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Diritti / Approfondimento

Frontex nei Balcani punta sui dati biometrici per bloccare le persone

L’avvio delle operazioni congiunte tra Frontex e le autorità albanesi. Nel 2021, lungo la rotta balcanica l’Agenzia europea ha registrato più 60mila attraversamenti “irregolari” (+125% rispetto al 2020) © frontex.europa.eu

Dalla Bosnia ed Erzegovina alla Macedonia del Nord, l’Agenzia europea sta sperimentando un nuovo sistema di sorveglianza ed espulsione che minaccia i diritti dei migranti. È potenzialmente pericoloso anche per i cittadini dell’Unione

Tratto da Altreconomia 245 — Febbraio 2022

Schedare e bloccare i migranti nei Balcani prima che raggiungano il territorio europeo: lo scambio di dati biometrici con i Paesi extra-Ue è la nuova strategia di Frontex per sorvegliare le frontiere esterne europee. “Osservare quello che succede nei Balcani oggi significa capire cosa accadrà domani su altri confini -spiega Mariana Gkliati, professoressa di Diritto internazionale ed europeo all’Università olandese di Radboud-. Frontex punta tutto sui Balcani per due motivi: la vicinanza geografica che comporta un minor costo dal punto di vista operativo e un maggior incentivo a cooperare in termini politici per le loro prospettive di ingresso nell’Unione”. Dalla Grecia alla Bosnia ed Erzegovina passando per Albania, Macedonia del Nord e Montenegro l’Agenzia sperimenta lungo i confini un nuovo sistema di sorveglianza potenzialmente pericoloso anche per i cittadini europei. “L’Ue sta mettendo a punto una struttura che rimarrà nel tempo -spiega Caterina Rodelli, ricercatrice dell’Ong Access Now che si occupa di tutela dei diritti umani nella sfera digitale-. Oggi i soggetti da tenere sotto controllo sono i migranti, domani potrebbero essere gli attivisti per il clima, i membri della comunità LGBTQI+ o i giornalisti”.

La rotta balcanica occidentale è ancora al centro del fenomeno migratorio in Europa. Nel 2021 sono stati registrati più di 60mila attraversamenti “irregolari”: il 125% in più rispetto al 2020 e il 299% rispetto al 2019. Un motivo ulteriore, per Frontex, per occuparsi dei Balcani. In una lettura sempre più securitaria nella gestione della migrazione i fili spinati, i campi di confinamento e la militarizzazione dei confini non fermano i flussi: la tecnologia in frontiera diventa così uno strumento “utile” per selezionare molto prima dell’ingresso in Ue chi è “meritevole” di protezione e facilitare le riammissioni nei Paesi di transito di chi non lo è.

“Il ruolo di Frontex nella costruzione dei confini ‘digitali’ è fondamentale -continua Rodelli-. L’Agenzia vede i dati biometrici come uno strumento essenziale sia per la sua attività di ricerca sia per lo sviluppo delle capacità di controllo dei flussi migratori”. Lo dimostra lo studio da 500mila euro commissionato da Frontex, nel dicembre 2020, alla società Steinbeis 2i con sede a Stoccarda, in Germania, per esplorare l’impatto delle tecnologie biometriche emergenti al fine di facilitare il controllo delle frontiere. Dalla ricerca, conclusa nell’ottobre 2021, sono state identificate 20 tecnologie disponibili con alcuni cluster su cui concentrare l’attività di sviluppo: il riconoscimento facciale, sia 2D sia 3D, il riconoscimento delle impronte digitali e quello dell’iride.

“Vengono definite come ‘promettenti’ noi pensiamo siano incredibilmente pericolose per i diritti umani -spiega Rodelli, che è specializzata nello studio degli strumenti utilizzati per il riconoscimento facciale-. I governi espandono l’uso delle tecnologie di sorveglianza biometrica quando vogliono il controllo sui nostri spostamenti, sulle frontiere vengono utilizzate per prevedere i movimenti di cittadini non europei e impedire l’arrivo delle persone ‘indesiderate’”. Una fortezza Europa sempre più digitale: “L’Ue potrebbe raggiungere un livello di sorveglianza totale delle persone sia all’interno sia all’esterno dei suoi confini”, conclude Rodelli.

“Oggi i soggetti da tenere sotto controllo sono i migranti, domani potrebbero essere gli attivisti per il clima, i membri della comunità LGBTQI+” – Caterina Rodelli

Frontex ha già fornito attrezzature di registrazione biometrica e banche dati ai Paesi di confine, come nel caso della Bosnia ed Erzegovina a cui nel luglio 2019 l’Agenzia ha finanziato l’acquisto di dispositivi per il rilevamento di impronte digitali dalla società elettronica giapponese NEC. Ma il governo bosniaco non è un caso isolato. Tra gli obiettivi di Frontex per il triennio 2020-2022 troviamo “lo sviluppo delle capacità dei Paesi dei Balcani occidentali di identificare e registrare i migranti”. Supporto operativo, sostegno nello sviluppo di sistemi di rilevamento e, soprattutto, condivisione dei dati: non a caso il 30 novembre 2021 durante la “Conferenza internazionale sulla biometria per le frontiere” organizzata dall’unità di ricerca e innovazione di Frontex il tema trattato è stato proprio “l’interoperabilità biometrica nel contesto della gestione delle frontiere esterne”. 

In questo quadro il database in cui vengono “registrati i migranti” Eurodac -istituito nel 2000 per individuare il Paese europeo di primo ingresso dei richiedenti asilo in Ue- gioca un ruolo di primo piano. Secondo le previsioni di riforma contenute nel Patto sull’immigrazione e l’asilo del settembre 2020, diventerà sempre più un sistema di controllo per impedire l’accesso agli “irregolari” in frontiera registrandone non solo più le impronte digitali ma anche i dati biometrici del volto. La connessione a Eurodac è possibile solo nel momento dell’adesione all’Ue. Ma il 20 maggio 2020 il commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato Olivér Várhelyi ha chiarito come i partner della regione dei Balcani “miglioreranno sostanzialmente la qualità dei loro sistemi di registrazione e identificazione dei migranti”. Nel documento che delinea l’impiego dei finanziamenti di assistenza pre-adesione (IPA III) riguardanti la gestione delle frontiere per il biennio 2021-2022 (in totale 19,2 milioni di euro) uno degli obiettivi prioritari è proprio lo sviluppo di sistemi informatici compatibili con Eurodac come “primo passo per sostenere una concreta condivisione delle informazioni all’interno della regione e, se del caso, con l’Unione europea”.

La Commissione europea ha stanziato 19,2 milioni di euro per la gestione delle frontiere esterne dell’Unione nei Balcani per il biennio 2021-2022. Si tratta di fondi che rientrano tra gli strumenti di assistenza pre-adesione

Un obiettivo, citando il documento, realizzabile attraverso “la collaborazione dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) e di Frontex”. Proprio a livello interregionale l’Agenzia si sta già muovendo. Tra le priorità dell’attività del Migration, asylum, refugees regional initiative (Marri) -un centro costituito nel 2004 dai rappresentanti di sei Paesi balcanici (Albania, Macedonia del Nord, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro e Kosovo) per migliorare la cooperazione nel campo della migrazione- si sottolinea la necessità di “intensificare” la cooperazione con Frontex. Uno dei progetti portati avanti dal Marri è lo sviluppo del database “Wb-Midex” con lo scopo di “migliorare lo scambio di informazioni e dati non personali a livello interregionale”. Lo scambio di dati anche se, per ora, non biometrici è una priorità.

Dal 2019, con il nuovo regolamento, l’Agenzia può operare in Paesi extra-Ue attraverso accordi siglati con i governi. Il problema in termini di rischi per il rispetto dei diritti umani è strutturale. “Gli accordi siglati da Frontex con questi Paesi non sono modellati in modo da garantire un adeguato rispetto dei diritti fondamentali -spiega Gkliati, che ha pubblicato diversi studi sull’Agenzia-. Ed è molto preoccupante perché oltre a non essere vincolati agli stessi standard nel rispetto dei diritti umani di chi fa parte dell’Ue è molto difficile che vengano citati in giudizio di fronte a tribunali nazionali degli Stati membri o alla Corte di giustizia europea. Se in Niger, ad esempio, la cooperazione seppur sempre rischiosa è più indiretta perché prevede ‘solo’ lo scambio di informazioni e di ‘buone prassi’ nei Balcani l’intervento è più invasivo”. In Albania i funzionari di Frontex partecipano, armati, ai pattugliamenti al confine con la Grecia: la responsabilità di quello che succede resta, di fatto, solo in capo al governo di Tirana che però è esterno alla giurisdizione europea.

