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Il tentativo di indagare gli alloggi vuoti e inutilizzati nell’Italia afflitta dalla crisi abitativa

Mentre il nuovo “Decreto sicurezza” del Governo Meloni criminalizza le occupazioni degli immobili l’Istat certifica che nel 2021 un’abitazione su tre era non occupata. Un fenomeno complesso e difficile da esaminare, tra le difficoltà burocratiche legate agli affitti e una carenza strutturale di dati difficilmente interoperabili. Progetti pilota per la mappatura dei vuoti urbani fanno scuola: da Reggio Emilia a Bologna
Il recente decreto legge sulla “sicurezza” licenziato dal Governo Meloni a inizio aprile introduce all’articolo 10 anche il reato per occupazione arbitraria di immobili destinati a domicilio altrui per chi “impedisce il rientro dell’immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente”. Un illecito punibile dai due ai sette anni di detenzione.
Secondo il rapporto Today abitazioni dell’Istat nel 2021 in Italia quasi un’abitazione su tre non era occupata: era vuota oppure occupata da persone non residenti. Si tratta di 9.581.772 edifici abitabili senza un occupante fisso, su un totale di 35.271.829. La maggior parte di queste abitazioni si trova nel Sud Italia, seguito dal Nord-Ovest, poi Nord-Est, Centro e Isole. Sono case vuote e vecchie: il 54,1% delle abitazioni non occupate, infatti, è stata costruito tra il 1961 e il 2000. Il report è stato realizzato attraverso una strategia censuaria, ovvero il numero di abitazioni occupate e non occupate è ricavato confrontando gli immobili registrati nelle visure catastali e il numero delle famiglie rilevate attraverso il Censimento dal 2011 al 2021.
Oggi, in Italia, è ancora difficile avere un numero certo sugli alloggi vuoti. “In tempi di crisi abitativa si torna a parlare di alloggi vuoti -spiega Nadia Caruso, professoressa di Pianificazione urbana presso il Politecnico di Torino-. Si tratta però di un fenomeno molto complesso da determinare e quantificare, e funge da perno per provare a rispondere ai bisogni di persone che si trovano in emergenza abitativa o che hanno la necessità di avere affitti a prezzi calmierati”.
Durante il seminario “C’è del vuoto in città”, organizzato dal Politecnico di Milano a metà febbraio di quest’anno, sono stati presentati due progetti pilota per la mappatura dei vuoti urbani, partendo dalla definizione del fenomeno e dalle sue cause.
Il primo studio è stato condotto a Reggio Emilia tra la primavera del 2023 e dicembre 2024, dove sono stati coinvolti vari attori territoriali, tra cui fondazioni, sindacati di proprietari e inquilini. Attraverso focus group e questionari è stata creata una mappatura del fenomeno dei vuoti urbani a Reggio Emilia. I risultati della ricerca mostrano che il proprietario medio di un immobile che resta vuoto è tendenzialmente uomo, ha tra i 55 e i 64 anni con un lavoro da dipendente e un contratto a tempo indeterminato. “Più del 40% dei partecipanti al sondaggio ha almeno una laurea triennale, e intende far fruttare la propria abitazione -ha raccontato Martina Salvarani, ricercatrice e coautrice della ricerca-. La maggior parte di loro ha un solo immobile di proprietà, e il 48% lo ha ricevuto in eredità. Più del 20% degli immobili è mantenuto vuoto da più di tre anni”.
Secondo la ricerca le motivazioni che spingono i proprietari a tenere gli alloggi vuoti sono legate alla complessità della burocrazia, ai rischi derivanti dalla gestione dell’affitto e alla difficoltà nel conciliare le esigenze di eventuali co-affittuari. “È molto complesso conoscere le ragioni dei vuoti urbani, perché si tratta di ragioni sia di percezione, quindi difficile da quantificare, sia gestionali”, commenta Caruso. Nella ricerca si parla anche di affidabilità degli affittuari, di ristrutturazioni necessarie per adeguare l’immobile, e delle preoccupazioni legate alla volontà di vendere la proprietà. “Tra le motivazioni elencate, le principali riguardano il fattore economico, e la fatica che deriverebbe dalla gestione degli affittuari”, ha aggiunto Salvarani durante la presentazione della ricerca.
A Bologna, invece, è stato realizzato il report di “Stima delle abitazioni potenzialmente vuote”, il terzo Quaderno dell’Osservatorio metropolitano sul sistema abitativo, realizzato da Fabio Manfredini e Viviana Giavarini di Mapping and urban data lab del Dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico di Milano, con il coordinamento di Avanzi – Sostenibilità per Azioni. La ricerca ha tenuto in considerazione immobili che alla data del 31 dicembre 2022 non erano utilizzati e non sottoposti a strategie di valorizzazione, cioè non usati per affitti brevi, contratti in nero, o seconde case. Per questa mappatura sono state utilizzate banche dati catastali e informazioni fornite da inquilini e affittuari, considerando anche l’utenza elettrica attiva.
“Dalla nostra ricerca emerge che il numero della abitazioni disponibili a Bologna varia tra le 13.511 e le 15.317 unità su un patrimonio complessivo di oltre 230mila, ma trovare dati precisi è complesso per un tema di allineamento delle fonti”, ha commentato Giulia Alberio, della società indipendente Avanzi. Nel report, infatti, si parla di “potenzialmente vuoti” perché “non esistono rilevazioni specifiche e dettagliate su questo tema. Si tratta di numeri che possono essere sovrastimati”, commenta la ricercatrice. “Emerge un problema di interoperabilità e di integrazione tra diverse banche dati -aggiunge Caruso-. In Italia, poi, abbiamo un problema di gestione dei dati: raramente sono aperti. Se avessimo delle informazioni accurate a riguardo potremmo cercare di riempire gli alloggi, tassare i proprietari o applicare delle agevolazioni ai proprietari per rimetterli in affitto”.
Trovare dei modelli che funzionano, a livello di mappatura dei vuoti urbani, non è semplice. “I vuoti in realtà sono pieni di informazioni e possono offrire soluzioni differenziate anche in funzione di necessità sociali e territoriali”, chiude Alberio. Secondo la professoressa del Politecnico pensare a una mappatura a livello nazionale è complesso, data l’eterogeneità dei contesti in cui questo fenomeno si sviluppa. Aspetto che rende fondamentale le ricerche condotte a livello locale. A Torino, per esempio, la delibera di iniziativa popolare Vuoti a Rendere ha avanzato la proposta di introdurre nuove tutele per il diritto alla casa, restituendo alla città alloggi inutilizzati.
L’Osservatorio civico sulla casa e la residenza (Ocio) di Venezia ha invece un osservatorio sulla casa: monitora gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, i progetti di edilizia sociale e le locazioni turistiche brevi. “Alla fine del 2023 abbiamo cominciato a mappare alcune aree della zona 2 di Milano -racconta invece Francesco Forcolini, membro fondatore del Comitato abitare in via Padova-. Qui in zona da una parte c’erano poche abitazioni pubbliche, mentre nel privato c’era una grande situazione di vuoto: alloggi sfitti, ma anche sedi abbandonate di aziende, alberghi, esercizi commerciali. Abbiamo iniziato a mappare anche per avanzare proposte concrete, mettendo gli amministratori pubblici di fronte alla possibilità di intervenire”.
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