Diritti / Opinioni
Gli operai della GKN e il sistema economico senza controllo
La fabbrica di Campi Bisenzio riflette un’economia slegata da persone e diritti. I lavoratori propongono pratiche per insorgere. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci
Può succedere che da una sconosciuta fabbrica di una periferia urbana si levi a un certo punto un grido -addirittura “Insorgiamo!”- che fa presa non solo sulla città più vicina ma anche sulla scena nazionale, riportando la classe operaia certo non in paradiso ma almeno all’interno del dibattito pubblico corrente. È accaduto con la GKN di Campi Bisenzio, alla periferia di Firenze, industria erede di un antico insediamento Fiat e produttrice di semiassi per automobili, controllata dal fondo di investimento britannico Melrose.
Il caso è esploso il 9 luglio scorso, quando ai 422 dipendenti (e agli ottanta delle piccole imprese che gestiscono alcuni servizi interni) è giunta per posta elettronica la notizia che lo stabilimento ha cessato quel giorno stesso l’attività. Tutti licenziati, senza il minimo preavviso, senza che la decisione sia stata preceduta da difficoltà produttive, commerciali o finanziarie. La GKN è stata chiusa per le imperscrutabili scelte dei gestori del fondo, tanto attenti ai movimenti finanziari quanto indifferenti al lato umano delle produzioni (e forse anche alle produzioni stesse).
Poteva essere una delle tante crisi aziendali di questi anni, una delle molte dismissioni e delocalizzazioni. Invece lo choc subìto dagli operai si è diffuso come un’onda ben oltre l’ambito locale. Il modo del licenziamento -un’email inviata a freddo- ha colpito e turbato l’opinione pubblica che ha presto capito, sollecitata dalla pronta reazione del Collettivo di fabbrica, ciò che il caso GKN mette a nudo: un sistema economico che sembra impazzito, fuori controllo, incomprensibile. Gli operai, lo stesso 9 luglio, hanno forzato i lucchetti e preso possesso dello stabilimento avviando un’assemblea permanente che ha cominciato a dialogare con il resto della società. In breve la fabbrica di via Fratelli Cervi, collocata proprio davanti al più grande ipermercato dell’area fiorentina, è diventata un laboratorio sociale attivo 24 ore su 24, animato anche da decine e decine di “solidali”, cioè volontari che condividono con gli operai i turni di sorveglianza e le frequenti assemblee.
Alla GKN hanno capito di essere una prova vivente delle perversioni dell’economia contemporanea: “Se passano qui, possono passare dappertutto”. Alla GKN si discute di produzioni e consumi, del ruolo dello Stato nell’economia, del futuro dell’auto privata e di conversione ecologica; dal presidio sono partiti messaggi insoliti come la richiesta d’incontro con i “lavoratori dell’informazione”: “Vi abbiamo chiesto come state, perché magari mentre provate a farci raccontare la nostra storia, la vostra condizione lavorativa è silenziosamente uguale o peggiore della nostra fra precarietà, stage, partite Iva”. Gli operai hanno anche elaborato, con l’aiuto di un gruppo di giuristi, un progetto di legge contro le delocalizzazioni, ora al vaglio di un imbarazzato Parlamento.
25 I milioni in euro incassati dal Ceo e dal vicepresidente del fondo Melrose nell’aprile 2021 con la vendita, rispettivamente, di 4 e 7,4 milioni di azioni Melrose. Nel 2020 il costo per il personale della GKN di Campi Bisenzio è stato di 19 milioni di euro
Gli operai della GKN hanno gridato “Insorgiamo!” riprendendo il motto dei partigiani che l’11 agosto 1944 guidarono l’insurrezione di Firenze. Hanno di fatto occupato una fabbrica di cui si prendono cura come, hanno detto, “di una bambina addormentata”, coi macchinari inattivi ma sempre accesi, pronti a ripartire, cioè a svegliarsi, in qualsiasi momento. Non sappiamo se la bambina riuscirà davvero a destarsi, ma intanto quel grido è stato una sveglia per tanti e ha messo sotto i riflettori una delle grandi sfide del presente: il senso e la direzione di un’economia che ha perso contatto con le persone e con i loro bisogni, oltre che con i loro diritti.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri
“Noi della Diaz” e “Parole sporche”
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