“Gli accordi siglati da Frontex con questi Paesi non sono modellati in modo da garantire un adeguato rispetto dei diritti fondamentali” Mariana Gkliati

Proprio l’Albania è stato il primo Paese extra-Ue, dal maggio 2019, a vedere agenti dell’Agenzia operare sui propri confini. Un secondo accordo siglato nel marzo 2021 ha ulteriormente “stretto” i rapporti tra Frontex e le autorità albanesi. Ma sul ruolo svolto dai 71 funzionari attivi nel Paese c’è poca chiarezza. Quel che è certo è che l’accordo prevede anche “lo scambio di informazioni nel settore della gestione delle frontiere e del rimpatrio”. “Tranne che sul confine e in aeroporto a Tirana l’azione di Frontex è invisibile”, spiega Amarilda Lici avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che, con altri soci, nel giugno 2021 ha svolto un sopralluogo sul territorio albanese. “Dagli incontri avuti con gli interlocutori istituzionali sul ruolo dell’Agenzia non è stata fornita alcuna informazione se non quanto già si conosce. Di ‘scambio di dati’ nessuno ne parla”. Il governo di Tirana è però consapevole del “peso” che la collaborazione con l’Agenzia per l’ingresso nell’Unione europea. Secondo la Global initative against transnational organized crime meno di duemila persone hanno viaggiato “irregolarmente” attraverso l’Albania nel 2013: nel 2020 sono state 12mila.

Le fototessere di una persona in movimento ritrovate lungo la strada verso il confine croato vicino a Velika Kladuša in Bosnia ed Erzegovina © Michele Lapini, Valerio Muscella

Se con l’Albania l’accordo è a uno stadio avanzato, in Macedonia del Nord l’intervento di Frontex è più complesso. L’intesa con il governo di Skopje è in stallo: nell’ottobre 2020, la Bulgaria si è opposta (l’unico Stato europeo) alla firma finale perché nel documento viene definita come “macedone” la lingua utilizzata mentre il governo di Sofia la considera un “dialetto bulgaro”. A differenza dell’Albania, quindi, i funzionari dell’Agenzia non partecipano ai pattugliamenti al confine. “Nel discorso pubblico -sottolinea Mersiha Smailovic dell’Ong Legis che opera sul territorio macedone- non si parla ancora del ruolo di Frontex: gli agenti sono presenti solo in aeroporto con un compito di formazione della polizia locale. In generale, però, la popolazione è poco incline nell’accettare di ‘cedere’ su questa tematica”. Smailovic spiega come in Macedonia del Nord si verificano due flussi contrari: chi dalla Grecia si muove verso l’Ue, in prevalenza persone di origine afghana e pakistana e chi dalla Serbia viaggia in direzione opposta, prevalentemente cittadini cubani diretti verso le coste greche. “Un’eventuale ingerenza di Frontex sulla biometria potrebbe essere mal vista: se il nostro database venisse collegato con quelli europei crollerebbe la retorica del ‘non si fermano da noi’”. 

L’obiettivo è istituzionalizzare un “flusso di ritorno” verso i Paesi di transito che renderebbe ancora più difficile l’arrivo in Unione europea per le persone migranti. “Frontex lavora con i Paesi terzi -spiega Gkliati- non solo per gestire i flussi migratori che provengono da loro ma anche verso di loro attraverso accordi di riammissione. Questo è un obiettivo che l’Agenzia ha con tutti i Paesi dei Balcani”.

Una strategia realizzabile attraverso la condivisione dei dati. “C’è un’alta probabilità che i dati biometrici raccolti nei Balcani occidentali saranno poi resi accessibili agli Stati membri dell’Ue -conclude Rodelli di Access Now-. Un simile scambio di dati personali è uno scenario scoraggiante. È bene ricordare che questa struttura di sorveglianza totale si potrebbe ritorcere anche contro i cittadini europei: ora si controllano i migranti ma non è impensabile che un domani questo sistema possa essere riconvertito. Denunciarlo è necessario per proteggere i diritti, presenti e futuri, di tutti”. 


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