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Diritti / Attualità

Supporto alle autorità libiche con i fondi per la cooperazione. “È sviamento di potere”

Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano

Il ministero degli Esteri e dell’Interno avrebbero impiegato 2,5 milioni di euro del “Fondo Africa” per “supportare” le milizie di Tripoli attraverso la dotazione di motovedette e la formazione dell’equipaggio. Un provvedimento illegittimo per l’ASGI, che ha fatto ricorso al Tar del Lazio

Il ministero degli Esteri e dell’Interno italiani, con un decreto dell’agosto di quest’anno, avrebbero impiegato parte del “Fondo Africa” per la cooperazione allo scopo invece di “supportare” le autorità libiche. Specialmente sotto il profilo militare. Un atto illegittimo di autentico “sviamento di potere”. Lo denuncia l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, che per mezzo delle avvocate Giulia Crescini e Cristina Laura Cecchini ha presentato a metà novembre un ricorso presso il Tribunale amministrativo del Lazio contro i due dicasteri.

Il tutto nasce dalla legge di Stabilità 2017 (la 232/2016), che in uno dei suo commi aveva previsto l’istituzione di un fondo dalla “dotazione finanziaria di 200 milioni di euro per l’anno 2017” e il preciso mandato di sostenere interventi straordinari volti a “rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie”. Il “Fondo Africa”. All’inizio di febbraio, il ministero guidato da Angelino Alfano emana l’atto di indirizzo per l’utilizzo dei 200 milioni di euro. “Per molti mesi -ricostruisce però l’avvocato Crescini nel ricorso- si sono susseguite numerose richieste da parte dell’opinione pubblica nazionale ed in particolare da parte di numerose organizzazioni non governative, in merito all’indicazione dei progetti finanziati con le risorse del fondo e i destinatari di queste risorse”.

Progetto e finalità non sono chiari. Ed è per questo che a metà settembre 2017 l’ASGI propone accesso civico al ministero degli Esteri -a firma dell’avvocato Salvatore Fachile, membro del consiglio direttivo dell’associazione- per poter recuperare “tutti i decreti della Direzione Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie con i quali le risorse del fondo africa sono impiegate”. Il 12 ottobre giunge la risposta del ministero. Un messaggio via posta elettronica certificata che reca in allegato quanto richiesto. Tra gli atti ne spunta uno del 28 agosto 2017, il decreto 4110/47, a firma del direttore generale della DG per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, Luigi Maria Vignali.

Da quell’atto emerge che il ministero degli Esteri avrebbe accordato a quello dell’Interno un finanziamento di 2,5 milioni di euro rispettivamente per la “rimessa in efficienza di due motovedette da 35 metri (P300 e P301) una motovedetta da 22 metri (P 200) e una motovedetta da 28 metri (P201), appartenenti all’Amministrazione Generale per la sicurezza Costiera del ministero dell’Interno libico; fornitura minima di pezzi di ricambio per le motovedette menzionate al punto i); traino della motovedetta da 28 metri citata al precedente punto i) dal porto di Tripoli (Libia) ove al momento la stessa è ormeggiata, al porto di Biserta (Tunisia), ove saranno effettuati i lavori di rimessa in efficienza; corso di addestramento per 22 membri di equipaggio libici, incaricati della conduzione della suddetta motovedetta da 28 metri, suddiviso in una sezione teorica e una sezione pratica, da tenersi rispettivamente presso il centro Nautico e Sommozzatori (CNES) della Polizia di Stato di La Spezia e presso i Cantieri Navali di Vittoria di Biserta (Tunisia); copertura assicurativa e certificato di navigabilità necessari per impiegare la suddetta motovedetta da 28 metri per finalità addestrative nelle acque antistanti Biserta”.

Del “dialogo” e della “cooperazione”, individuati dalla legge istitutiva del Fondo come strumenti per la risoluzione dell’emergenza umanitaria in Libia, si sarebbe persa ogni traccia. Con il rischio concreto “di esacerbare la situazione conflittuale e la quantità di strumentazione bellica già presente sul Paese”. È evidente che quei fondi, scrive l’avvocato Crescini, “non possano essere utilizzati per fornitura di materiale militare che in alcun modo ha diretta e immediata incidenza sulla situazione dei migranti in Libia”. Quelle motovedette, infatti, “serviranno esclusivamente alla realizzazione di scopi incompatibili e illegittimi”, “per fini militari, potenzialmente anche letali”, compresi soprattutto quei “respingimenti delegati” di migranti fotografati e filmati da ultima dalla Ong tedesca Sea Watch all’inizio del novembre 2017.

L’unico obiettivo del “supporto” italiano alle milizie libiche -è la denuncia dell’ASGI- sarebbe quello di “sbarrare l’approdo in Europa ad un numero rilevante di persone che, anche per la sola prolungata permanenza negli ormai notissimi e famigerati ‘centri’ libici non possono che ritenersi meritevoli di una protezione internazionale ai sensi del diritto internazionale, europeo e interno”. Risorse e formazione a scapito dei migranti ma anche del “personale internazionale, delle ONG e gli stessi cittadini libici”, esposti ad una situazione di pericolo ancora maggiore per l’uso che le autorità libiche fanno di quelle motovedette.

ASGI avanza quattro richieste. La prima, in via cautelare, è quella di sospendere il decreto impugnato. In seguito, annullarlo o sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge 232/2016 (Stabilità 2017) al comma specifico che tratta del “Fondo Africa”. “Ulteriormente in subordine”, ed è la quarta, dichiarare l’illegittimità del decreto ministeriale per “contrarietà” con il regolamento Ue del Consiglio 44 del 2016 che ha introdotto “limitazioni alla fornitura di materiale bellico alla Libia”. “Occorre al più presto tornare nell’ambito di un dibattito democratico sul tema e disdettare formalmente e quanto prima l’accordo tra Governo Gentiloni e Al Serraj, così come quelli con altri soggetti in Libia che non diano garanzie di agire nel rispetto dei diritti fondamentali della persona”, concludono le legali dell’ASGI.

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