Crisi climatica / Opinioni
La luce profetica degli attivisti per il clima
Il cambiamento climatico minaccia anche il patrimonio culturale. I giovani che lo utilizzano per lanciare l’allarme non andrebbero perseguiti. La rubrica di Tomaso Montanari
Da una parte la scienza, dall’altra il potere. Poche giorni fa, il botanico Stefano Mancuso ha ripetuto ancora una volta nel discorso pubblico italiano ciò che la comunità scientifica internazionale va gridando incessantemente: “Due miliardi di persone nei prossimi cinquant’anni non potranno più vivere dove stanno. Si sposteranno, non per cercare condizioni economiche migliori, ma perché dove vivono oggi letteralmente non si potrà più vivere. Questo processo è già iniziato”. E ancora: “Genova entro il 2050 rischia di diventare come Marrakech, ma il capoluogo ligure non è costruito come la città marocchina, edificata con tipologie di costruzione e materiali adatti a quei climi. L’obiettivo comune deve essere quello di contrastare l’innalzamento delle temperature. A farne le spese, altrimenti, saremo tutti quanti”.
Nel 2050, per lo stesso fenomeno, Venezia potrebbe essere interamente sommersa dal mare (come Amsterdam). In uno scenario del genere, nessuna tecnologia potrebbe aiutare il patrimonio culturale: non riusciremmo a climatizzare tutte le tavole dipinte nelle chiese, gli sbalzi estremi di temperatura e umidità farebbero saltare via il colore, distruggendole. I palazzi e le chiese di Venezia potrebbero essere svuotati dai loro capolavori, ma non salvati.
E allora è pazzesco che il potere politico e quello giudiziario, in Italia, si accaniscano contro chi utilizza i monumenti per lanciare l’allarme. Fino a ora le azioni di Ultima Generazione non hanno creato danni alle opere colorate con vernici lavabili: se, come spero e credo, continueranno così non dovremmo perseguirli, ma ringraziarli. Ben altri sono i nemici del patrimonio italiano, che va in malora ed è negato da decenni per colpa di ministri e governanti vari, non certo degli attivisti. Se si perseguiranno questi ultimi, che cosa si dovrebbe fare con chi lascia che a Norcia continui a piovere e nevicare su affreschi scoperchiati a sette anni dal terremoto? Con chi ha lasciato chiuse e abbandonate al saccheggio centinaia di chiese di Napoli dal 1980? Con chi continua ad autorizzare prestiti e movimenti che, documentatamente, deteriorano le opere d’arte? Con chi non finanzia gli Archivi di Stato, nei cui depositi mal condizionati i documenti periscono anno dopo anno?
Ebbene, no, la destra autoritaria e una parte, non meno autoritaria, della magistratura del nostro Paese hanno aperto la caccia alle streghe: piccole streghe simboliche, i cui “roghi” devono sviare l’attenzione dai grandi crimini contro l’ambiente che il complesso industriale e militare continua a perpetrare. Gli stessi giornali che ci dicono che i proiettili all’uranio impoverito non provocano nessun danno ai corpi dei soldati e all’ambiente, ci spiegano che colorare di arancione per un’ora il muro di Palazzo Vecchio è un gravissimo crimine. Un diabolico sabba di ipocrisia. Come nel film “Don’t look up”, il potere non vuole che guardiamo in alto, verso la cometa che sta per ucciderci tutti e la cui esistenza va negata fino all’ultimo.
E non sarà un caso che la classe dirigente occidentale ha un’età media altissima mentre gli attivisti del clima sono ragazzi? I primi, con egoismo bestiale, non guardano avanti, tanto non ci saranno più. I secondi non hanno il potere di decidere, ma pagheranno interamente il prezzo delle decisioni. E ora si vuol impedire loro anche di dare l’allarme. Il patrimonio culturale vivrà o perirà insieme all’ambiente: che qualcuno provi a usarlo per svegliarci, a me sembra una delle poche luci di profezia.
Tomaso Montanari è storico dell’arte e saggista. Dal 2021 è rettore presso l’Università per stranieri di Siena. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra
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