Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Opinioni

La lotta ai trafficanti è il pretesto per deportare i richiedenti asilo

Mattias Tesfaye, ministro per l'Immigrazione del governo danese © By Mortenf - Own work, CC BY-SA 3.0, Wikimedia Commons

Dopo il Regno Unito anche la Danimarca ha siglato un accordo con il Ruanda. Una deriva pericolosa per il diritto, anche in Italia. La rubrica di Gianfranco Schiavone

Tratto da Altreconomia 252 — Ottobre 2022

“È necessaria una riforma dell’attuale sistema d’asilo per rompere con il cinico modello di business dei trafficanti di esseri umani” dichiarava il 13 settembre 2022 Mattias Tesfaye, ministro per l’Immigrazione del governo danese, guidato da una coalizione di sinistra, nell’annunciare l’imminente definizione di un accordo con il Ruanda per inviarvi i richiedenti asilo, in attuazione della legge approvata il 3 giugno 2021 che prevede di esaminare le richieste di asilo deportando i richiedenti in Paesi extra-europei dove saranno obbligati a rimanere anche coloro ai quali verrà riconosciuto lo status di rifugiato. 

A inizio estate, il 14 giugno 2022, nell’accogliere la richiesta di una misura cautelare urgente, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) aveva bloccato il trasferimento dei richiedenti asilo da un altro Paese europeo, anche se non più membro dell’Unione, il Regno Unito, verso lo stesso Ruanda in attuazione di un memorandum siglato tra Londra e Kigali il 13 aprile di quest’anno. Secondo la Corte “i richiedenti asilo trasferiti dal Regno Unito al Ruanda non avranno accesso a procedure eque ed efficienti per la determinazione dello status di rifugiato”. Ma soprattutto la Corte ha stigmatizzato “l’assenza di qualsiasi meccanismo giuridicamente esecutivo per il ritorno del ricorrente nel Regno Unito in caso di accoglimento dell’impugnazione nel merito dinanzi ai tribunali nazionali”.

Non sappiamo ancora come la Danimarca cercherà di superare le problematiche giuridiche poste dal rispetto dell’ordinamento europeo in materia di diritti umani a cui è vincolata (al pari di Londra) riproponendo un approccio quasi identico a quello che fu del governo guidato dall’istrionico Boris Johnson, uscito di scena nel luglio 2022 dopo avere lasciato il Regno Unito in drammatica crisi. Colpisce vedere come entrambi i Paesi stiano tentando la stessa strada estrema, ovvero intravedano la fine del problema dei rifugiati attraverso la trasformazione degli stessi in rifiuti umani da smaltire in qualche compiacente Stato lontano. Colpisce inoltre vedere come le giustificazioni addotte siano le stesse ovvero “contribuire alla prevenzione e alla lotta contro la migrazione transfrontaliera illegalmente facilitata e illecita” come si può leggere nel citato memorandum. 

Nel programma di Giorgia Meloni (che al momento in cui scrivo è una candidata alle elezioni politiche) si legge che si intende creare degli “hotspot nei territori extra-europei, gestiti dall’Unione europea, per valutare le richieste d’asilo e distribuzione equa solo degli aventi diritto nei 27 Paesi membri (c.d. blocco navale)”. Si afferma anche in questo caso che lo scopo del programma è quello di “fermare, in accordo con le autorità del Nordafrica, la tratta degli esseri umani”. 

Il volo Londra-Kigali previsto per il 14 giugno 2022 avrebbe dovuto trasferire in Ruanda sette richiedenti asilo nell’ambito del programma di “esternalizzazione delle domande d’asilo” approvato dal governo britannico. Il decollo dell’aereo è stato fermato all’ultimo minuto dalla sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo

Quindi si proclama di inseguire una sorta di imperativo morale: la lotta al traffico di esseri umani che, nei diversi casi sopra esaminati, si otterrebbe attraverso la cancellazione totale del diritto d’asilo stesso, oppure attraverso una sua drastica riduzione a casi da selezionare o scartare prima che fastidiosi corpi giungano in autonomia fino a noi. Con falsa coscienza si finge di dimenticare che il diritto d’asilo è innanzitutto il diritto di chi fugge e chiede protezione. E che se si intende negare il diritto di fare ingresso per chiedere asilo (che in Italia è costituzionalmente tutelato) non ha neppure senso parlare di un diritto d’asilo per come esso si è evoluto dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. 

Dagli strani socialisti danesi all’estrema destra italica, che affonda le sue radici in un neofascismo rinnegato a stento (ma in Europa gli esempi sono molti), assistiamo a uno zibaldone politico-ideologico così bizzarro da apparire degno di un romanzo di fantapolitica. Invece è una cruda realtà, quella di un momento storico in cui l’Europa sembra in bilico tra la tensione a preservare un’identità democratica fondata sul riconoscimento dell’esistenza di diritti universali e l’opposta pulsione a sprofondare nel gorgo di una nuova epoca abitata dai demoni dell’identità di sangue e di suolo. 

Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati