Crisi climatica / Approfondimento
I pericoli del caldo estremo preoccupano le città europee
Un’analisi del Carbon disclosure project rivela che le temperature oltre le medie sono indicate come il pericolo climatico peggiore per le città europee. Nonostante la preoccupazione dichiarata, però, solo una minima quota di località sta pianificando effettive azioni di adattamento per contrastarne le conseguenze
Il caldo estremo sta diventando il rischio legato al clima che maggiormente preoccupa le città europee. È quanto emerge dai nuovi dati (aggiornati ad agosto 2023 e relativi al 2022) del Carbon disclosure project (Cdp) -organizzazione non profit che fornisce informazioni ambientali a livello mondiale su aziende, città, Stati e regioni- che attraverso la piattaforma Cdp-Iclei track monitora progressi compiuti dai centri urbani nelle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.
Su un totale di 114 città per le quali sono disponibili dati pubblici, 78 (ovvero il 68%) hanno indicato il caldo estremo come pericolo. Altri rischi climatici segnalati sono le precipitazioni intense (lo ha fatto il 62%) e la siccità (43%). Prendendo in considerazione anche i dati non pubblici, il Cdp ha potuto analizzare complessivamente le informazioni relative a 120 città: anche in questo caso tra le principali preoccupazioni delle amministrazioni locali europee c’è il caldo estremo. In 95 (79% del totale) lo hanno segnalato nei questionari di monitoraggio.
L’analisi del Cdp evidenzia come tutte le diverse regioni d’Europa siano colpite da questo fenomeno. Per molte località che si trovano nel Sud del continente -tra cui Barcellona, Atene, Lisbona e Napoli- il caldo è già oggi il principale pericolo ma anche per diverse località che si trovano più a Nord -come Stoccolma, Copenaghen, Berlino e Varsavia- l’aumento delle temperature sta diventando una delle principali preoccupazioni.
Al monitoraggio hanno partecipato anche diciotto località italiane: undici sono localizzate nelle Regioni del Nord, cinque nel Centro e due al Sud. Di queste, 14 (78%) considerano un pericolo l’aumento eccessivo delle temperature che colpiscono -per alcune località in particolare- larga parte della popolazione. Tra il 70-80% a Serrenti (Comune di cinquemila abitanti nella Provincia del Sud Sardegna) e a Parma, tra il 60-70% a Firenze, tra il 50-60% a Torino.
Tra le persone indicate come più a rischio ci sono i bambini e gli anziani, ma anche le famiglie a basso reddito che non possono permettersi di installare l’aria condizionata o altri sistemi di raffrescamento degli ambienti domestici. Sono particolarmente esposti anche i lavoratori all’aperto e le persone con disabilità.
Nonostante la preoccupazione dichiarata non sembra però che le città stiano mettendo in atto misure di contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici. A livello globale, solo un numero molto basso di amministrazioni ha dichiarato di aver predisposto un piano ad hoc per affrontare il fenomeno o di aver identificato obiettivi di adattamento. In Europa lo ha fatto solo il 38% delle località monitorate dal Cdp. E di questa percentuale già bassa, solo il 5% ha indirizzato le proprie strategie verso il caldo estremo e i suoi effetti.
Il ritardo delle città europee nel mettere a punto piani di adattamento ai cambiamenti climatici era già stato sottolineato da uno studio pubblicato a marzo scorso sulla rivista scientifica Npj urban sustainability del gruppo Nature, che aveva esaminato 327 centri urbani di grandi e medie dimensioni nell’Unione europea (allora a 28 Paesi) nel periodo 2005-2020. Solo il 51% aveva una strategia di adattamento e, seppur migliorata nel corso del tempo, la qualità delle misure adottate risultava ancora bassa. L’Italia risultava molto indietro per quantità e qualità dei piani.
Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), a causa del riscaldamento globale aumenteranno in intensità e frequenza gli eventi di caldo estremo, comprese le ondate di calore, ovvero i periodi di tempo in cui le temperature superano le medie storiche per due o più giorni consecutivi. E già nel prossimo futuro la maggior parte della popolazione che ne sarà colpita molto probabilmente vivrà in città.
Stando alle stime del World urbanization prospects delle Nazioni Unite, inoltre, oggi circa metà della popolazione mondiale vive in aree urbane mentre in Europa il rapporto è di tre su quattro secondo i dati forniti dalla Commissione europea. Anche per questo, le città sono luoghi centrali per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra ma anche di impatti sulla salute umana.
Le persone che vivono in aree urbane subiscono maggiormente gli effetti del caldo perché in questi contesti le temperature sono più alte rispetto alle aree rurali: il calore sprigionato dalle attività umane (trasporti, illuminazione, condizionamento dell'aria) insieme a quello assorbito e ri-emesso da materiali come metallo, cemento e mattoni presenti in alte concentrazioni sono in grado di aumentare ulteriormente le temperature in città, per in modo particolare durante le ondate di calore.
Un esempio riportato da una pubblicazione sulla rivista scientifica British medica journal (Bmj) nel 2021 può aiutare a capire la portata del fenomeno: se generalmente la temperatura media dell'aria nel centro di una grande città come Londra è di quattro gradi superiore rispetto a quella delle aree rurali intorno, la differenza può anche essere di dieci gradi durante le ondate di calore estremo e aumentare ancora di più durante la notte.
Il caldo è già oggi collegato a un aumento della mortalità e a un peggioramento di alcune malattie, soprattutto quelle cardiovascolari. Ma può impattare anche sulle patologie renali e sulla salute mentale come riporta la rivista medica inglese Lancet. È stato stimato che l'ondata di calore del 2003 provocò in Europa 70mila morti in eccesso, di cui circa 15mila solo in Francia.
Venendo ad anni più recenti, uno studio pubblicato su Nature medicine, ha calcolato in 62.862 i decessi legati al caldo in Europa nel 2022. I numeri più elevati sono associati a Paesi come l'Italia (18.010), la Spagna (11.324), la Germania (8.173), la Francia (4.807), il Regno Unito (3.469) e la Grecia (3.092).
E in Europa i record delle temperature continuano a essere superati anno dopo anno: dopo l’estate del 2022, infatti, quella del 2023 è stata la quinta più calda nell’emisfero boreale. I dati elaborati dal Servizio per il cambiamento climatico (C3S) di Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra, mostrano che negli ultimi quarant’anni l'Europa si è riscaldata più velocemente di qualsiasi altro continente. All'inizio degli anni Ottanta la temperatura media era solo leggermente più elevata rispetto a cento anni prima, mentre il valore medio degli ultimi cinque anni è di circa 2,2 gradi superiore rispetto ai valori tipici della seconda metà del XIX secolo (1850-1900). Questo significa che l’aumento di temperatura nel nostro continente è già oggi di un grado superiore all'incremento medio globale.
Sulla base dei risultati scientifici disponibili, l'Ipcc ha affermato che le emissioni di gas serra causate dall'uomo hanno già portato a un aumento della frequenza e/o dell'intensità di alcuni fenomeni meteorologici e “ogni 0,5°C in più di riscaldamento globale provoca un aumento chiaramente percepibile dell'intensità e della frequenza degli eventi estremi di caldo, comprese le ondate di calore".
Come spiegato da Samantha Burgess, vicedirettrice del C3S, oltre che agire per ridurre gli impatti attraverso efficaci misure di adattamento, è necessario continuare a intervenire sulle cause del riscaldamento globale perché “continueremo ad assistere a un aumento dei record climatici e a eventi meteorologici estremi più intensi e frequenti, che avranno un impatto sulla società e sugli ecosistemi, finché non smetteremo di emettere gas a effetto serra”.
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