Economia / Attualità
Il “Piano Mattei” visto dal Mozambico: analisi di una sbilanciata relazione a gas
A metà ottobre la presidente del Consiglio Meloni si è recata a Maputo per rafforzare i rapporti in tema di sfruttamento delle risorse. Il Paese è uno dei più vulnerabili ai cambiamenti climatici ma l’idea di “sviluppo” resta saldamente fossile. Il settore oil&gas ne beneficia, Eni in testa. Il think tank ECCO ha fatto i conti della “partnership”
Venerdì 13 ottobre, a margine dell’incontro, a Maputo, con il presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Nyusi, Giorgia Meloni ha ricordato che “il fiore all’occhiello di questa nostra cooperazione è il settore energetico, soprattutto grazie alla presenza sul territorio dell’Eni”. Aggiungendo, quindi: “Siamo d’accordo con il presidente nel ritenere che i giacimenti” di gas “scoperti al largo delle coste settentrionali del Mozambico siano una enorme opportunità per lo sviluppo di questa nazione e anche per rafforzare i nostri rapporti”.
Fortuna che non ha parlato di cooperazione, perché –come ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni intervistato dal Financial Times, la realtà è un’altra (“We don’t have energy, they have energy”) e la retorica sarebbe apparsa insopportabile. “Come voi sapete -ha invece spiegato la presidente del Consiglio- il governo italiano considera oggi l’energia un fattore sempre più decisivo, soprattutto nel partenariato strategico tra Europa e Africa”.
Alla vigilia della missione, il think tank indipendente sul clima ECCO ha diffuso un dossier per approfondire il tema dell’energia in Africa e delle relazioni tra Italia e Mozambico. Oggi il Mozambico rappresenta l’esempio della cosiddetta “maledizione delle risorse”, ovvero quel fenomeno per cui la scoperta di risorse naturali, anziché generare ricchezza e sviluppo, porta ad aumento dell’indebitamento, della corruzione e dell’instabilità (come insegna il caso della provincia di Capo Delgado), spesso persino prima dell’effettivo avvio della produzione. Questo è il contesto in cui versa oggi il Paese visitato da Meloni, che affaccia sull’Oceano indiano e confina a Sud con il Sud Africa ed eSwatini. Il Mozambico è il terzo Paese in Africa per riserve certe di gas naturale, ossia 2,8mila miliardi di metri cubi. A partire dal 2010, il Paese ha incrementato la produzione nazionale di gas, registrando un aumento del 52%.
“La crescita economica e l’industrializzazione legate alla scoperta del gas non si sono verificate, il debito è triplicato dalla prima scoperta di gas e schizzato al 91% nel 2021, il tasso di povertà e di disuguaglianza sono aumentati e il Paese è precipitato in un violento conflitto. La crisi umanitaria ha portato allo sfollamento di oltre il 3% della popolazione, causato oltre 4.500 vittime e peggiorato la già grave situazione di insicurezza alimentare” spiega il policy briefing di ECCO.
Le ricercatrici Lorena Stella Martini e Giulia Signorelli hanno analizzato la struttura dei contratti che legano il Paese alle imprese del settore oil&gas, evidenziando come essi ben rappresentino le istanze di questi ultimi, che sono sempre i primi beneficiari degli introiti, “mentre la maggior parte delle entrate statali non arriverebbero prima di 15 anni dall’inizio dei lavori e di 10 anni dall’inizio dell’erogazione del primo flusso di gas”. Una relazione che risulta sbilanciata e che scarica i rischi sull’intero Paese. Le proiezioni sulle entrate governative future, infatti, sono state delineate con riferimento a uno scenario in cui il prezzo di vendita del gas andrà ad aumentare progressivamente nel tempo. Questa aspettativa rende dunque il Mozambico particolarmente esposto al rischio di caduta dei prezzi, che è esattamente la tendenza stimata dallo scenario di net-zero dell’Agenzia internazionale dell’energia: a seguito della decarbonizzazione globale, la domanda di gas, il commercio di gas naturale liquefatto (Gnl) e dunque i prezzi del gas sono attesi in rapido declino già alla fine di questa decade. Le entrate attese del Mozambico dai progetti gas sono invece tarate su livelli di prezzi del gas molto più elevati sino al 2050.
Il Paese risulta uno dei più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. Fenomeni meteorologici estremi hanno già colpito il Paese, vittima di cicloni devastanti che negli ultimi anni hanno causato vittime, sfollati e contribuito alla diffusione di epidemie come il colera. Secondo le stime della Banca mondiale, il Mozambico dovrebbe spendere 35,8 miliardi di dollari per misure di riduzione delle emissioni entro il 2030, pari a 30% del suo Pil. Sebbene sia una cifra ingente, il costo dell’inazione sarebbe molto più elevato.
A fronte dunque di un modello di sviluppo economico anacronistico basato sul gas, il Mozambico potrebbe optare per valorizzare l’enorme potenziale in termini di energie rinnovabili, in particolare le risorse idroelettrico e solare, che potrebbero portare a costruire un “sistema energetico decentralizzato favorisce l’integrazione di fonti pulite, attraverso infrastrutture elettriche on e offgrid“, portando così “ad un aumento del benessere locale, tramite un aumento dell’accesso all’elettricità nelle aree rurali e la creazione di nuovi posti di lavoro, beneficiando così direttamente le comunità locali e il loro sviluppo”.
Questo non accade, anche perché le grandi imprese internazionali, tra cui Eni, hanno occhi e tasche solo per il gas. “Il 13 novembre 2022 il primo carico di gas naturale liquefatto prodotto dal giacimento Coral, nelle acque ultra-profonde del bacino di Rovuma, è partito dall’impianto Coral Sul Floating Liquefied Natural Gas (FLNG)” gongola il sito del cane a sei zampe. Il sostegno internazionale complessivo per i progetti di energia rinnovabile in Mozambico è di 230 milioni di dollari (2021), un sesto del volume di finanziamenti pubblici erogati al solo progetto Mozambico LNG.
Intanto il 13 ottobre Meloni ha annunciato che dovremmo aspettare ancora qualche mese per conoscere i contenuti del “Piano Mattei”, dal nome del presidente di Eni che negli anni Cinquanta del ventunesimo secolo (letteralmente, in un altro mondo) avviò la prospezione di giacimenti in vari Paesi africani. “Noi abbiamo dovuto rinviare la conferenza Italia-Africa che era prevista a novembre. Abbiamo scelto di rinviarla ai primi giorni di gennaio per cercare di capire meglio il quadro della situazione internazionale che intanto sta evolvendo”, ha detto Meloni. Nyusi avrebbe garantito la propria collaborazione nella stesura del Piano. Peccato che ne andrebbero riviste le basi.
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