Diritti / Opinioni
Minoranze e migrazioni: manca un “frame” alternativo ai discorsi d’odio
Razzismo istituzionale e spazio mediatico a chi discrimina. È l’Italia degli ultimi 12 anni. Come uscirne? La rubrica di Lorenzo Guadagnucci
È una lettura dolorosa il quinto “Libro Bianco” sul razzismo in Italia, curato dalla Ong Lunaria. I più qualificati e attenti studiosi e attivisti stavolta allungano lo sguardo sugli ultimi 12 anni nell’intento di cogliere le linee di tendenza più durature dal tempo del primo rapporto, uscito nel 2009. Emergono soprattutto due elementi. Il primo è la persistenza di un razzismo istituzionale che va considerato il vero, principale scenario delle discriminazioni in corso verso le minoranze vecchie e nuove. Il secondo è il ruolo negativo svolto dal sistema mediatico, amplificatore degli odi, produttore di stereotipi, propagatore di leggende e pseudo verità su temi come l’immigrazione, la convivenza urbana, la microcriminalità. I due elementi sono connessi fra loro, uno sorregge l’altro.
Viene alla mente -ed è citato nel contributo firmato da Sergio Bontempelli e Giuseppe Faso- il libro di George Lakoff “Non pensare all’elefante”. Lakoff vi spiegava le ragioni del successo della destra repubblicana negli Stati Uniti, egemone in politica e nei media perché capace di imporre il proprio “frame”, cioè il bisogno di sicurezza, il richiamo all’ordine. Poiché anche i democratici accettavano quel “frame” e quindi discutevano i temi dei repubblicani sul loro terreno e con il loro vocabolario, ecco che i secondi avevano buon gioco e vincevano regolarmente le elezioni. Annamaria Rivera, nel saggio che apre il volume, ricorda con precisione il succedersi dei fatti (gli episodi più gravi e più emblematici di razzismo dell’ultimo decennio) e la risposta sempre uguale delle istituzioni, nella logica della loro legittimazione, con poche sfumature nel cambiare di colore politico dei governi.
7.426: i casi di discriminazione e di razzismo documentati da Lunaria tra il primo gennaio 2008 e il 31 marzo 2020. Il rapporto è disponibile sul sito di Cronache di ordinario razzismo (cronachediordinariorazzismo.org)
Quanto è peggiorata l’Italia dai tempi di Jerry Masslo, il rifugiato sudafricano ucciso nel 1989. I suoi funerali furono un momento di unione e di rivendicazione del principio di uguaglianza nel rifiuto di ogni discriminazione. Nacque in quell’occasione, ricorda Rivera, la Rete nazionale antirazzista. Oggi la politica istituzionale è invece concorde su posizioni che l’antropologa definisce di “tanatopolitica”, il potere di dare (o accettare come irrilevante) la morte ai migranti, rifugiati, “vite di scarto” dell’economia e della storia. Ancora nei mesi scorsi, nel pieno della pandemia, il governo Conte vietava l’accesso ai porti italiani alle navi di soccorso impegnate nel Mediterraneo, con l’alibi del Coronavirus.
Non meno grave il bilancio del giornalismo mainstream, responsabile della legittimazione pubblica del discorso d’odio. L’Ordine dei giornalisti è anche corso ai ripari, con l’approvazione della Carta di Roma, un codice deontologico pensato per garantire un’informazione corretta e con termini appropriati sulle migrazioni. Qualche miglioramento c’è stato ma intanto continuano a convivere sotto l’ombrello dell’Ordine professionale quelli che rispettano le regole e quelli che se ne fanno beffe. Così l’intera categoria ne esce screditata e la sua funzione pubblica gravemente menomata. In definitiva, ed è l’aspetto più grave, non esiste ancora un “frame” alternativo in materia di minoranze e di migrazioni. I media sono rassegnati a svolgere un ruolo di mera amplificazione delle voci della politica. Nei partiti e nelle istituzioni si è passati dai funerali di Masslo e dai progetti di legge sul voto agli immigrati alla “lakoffiana” affermazione che la sicurezza non è né di destra né di sinistra. È una Caporetto etica e culturale. Solo le minoranze attive, in politica e nell’informazione, potranno cambiare questo stato di cose. A patto che osino di più.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”
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