Interni / Intervista
Fascismo del vecchio e nuovo millennio: viaggio “nel cuore nero” di Brescia
In città sono attivi CasaPound, Forza Nuova, il Veneto Fronte Skinheads oltre ad Avanguardia Nazionale, movimento sciolto nel 1976. Intervista al giornalista Federico Gervasoni: “Parlo con giovani che si definiscono neofascisti, che non sanno nulla della strage di Piazza della Loggia. È su di loro che fanno presa i messaggi dei ‘vecchi maestri'”
“Molti sostengono che nel 2019 il fascismo sia un argomento ampiamente superato. Ma la quantità di rabbia che mi è stata riversata addosso in questi mesi e il numero di persone che scrivono di volermi ammazzare per quello che ho scritto, mi fa capire che i fascisti ci sono. Anche a Brescia, una città che, per la sua storia, dovrebbe soltanto condannare i rigurgiti neri”. Nel luglio 2018 Federico Gervasoni, 28enne giornalista bresciano, aveva denunciato dalle pagine del quotidiano “La Stampa”, con cui collabora, la rinascita di Avanguardia Nazionale: organizzazione neofascista fondata nel 1960 da Stefano Delle Chiaie e sciolta nel giugno 1976 dopo una sentenza del Tribunale di Roma che, in base alla Legge Scelba, aveva condannato 31 aderenti all’associazione per ricostruzione del partito fascista.
A Brescia, come ha ricostruito Gervasoni, esponenti di Avanguardia Nazionale si riunivano mensilmente in una trattoria. Ma il movimento che fu di Delle Chiaie non è la sola espressione dell’universo neofascista attiva nella città lombarda: all’ombra della Leonessa, infatti, sono attivi anche CasaPound, Forza Nuova e Veneto Fronte Skinheads. Tutte realtà che Federico Gervasoni ha indagato e raccontato nel libro “Il cuore nero della città. Viaggio nel neofascismo bresciano” in cui il giornalista ricostruisce la storia e l’evoluzione dei movimenti di estrema destra sul territorio, mettendo in fila una serie di episodi di cronaca che raramente arrivano alle cronache nazionali e ci restano per poche ore o qualche giorno. Come l’aggressione ai danni dei clienti di una birreria nel quartiere del Carmine nel settembre 2018 o l’irruzione dei militanti del Veneto Fronte Skinheads durante una riunione dell’associazione “Como senza frontiere” dell’anno precedente.
Gervasoni, come è nato questo libro?
FG È il frutto di un lavoro iniziato una decina di anni fa quando, verso i 18 anni avevo iniziato da poco a lavorare come giornalista. Mi ero avvicinato all’estrema destra per raccontare questo mondo da dentro, per cogliere le differenze tra i vari soggetti che lo animano. Io sono nato a Brescia, una città profondamente segnata dalla strage fascista di Piazza della Loggia e anche se la Cassazione, due anni fa, ha messo, giuridicamente, la parola fine a questa vicenda, il dolore causato dalla strage non passerà mai. Ho voluto scrivere questo libro per mettere in guardia le istituzioni dai rischi del fascismo di ritorno. Brescia, ci tengo sempre a sottolinearlo, è Medaglia d’argento per l’eroica resistenza al nazifascismo. La nostra Costituzione stessa dice che siamo antifascisti. Per questo penso che sia assurdo tutto ciò.
Tu indichi sabato 2 agosto 2014 e il convegno cui presero parte Stefano delle Chiaie e Mario Merlino come il momento in cui “i semi del fascismo a Brescia hanno ripreso a germogliare”. C’è una continuità nel fascismo bresciano dagli anni Settanta a oggi?
FG La continuità sta nella presenza di alcuni “vecchi maestri” come Delle Chiaie e Kim Borromeo -quest’ultimo condannato nel 1973 per aver fatto saltare con il tritolo la sede del PSI nella mia città- che si definiscono fascisti e rievocano con orgoglio le proprie “gesta eroiche”, come se il dolore e le violenze degli anni Settanta non avessero insegnato nulla. Ed è questo che mi preoccupa maggiormente. Mi è capitato poi di parlare e confrontarmi con giovani che pur definendosi neofascisti, in realtà non sapevano nulla della strage di Piazza della Loggia né chi fossero i responsabili. È su questi ragazzi che fanno presa i messaggi dei “vecchi maestri” del fascismo bresciano e non solo.
Come si manifesta oggi la presenza di Avanguardia Nazionale a Brescia?
FG Da aprile 2016, la comunità bresciana di Avanguardia Nazionale, ha ripreso a promuovere in città delle cene, che si sono interrotte nel novembre 2018, poco dopo la pubblicazione della mia inchiesta. Fino a qualche settimana fa, avevano anche una pagina Facebook, “Avanguardia Nord Italia”, chiusa per l’ennesima volta. Oggi, per la comunicazione utilizzano un blog.
Molti degli episodi che racconti nel tuo libro sono avvenuti in piccoli comuni o in valli lontane dai centri abitati. Che rapporto c’è tra i gruppi neofascisti e la città?
FG Brescia è una città tradizionalmente di centro-sinistra con una provincia di destra. La città, tolta una breve parentesi, è sempre stata un baluardo della DC, poi de L’Ulivo e attualmente del PD. Questi gruppi di estrema destra si consolidano, si diffondono in provincia e usano la città come punto di ritrovo. Da alcuni anni lo stadio è diventato un luogo molto fertile di reclutamento per i più giovani. Una porzione della Curva Nord del “Rigamonti” non nasconde oggi le sue idee di estrema destra. E se in apparenza con l’Hellas Verona c’è una rivalità storica, politicamente le due curve sono molto vicine. La frangia scaligera di Forza Nuova tende a solidarizzare con diversi ultrà bresciani. Mentre un legame profondo è dettato dalla presenza di militanti di Veneto Fronte Skinheads in entrambe le tifoserie. In passato, durante Hellas Verona-Livorno, mi è capitato durante gli scontri di riconoscere insieme ai veronesi diverse “teste rasate” bresciane.
Sei stato minacciato diverse volte per il tuo lavoro, attraverso i social ma non solo. Come si continua a lavorare in questo clima?
FG Ricevere minacce di morte non è piacevole. Nonostante ciò, mi reputo soddisfatto di aver fatto questo lavoro di monitoraggio e denuncia sul ritorno del fascismo. Non mi lascerò intimidire: è il mio mestiere e continuerò a farlo con sempre maggiore determinazione.
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