del Parco Agricolo Sud Milano. Anche ulteriori passaggi dell’articolo attribuiscono a me e all’Amministrazione posizioni opposte rispetto a quelle di tutela del nostro territorio che abbiamo sempre sostenuto e praticato.

Sull’ipotesi di nuovo polo logistico prospettata da privati e riportata dalla stampa, si è espresso chiaramente anche il gruppo politico che nel Consiglio comunale di Carpiano sostiene la nostra Amministrazione e che in questi anni, attraverso il Pgt, ha garantito chiare politiche di tutela ambientale. Anche rispetto al ‘per un piccolo Comune come Carpiano, con il bilancio alla canna del gas, è difficile dire di no’ segnalo che il nostro Comune, all’opposto di quanto si scrive, ha dimostrato in questi anni come rinunciare al consumo di suolo (con il conseguente calo di entrate) non significhi rinunciare a investire in servizi pubblici, come dimostrano i sostanziosi investimenti -nuovo Asilo Nido comunale, riqualificazione di spazi pubblici- che abbiamo finanziato in questo mandato. Alla luce di tutto ciò, chiedo quindi di rettificare quanto è stato scritto. Se è certamente vero che sui temi ambientali ‘i politici devono studiare’ come scrive l’autore in un punto del suo articolo, è altrettanto vero che da parte delle testate di informazione sarebbe opportuno un doveroso approfondimento prima di formulare affermazioni gravi e infondate come quelle che vengono fatte sulle posizioni mie e dell’Amministrazione di Carpiano. Questo a garanzia sia di una corretta informazione sia del lavoro che tanti amministratori svolgono per tutelare il territorio e la qualità di vita dei nostri concittadini”.

Giorgio Mantoan, 10 luglio 2023

“A seguito del mio articolo sul potenziale megaconsumo di suolo per logistica in Carpiano (Parco Sud Milano) mi è stato inviato un comunicato stampa che prima del mio articolo era stato emesso da ‘Carpiano per Te’, gruppo di maggioranza a Carpiano, dove si afferma che ‘La linea del Gruppo politico Carpiano per Te in merito all’assetto urbanistico è quella adottata nel Piano di Governo del Territorio, che non prevede logistiche e/o insediamenti industriali sul nostro territorio. Sono argomenti importantissimi, che non possono certo essere discussi per un ‘titolone ad effetto’ su un giornale. È la linea che fino ad ora abbiamo portato avanti ed è quella che, per nostra competenza, continueremo a portare avanti come gruppo politico di maggioranza nelle scelte amministrative’.
Mi dispiace non aver saputo prima di questa posizione politica nonostante abbia chiesto ad alcune mie fonti. Ora sappiamo che il Comune non ha dato alcun ok al progetto: bene. Mi scuso per questo, soprattutto con l’assessore Mantoan che ringrazio anche per il cortese scambio di mail di chiarimento che abbiamo avuto.

Ritengo però che molte questioni da me poste rimangano sul tavolo e brucino come il fatto che sviluppatori logistici non si fermino certo davanti a progetti come Forestami (e neppure a enti come il Parco Sud) che, di fatto, non costituiscono per loro un argine invalicabile al consumo di suolo e questo ci insegna a rafforzare sia la narrazione politico-ecologica, sia il grado di consapevolezza ecologica tra gli amministratori locali; che c’è un difetto di trasparenza urbanistica, visto che pare sia stata intavolata una discussione in Regione all’insaputa di tutti (eppure la disponibilità di 64 ettari di terreni non dovrebbe passare inosservata a nessuno); che la cornice normativa urbanistica, che negli anni si è fatta strada trovando opposizioni bassissime (soprattutto culturali) ha letteralmente messo nelle mani della Regione un potere troppo grande davanti al quale i Comuni impallidiscono o sono bypassati e su cui sono solo costretti a rincorrere poteri più forti, arrancando e soccombendo (specie davanti alle promesse finanziarie degli sviluppatori).

Spero vivamente che questi articoli sollecitino un dibattito dove sempre più il suolo sia la misura delle buone politiche di governo del territorio. Certe proposte, come questa dei 64,5 ettari, non dovrebbero neppur poter essere pensate in un sistema culturale dove il pensiero ecologico ha un ruolo dominante, moralmente parlando, nel discorso politico”.

Paolo Pileri, 10 luglio 2023

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