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Diritti / Attualità

Violenza e abusi contro i migranti lungo la rotta balcanica. Il caso della Croazia

Le autorità croate hanno sistematicamente aggredito le persone in transito, negando loro il diritto d’asilo e violando il diritto europeo e internazionale. L’accusa di Amnesty International dopo la pubblicazione integrale del durissimo report del Comitato europeo per la prevenzione della tortura sulle violenze di Zagabria

© DRC

Un rapporto diffuso dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura, l’organo di monitoraggio istituito ai sensi della Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tortura, ha accusato le autorità croate di aver commesso gravi violenze contro i migranti e i rifugiati e di aver impedito loro di chiedere asilo. Il rapporto, basato su una missione svolta un anno e mezzo fa in Croazia, era stato adottato nel novembre 2020 ma è stato diffuso solo a inizio dicembre 2021 perché le autorità di Zagabria avevano negato il consenso alla pubblicazione. Il rapporto del Comitato contiene numerose denunce di persone prese a calci, colpite ripetutamente con manganelli, aggredite dai cani poliziotto, derubate dei loro beni tra cui vestiti, scarpe e persino mutande, costrette a camminare per chilometri verso il confine con la Bosnia ed Erzegovina. Si aggiunga a questo che sotto la lente del difensore civico europeo c’è anche il ruolo della Commissione europea nel monitoraggio dell’utilizzo dei finanziamenti destinati al governo croato per il controllo delle frontiere. L’Unione europea ha riconosciuto alla Croazia, nell’ambito dei programmi nazionali del Fondo asilo, migrazione e integrazione e del Fondo sicurezza interna (2014-2020), circa 108 milioni di euro a cui si sono aggiunti, nel corso degli anni, ulteriori fondi di emergenza per un ammontare di 23,2 milioni di euro. 

La storia di Madina Hussiny
Nel novembre 2017, Madina Hussiny, una ragazzina di sei anni proveniente dall’Afghanistan, è stata investita e uccisa da un treno dopo che lei e la sua famiglia furono respinte dal confine croato e dopo che è stato loro detto di seguire i binari del treno per tornare a Šid, in Serbia, nel mezzo della notte. Sebbene le autorità croate abbiano negato addirittura che la famiglia fosse mai entrata in Croazia, l’incidente è avvenuto in un’area in cui le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato frequenti e violenti respingimenti. La famiglia di Madina insiste a dire che erano stati mandati indietro dal confine croato pochi minuti prima della sua morte. Il 18 novembre 2021 la Corte europea dei diritti umani ha giudicato la Croazia responsabile della violazione di una serie di articoli della Convenzione europea dei diritti umani e della Convenzione sul divieto di espulsioni collettive. La Corte ha confermato i numerosi rapporti che accusano la polizia della Croazia di respingimenti violenti. Il messaggio ai governi dell’Unione europea, proprio mentre migliaia di richiedenti asilo stanno congelando alle frontiere di Polonia, Lettonia e Lituania, è chiaro: i respingimenti, le espulsioni collettive e il diniego della possibilità di chiedere asilo politico violano la Convenzione europea dei diritti umani. Il ricorso presso la Corte europea dei diritti umani era stato appoggiato dall’organizzazione non governativa Are you Syrious e dal Centro per gli studi sulla pace di Zagabria.

Un percorso violento, una frontiera “inutilmente” feroce
Per la prima volta, nel giugno del 2020, dopo una lunga serie di episodi del genere, le autorità giudiziarie della Croazia hanno aperto un’inchiesta nei confronti di due agenti di polizia per il pestaggio di un migrante proveniente dall’Afghanistan nei pressi del confine con la Bosnia ed Erzegovina. I due agenti, in servizio presso la città di Karlovac, sono stati arrestati e sospesi dal servizio. Rischiano un procedimento amministrativo e anche giudiziario per gravi violazioni del loro dovere. Amnesty International ed il Guardian avevano denunciato episodi di tortura e umiliazioni ai danni di migranti e richiedenti asilo lungo la zona di confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina. In una spaventosa escalation di violazioni dei diritti umani ad opera della polizia alla frontiera tra Croazia e Bosnia, un gruppo di migranti e richiedenti asilo è stato legato, brutalmente picchiato e torturato dagli agenti, i quali si sono presi gioco delle ferite e hanno messo del cibo sulle teste sanguinanti dei migranti per umiliarli.

Tra le otto e le dieci persone in uniforme nera e passamontagna identici a quelli indossati dalla polizia speciale croata hanno sparato in aria, dato calci e colpito ripetutamente gli uomini fermati con bastoni di metallo, manganelli ed il calcio delle pistole. Poi, hanno spalmato ketchup, maionese e zucchero, trovati in uno degli zaini, sulle teste sanguinanti, sui capelli e sui pantaloni dei migranti. I ricercatori di Amnesty hanno parlato con sei uomini di un gruppo composto da 16 richiedenti asilo di origini pakistane e afgane, arrestati dalla polizia croata nella notte tra il 26 e il 27 maggio 2020 nei pressi dei laghi di Plitvice, mentre cercavano di attraversare il Paese per raggiungere l’Europa occidentale. Nelle nostre indagini abbiamo ascoltato anche i medici che hanno curato gli uomini e le Ong che sono state testimoni delle ferite. Amir, proveniente dal Pakistan, ha raccontato ad Amnesty: “Li supplicavamo di smettere e di avere pietà. Eravamo già legati, impossibilitati a muoverci e umiliati, non c’era motivo di continuare a picchiarci e torturarci“. Ha detto che gli uomini armati non hanno mostrato alcuna compassione. “Ci facevano foto con i loro telefonini e cantavano e ridevano“. Amir ha riportato una frattura al braccio e il naso rotto, punti di sutura sulla nuca e vistose contusioni su tutto il volto e alle braccia. Sono dieci gli uomini che hanno riportato gravi ferite quella notte. Tariq, trent’anni, adesso ha entrambe le braccia e una gamba ingessati, vistosi tagli, ecchimosi al volto e alla testa e un forte dolore all’addome.

