Finanza / Attualità
Finanza e cambiamenti climatici, come evitare il “cigno verde”
Le principali istituzioni finanziarie mondiali alimentano i cambiamenti climatici supportando ancora oggi attività ad alto contenuto di carbonio. Le proposte delle Ong, da Reclaim Finance all’italiana ReCommon, in occasione del summit “Green swan 2021”
Le principali istituzioni finanziarie del mondo alimentano i cambiamenti climatici supportando ancora oggi attività ad alto contenuto di carbonio, nonostante la consapevolezza ormai universale delle ricadute sulla vita e sul benessere collettivo e della grave minaccia per la stessa stabilità finanziaria. Le conseguenze sono tutt’altro che imprevedibili e occorre agire subito per cambiare rotta, rompere il circolo vizioso e contribuire alla decarbonizzazione.
Dal 2 al 4 giugno si terrà la conferenza “Green swan 2021” (“Cigno verde”, riprendendo la metafora coniata dall’ex trader Nassim Nicholas Taleb del “cigno nero”) promossa da alcune tra le più importanti istituzioni finanziarie, tra cui la Banca dei regolamenti internazionali, Fondo monetario internazionale, Banca di Francia, Network for Greening the Financial System. Metterà attorno a un tavolo (virtuale) tre premi Nobel, 15 attuali ed ex governatori di banche centrali e alti dirigenti, responsabili politici ed esperti ufficiali del settore, accademici di spicco e dirigenti e amministratori delegati del settore privato. L’obiettivo della conferenza è quella di analizzare le possibili modalità con cui il mondo della finanza può evitare l’arrivo di un devastante “cigno verde”. Ovvero per limitare o ridurre al minimo i rischi provenienti dal cambiamento climatico in relazione alla stabilità finanziaria mondiale.
In occasione di questo incontro le associazioni Reclaim Finance, Positive Money, la New Economics Foundation, il Climate Safe Lending Network, Greenpeace, Banktrack e l’italiana ReCommon hanno diffuso un documento in cui indicano le quattro principali aree in cui è prioritario e urgente intervenire per “fermare l’accumulo di rischi legati al clima e la crisi finanziaria collegata al cambiamento climatico. Contribuendo, al tempo stesso, alla transizione globale verso un sistema a basse emissioni di CO2“. “Nel corso degli ultimi anni all’interno delle istituzioni finanziarie si è discusso molto dei rischi legati al cambiamento climatico -spiega ad Altreconomia Paul Schreiber, di Reclaim Finance-. Adesso è necessario che passino dalle parole ai fatti, implementando misure credibili”.
Il documento sottoscritto dalle associazioni presenta precise richieste alle istituzioni finanziarie internazionali impegnate nel dibattito sul “cigno verde”. La prima è quella di adottare un “approccio precauzionale” ai rischi climatici. “Quello che sappiamo per certo è che non saremo mai in grado di prevedere e misurare i rischi collegati al cambiamento climatico, perché sono profondamente caratterizzati dall’incertezza. Questo elemento è stato ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica e viene riconosciuto sempre più anche all’interno delle istituzioni finanziarie”, spiega Paul Schreiber.
Alle istituzioni finanziarie globali si chiede quindi di mettere in atto un approccio “precauzionale” alternativo che tenga conto dei rischi a lungo termine ed eviti l’accumulo di rischi climatici non contabilizzati nel sistema finanziario e il pericolo incombente di una crisi finanziaria: il temuto “cigno verde”. “I legislatori e i regolatori finanziari dovrebbero adottare un approccio precauzionale ai rischi climatici per aiutare il sistema finanziario a mitigare i rischi legati al cambiamento climatico e, con questo, mitigarlo, riflettendo così la doppia rilevanza delle decisioni finanziarie”, si legge nella lettera.
“Uno degli elementi da tenere bene in mente è il fatto che ci sono settori economici particolarmente esposti, penso ad esempio a quello dei combustibili fossili che sono estremamente inquinanti ma che al tempo stesso sono enormemente esposti ai rischi provocati dal cambiamento climatico, al rischio di subire drastiche svalutazioni -spiega Schreiber-. Molti asset di combustibili fossili potrebbero perdere gran parte del proprio valore in un breve lasso di tempo. Potenzialmente, potrebbero persino perdere tutto il proprio valore se, per ipotesi, l’Unione europea decidesse di abbandonare completamente il carbone entro cinque anni per far fronte alla crisi climatica. E questo vale non solo per il settore dei combustibili fossili, ma per molti altri asset“. Brusche cadute dei prezzi delle azioni, causate dall’impatto dei cambiamenti climatici, possono essere amplificate dai mercati finanziari, scatenando crisi economiche di portata molto più vasta. In altre parole, la finanza deve trovare un modo per “proteggersi” dai rischi legati ai cambiamenti climatici che essa stessa sta in parte contribuendo ad alimentare.
Nel loro documento, le Ong e le associazioni impegnate nel monitoraggio della finanza e delle multinazionali chiedono anche di adattare il cosiddetto “Primo pilastro” degli Accordi di Basilea che non prende in considerazione il settore dei combustibili fossili in modo coerente con il loro profilo di rischio nel determinare i requisiti di capitale. “Prendiamo il caso di una banca che volesse finanziare nuove miniere: deve tenere presente che si tratta di un investimento rischioso. Quello che deve essere richiesto in casi come questo è quello di aumentare le proprie riserve. Quindi questo scoraggerà il finanziamento di questi progetti e avrà un impatto positivo per la stabilità finanziaria, oltre che un impatto positivo per l’ambiente”, spiega Schreiber.
Inoltre, nel documento si avanza una proposta specifica per assicurare una transizione ordinata e progressiva: i regolatori finanziari dovrebbero richiedere alle banche di integrare i criteri climatici nelle loro decisioni di finanziamento, allineandosi alla “1.5°C trajectory” riferita all’Accordo di Parigi sul clima. “Raccomandiamo che le banche sviluppino piani di transizione quinquennali che spieghino come raggiungere progressivamente questo obiettivo a lungo termine, e mettano in atto un meccanismo per integrare i criteri climatici nel loro processo decisionale di finanziamento. I regolatori dovrebbero definire degli indicatori e dei processi limitati nel tempo per monitorare i progressi su queste metriche chiave”, si legge nel documento.
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