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Ambiente / Reportage

Il cemento invade Padova e i suoi campi. Il caso della catena Alì

Il magazzino di Alì in via Svezia, che l’azienda vorrebbe ampliare su due terreni agricoli adiacenti acquistati nel corso del 2021 © Luca Martinelli

Il progetto del nuovo hub logistico dell’azienda di supermercati occuperebbe circa 155mila metri quadrati a Granze di Camin. Terreni tutt’ora coltivati. Comitati e cittadini protestano per l’ennesima espansione della zona industriale

Tratto da Altreconomia 260 — Giugno 2023

Granze di Camin (PD) è un paese letteralmente accerchiato da asfalto e cemento: tutto intorno, a partire dagli anni Sessanta, è stata realizzata la zona industriale di Padova, costruita espropriando i terreni ad almeno 800 famiglie, prevalentemente agricoltori, che vivevano tra Granze, a Sud della mega-lottizzazione, e Camin, a Nord. Oggi qui vivono 800 persone e in tanti fanno parte del Comitato dei cittadini di Granze, che si sono ribellati di fronte all’ennesima espansione della zona industriale su aree agricole, cioè il progetto del nuovo hub logistico di Alì supermercati, che occuperebbe circa 155mila metri quadrati: terreni che, a maggio 2023, sono ancora coltivati.

Alì è forse un nome che dice poco a chi non vive in Veneto, ma che racconta una storia imprenditoriale avviata nei primi anni Settanta e che al 31 dicembre 2021 contava ben 116 punti vendita a marchio “Alì”, “Alì per me” e “Alìper”, cinque dei quali in Emilia-Romagna, zona di espansione, oltre a cinque outlet, per un fatturato che supera stabilmente il miliardo di euro (1,17 nel 2021, 1,15 nel 2020). Sono quattro i punti vendita aperti nel corso del 2021 dalla società, che è ancora guidata dal fondatore, Francesco Canella, classe 1931, e vede figli e nipoti con lui in consiglio d’amministrazione. In Veneto Alì, che fa parte del gruppo Selex, di cui detiene quasi l’8% delle azioni, ha raggiunto nel 2022 una quota di mercato del 18,3%, secondo le informazioni diffuse dall’azienda, che pianifica di crescere anche in Friuli-Venezia Giulia: sul proprio sito, infatti, si dice alla ricerca di nuove “opportunità immobiliari da sviluppare in acquisto o in locazione”, in bacini di utenza di almeno 15mila abitanti. La società è per questo alla ricerca di terreni edificabili con destinazione d’uso commerciale o compatibile, di almeno seimila metri quadrati e con la possibilità di realizzare almeno duemila metri quadrati di superficie coperta.

Il terreno agricolo di Granze di Camin, contiguo al magazzino della società in via Svezia, è stato acquistato nel corso del 2021, insieme a un altro terreno adiacente. Secondo quanto riportato nel bilancio di Alì Spa la spesa complessiva è stata di 871mila euro. La superficie, nel territorio del Comune di Padova, è pari ai tre quarti dell’abitato di Granze, che occupa appena 220mila metri quadrati e oggi si sviluppa tra l’autostrada A13 per Bologna e la tangenziale, tagliata dalle arterie urbane a quattro corsie che attraversano il reticolo di fabbriche e magazzini. L’unico negozio rimasto aperto in paese è una merceria. Gli abitanti di Granze che arrivano alla spicciolata nel piccolo parco attrezzato in cui ci incontriamo rievocano quello che c’era prima: “Ho vissuto la trasformazione del territorio da quando avevo sei anni -racconta Elisabetta- abbiamo smesso di muoverci, di passeggiare”. Anche per questo lei si è laureata in Agraria, con specializzazione in paesaggio e giardini: una specie di contrappasso. Micol, invece, ha studiato all’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (CN), concludendo il suo percorso con una tesi dedicata a “Granze di Camin, un’oasi verde a rischio”, in cui ricostruisce l’uso delle piante selvatiche e dei funghi e com’è cambiato a seguito delle grandi trasformazioni avviate con la costituzione nel 1956 del Consorzio zona industriale e porto fluviale di Padova, che ottenne il permesso di espropriare oltre sette milioni di metri quadrati di terreni agricoli.

Tra coloro che hanno perso la casa c’è anche Mario Squizzato. Oggi è un architetto e alle vicende di Granze e di Camin, l’altro piccolo centro abitato sopravvissuto alla zona industriale, ha dedicato un bel libro, scritto con Paolo Ravazzolo dal titolo “Sessant’anni fa… solo una scommessa” (edizioni Il Prato, 2020). Squizzato squaderna le mappe dell’area e spiega che cosa sta accadendo: “Il 78% della superficie delle frazioni di Camin e Granze sono occupate dalla zona industriale, per oltre 7,84 milioni di metri quadrati, e dalle aree urbanizzate dei due paesi, per poco più di 1,1 milioni di metri quadrati. Resta appena il 22% di terreni naturali o agricoli, la situazione è già insostenibile”. Invece nel dicembre del 2021, dopo aver acquistato il terreno, Alì ha presentato al Comune di Padova il progetto di ampliamento, che prevede di edificare sui circa 155mila metri quadrati edifici per un volume di 724mila metri cubi, grazie anche alla previsione di una torre di 35 metri, un magazzino verticale. Un progetto non conforme rispetto agli strumenti urbanistici della città, compreso il nuovo Piano degli interventi che è stato adottato nell’aprile del 2022 e approvato nel febbraio del 2023. Se fosse stato coerente, sostengono i cittadini del Comitato in un dossier elaborato con Legambiente Padova e circolo Wigwam il presidio, “l’individuazione dell’area d’intervento come nuova area di espansione urbana si sarebbe dovuta effettuare nell’ambito del nuovo Piano degli interventi”. Non è andata così, perché quell’area fa parte di un parco agro-paesaggistico, di un filtro verde orbitale che cinge il territorio comunale, già oggi gravato dal triste primato di comune più cementificato del Veneto, con il 49,6% del suolo impermeabilizzato (Ispra, 2022).