“Quando ci hanno preso non ci hanno dato la possibilità di dire assolutamente nulla. Hanno iniziato semplicemente a colpirci. Mentre ero a terra, mi hanno colpito alla testa con la parte posteriore della pistola e ho iniziato a perdere sangue. Cercavo di proteggermi la testa dai colpi, ma hanno iniziato a darmi calci e colpirmi alle braccia con dei bastoni di metallo. Per tutta la notte ho perso e ripreso conoscenza“. Tariq ora deve utilizzare una sedia a rotelle per spostarsi e gli ci vorranno mesi prima di riprendere a muoversi autonomamente.

Gli uomini hanno raccontato dell’umiliazione provata mentre il gruppo armato spalmava maionese e ketchup sui loro volti e sulle loro teste insanguinate. Un uomo con il volto coperto ha spruzzato la maionese tra le gambe dei pantaloni di uno dei richiedenti asilo, mentre gli altri ridevano e cantavano “Tanti auguri“. Dopo quasi cinque ore di continui abusi, i migranti sono stati consegnati alla polizia di frontiera croata che li ha condotti vicino al confine con la Bosnia ed Erzegovina in due furgoni e ha ordinato loro di camminare. Colpire gli arti inferiori dei migranti è una strategia mirata del maltrattamento. In questo caso consente alla polizia croata di assicurarsi che il migrante compatibilmente con le sue condizioni non riprenderà il viaggio (game) verso l’Europa.

L’incapacità dell’Ue di accertare le responsabilità della Croazia
La Commissione europea è rimasta in silenzio dinanzi a molteplici affidabili notizie di gravi violazioni dei diritti umani alla frontiera croata e alle ripetute richieste da parte del Parlamento europeo di svolgere indagini sulle accuse. Inoltre, la Croazia continua a beneficiare di un contributo europeo di milioni di euro per la sicurezza frontaliera. La maggior parte è spesa in infrastrutture, attrezzature per la polizia di frontiera e anche per gli stipendi degli agenti. Persino la piccola quota (300.000 euro) che la Commissione aveva riservato al meccanismo di monitoraggio delle misure frontaliere in materia di rispetto dei diritti umani e delle leggi europee in materia di asilo non è stata altro che una foglia di fico. Lo scorso anno, la Commissione ha raccomandato la piena adesione della Croazia all’area Schengen, nonostante le violazioni dei diritti umani nell’area fossero già costanti. La Commissione europea non può continuare a far finta di non vedere le palesi violazioni della normativa europea quando ci sono persone che vengono marchiate con le croci sulla testa o sono brutalmente torturate o umiliate dalla polizia croata. La condanna di tali atti e un’indagine indipendente sulle violazioni presunte, unitamente alla creazione di un valido meccanismo che garantisca che i fondi europei non siano utilizzati per perpetrare atti di tortura e rimpatri illegittimi, ci sembrano il minimo. In mancanza di un’azione urgente, le pratiche disumane della Croazia in materia di migrazione renderanno l’Ue complice di gravi violazioni dei diritti umani commessi sulla soglia di casa sua.

Già nel marzo 2019 Amnesty International pubblicò un rapporto completo sulle violazioni dei diritti umani commessi lungo la rotta balcanica, con alcune specifiche raccomandazioni rivolte alla Croazia e alla Bosnia oltreché all’Unione europea. Raccolse molte testimonianze significative che dimostrano anche i meccanismi perversi della polizia di frontiera Croata. Samim, proveniente dall’Afghanistan, stava viaggiando con la sua famiglia, compresi tre bambini piccoli; è stato sommariamente respinto dalla Croazia due volte. La seconda volta sono stati arrestati poco dopo aver attraversato il confine. “Ho detto loro (alla polizia croata, ndr) che volevamo chiedere l’asilo, ma poi hanno separato me dalla mia famiglia e mi hanno lasciato da solo in una stanza per sei ore. Non mi hanno dato né cibo né acqua. Eccetto il telefono nascosto nel giubbotto di uno dei bambini, ci hanno distrutto tutti i telefoni e hanno strappato tutti i nostri documenti, compreso il ‘foglio bianco’ (documento di registrazione, ndr) della Bosnia. Poi hanno raccolto tutte le persone che avevano trovato quel giorno, ci hanno messo in un van e ci hanno riportato in Bosnia”.

Amnesty International e le organizzazioni che difendono i diritti umani nell’area hanno evidenziato quanto sia grave che la Commissione europea non abbia mai intrapreso alcuna azione decisiva nei confronti della Croazia. Dopo il rapporto del Comitato, questa posizione non è più sostenibile.

Paolo Pignocchi, Amnesty International – Coordinamento Europa, RiVolti ai Balcani

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