Altre Economie
Il Nobel ai beni comuni
La politologa Elinor Ostrom vince il prestigioso riconoscimento per l’economia. Un premio alle virtù della cooperazione e dell’autogoverno Lin wins. Con queste semplici parole si apre la pagina del “Laboratorio di teoria politica e analisi delle politiche pubbliche” che Elinor…
La politologa Elinor Ostrom vince il prestigioso riconoscimento per l’economia. Un premio alle virtù della cooperazione e dell’autogoverno
Lin wins. Con queste semplici parole si apre la pagina del “Laboratorio di teoria politica e analisi delle politiche pubbliche” che Elinor Ostrom dirige all’Indiana University (www.indiana.edu/~workshop/). “Lin ha vinto”: l’espressione sintetica racchiude in sé l’urlo di gioia per l’attribuzione del Nobel 2009 per l’Economia e un affetto e un senso di comunità aperta che caratterizza il modo di lavorare dei suoi allievi e collaboratori sparsi per i cinque continenti.
Lin Ostrom è una scienzata della politica: ha passato la sua vita a studiare le condizioni che permettono l’autogoverno. Le sue prime ricerche hanno indagato il governo dei bacini di irrigazione negli Stati Uniti, prima, e i servizi urbani e le politiche di decentramento amministrativo, poi. Solo successivamente è passata a studiare i problemi di sviluppo rurale e le grande questioni globali legate alla protezione delle risorse naturali e alla regolazione della biosfera. Una vita intera spesa a studiare in prima persona, sul campo, le forme di autogoverno dei beni comuni, e a organizzare reti e programmi di ricerca comparativa che hanno permesso di cumulare conoscenza sistematica in materia.
Che il premio Nobel per l’Economia sia stato dato a una politologa è aspetto di non poca importanza. I giornali italiani hanno poco sottolineato la questione. Non è certo un aspetto di piccole scaramucce disciplinari e di bassa cucina accademica. Tutt’altro: la scienza politica interroga il potere, e il modo con cui vengono prese le scelte pubbliche. L’attenzione di Lin per la costruzione di una scienza politica induttiva, che parte dalla stretta osservazione dei fatti, li compara, classifica e costruisce teorizzazioni prudenti, è quanto di più distante dal marginalismo neoclassico che, in forma più o meno estesa, continua a imperare nell’economia politica. Un Nobel per l’economia alla Ostrom, in altri termini, riconosce come per studiare il governo delle risorse naturali sia possibile partire dall’osservazione attenta della modalità con cui le comunità umane hanno concretamente gestito e affrontato i problemi di cooperazione inevitabili.
Pensiamo, ad esempio, alla complessità che presenta l’autogoverno di sistemi di irrigazione. Sono sistemi spesso lunghi decine e decine di chilometri, che passano attraverso territori assai eterogenei e richiedono una costante manutenzione e una comune moderazione. Basta che qualcuno a monte dissipi l’acqua, non manutenga al meglio i canali, permetta che vengano riversate sostanze inquinanti e chiunque si ritrova a valle ne subisce un danno inestimabile. A fronte delle difficoltà di accordo e coordinamento posto da sistemi così complessi, in cui l’azione o l’inazione di ciascun agricoltore coinvolto è determinante, spesso sorge la tentazione di regolarne il funzionamento attraverso l’autorità di un centro politico, statale, di cui si presuppone la capacità di sorvegliare e punire. Oppure di regolare in termini di mercato i costi e i ricavi della gestione del canale di irrigazione. Le ricerche sistematiche della Ostrom e dei suoi gruppi di ricerca hanno mostrato come vi sia un’altra modalità di regolazione praticata in svariati posti del mondo, che passa dall’autogoverno degli stessi contadini, che si danno regole capaci di garantire una gestione particolarmente robusta, cioè efficace e duratura.
Il tema è di primario interesse per quanti si occupano di regolazione dell’economia. In primo luogo attira l’attenzione sull’importanza dei beni rilevanti nei sistemi di produzione. Non sono solo beni privati, o fortemente appropriabili: sono anche beni che gli attori hanno in comune. In secondo luogo, manifesta come nella regolazione non conti solo la scelta presa, ma anche chi la prende e come, e in particolare la rilevanza di decisioni assunte non da un centro, ma condivise dagli attori coinvolti in un processo produttivo. Infine, mostra -e mostra concretamente con riferimento sistematico a casi empirici- l’importanza di sistemi di governo ridondanti e policentrici.
Lin Ostrom ci insegna che per imparare a fronteggiare shock esterni abbiamo bisogno di sistemi istituzionali che promuovano al massimo la cooperazione e l’autogoverno, attaverso unità multiple e a più scale, valorizzando la loro capacità di sperimentare e imparare l’una dall’altra.
Elinor Ostrom è nata nel 1933 negli Stati Uniti. Insegna Scienze politiche nelle università di Indiana e Arizona, dove ha fondato e diretto il Center for the Study of Institutional Diversity. È autrice di numerosi volumi, anche se l’unico in commercio in italiano è Governare i beni collettivi (Marsilio 2006), pubblicato la prima volta negli Usa nel 1990. La Ostrom è la prima donna a ricevere il Nobel per l’Economia.
* Tommaso Vitale è ricercatore presso l’Università di Milano-Bicocca e membro del Workshop in Political Theory e Policy Analysis dell’Indiana University