Il 78% della superficie delle frazioni di Camin e Granze è occupata dalla zona industriale (7,84 milioni di metri quadrati) e aree urbanizzate (poco più di 1,1 milioni di metri quadrati). Solo il 22% è occupato da terreni naturali o agricoli

“Per cercare di superare tutti i limiti posti dalla pianificazione, Alì cerca di sfruttare una piega della legge regionale 14 del 2017, quella contro il consumo di suolo -riprende Squizzato-. In particolare, è prevista una finestra per le ditte già insediate, che possono presentare richiesta allo Sportello unico attività produttive (Suap) se hanno bisogno di espandersi anche in zona impropria, cioè non con destinazione urbanistica adeguata. Se arriva l’approvazione tecnica del Suap, a quel punto il consiglio comunale può approvare una variante al Piano degli interventi, derogando tutto il resto”. Squizzato evidenzia una palese incongruenza: “La superficie approvata secondo questo meccanismo non verrebbe nemmeno conteggiata nel bilancio complessivo del consumo di suolo”.

Per legge, non verrebbe consumato suolo vergine, ma per fortuna i dati diffusi da Ispra sono basati su immagini satellitari che non rispondono alle indicazioni della Regione. E così sappiamo che in tutto il Veneto tra il 2006 e il 2021 ben 315,02 ettari sono stati occupati da edifici dedicati alla logistica: l’87,5% del consumo di suolo -secondo i dati del Rapporto 2022- è concentrato negli ultimi cinque anni, a partire dal 2016. In tutta Italia i nuovi poli logistici nello stesso periodo hanno occupato 2.290 ettari: circa il 70% dell’edificato è stato realizzato dopo il 2016.

Alì vuole costruire edifici per un volume di 724mila metri cubi, grazie anche a un magazzino verticale di 35 metri. Un progetto non conforme rispetto agli strumenti urbanistici del Comune di Padova © Luca Martinelli

“Per aiutare i padovani a capire che cosa accadrebbe, raccontiamo loro che si tratta di un’area estesa circa due volte il Prato della Valle, che misura 81mila metri quadrati, e che dovrebbero immaginare la piazza più importante della città ricoperta interamente da un edificio alto nove metri”, conclude Squizzato. Eppure nella valutazione ambientale redatta da Alì l’impatto è definito insignificante e i campi di Granze un’area degradata; suggerisce inoltre la costruzione di nuove uscite della tangenziale, unica soluzione plausibile di fronte all’aumento del traffico. “Da due anni stavamo lavorando a Granze, in progetti culturali e di educazione alla sostenibilità, ma anche pratici, per il recupero del verde: insieme ai cittadini abbiamo anche piantato un frutteto”, racconta Stefano Pagnin. Fa riferimento al progetto “Green Granze”, finanziato dal Comune di Padova. Stefano è il presidente del circolo Wigwam il presidio, che prende il nome della casa rurale di Camin dov’era nato suo padre, una delle poche sopravvissute all’esproprio della zona industriale. Il presidio ospita anche orti sociali, terre coltivate che raccontano ciò che era la zona prima degli espropri. “Quando Alì ha presentato il progetto i cittadini avevano già le ‘antenne alzate’, eravamo pronti a rispondere”, racconta.

Anche grazie alle iniziative di sensibilizzazione, a Padova la maggioranza in consiglio comunale è spaccata: la lista Coalizione Civica, che esprime l’assessore all’Urbanistica, è contraria all’intervento di Alì; il sindaco Sergio Giordani pare intenzionato ad aprire a un’indagine ambientale supplementare. I cittadini vorrebbero che della commissione facesse parte anche il professor Paolo Pileri. La fatica più grande, ammettono, è far breccia nell’opinione pubblica: Alì è un importante inserzionista pubblicitario, sponsorizza la maratona cittadina e piantuma alberi “usando” i punti raccolti dai clienti fidelizzati. “Greenwashing”, sintetizza Diego, che tutti chiamano il sindaco di Granze ed è il presidente del Comitato cittadini. “Quegli alberi li paghiamo noi ma hanno la loro targhetta”.

Nel nuovo polo l’azienda promette circa 200 posti di lavoro. I cittadini intanto hanno scoperto che Alì ha acquistato un terreno limitrofo, ma nel comune di Saonara (PD). Temono voglia allargare ulteriormente il magazzino, fino a occupare un’area di 35 ettari. “E poi c’è quello che chiamo ‘effetto domino’: l’agricoltore sfrattato dai terreni di Granze ha acquistato un bosco di 11 ettari a Saonara, l’ha abbattuto e ha già seminato mais. Legambiente ha presentato un esposto alla Forestale: l’area era vincolata. Anche se ottenessero giustizia, però, quel bosco non tornerà più”.

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