Economia / Attualità
Evasione fiscale delle multinazionali: l’accordo del G7 è tutt’altro che “storico”
La Commissione indipendente per la riforma internazionale della tassazione delle imprese (ICRICT) smorza gli entusiasmi dei governi: la promessa aliquota del 15% è vicina a quella dei paradisi fiscali come Irlanda o Svizzera. La vera “svolta” sarebbe una tassa minima globale del 25%
L’accordo annunciato il 5 giugno 2021 durante la riunione dei ministri finanziari del G7 in tema di tasse e multinazionali non è “storico” e tanto meno “sufficiente”. La Commissione indipendente per la riforma internazionale della tassazione delle imprese (ICRICT) smorza gli entusiasmi dei governi e invita i Paesi del G7 a “mostrare una vera leadership e ad assumere un impegno molto più ambizioso”. Perché la promessa “aliquota del 15% è vicina a quella dei paradisi fiscali come l’Irlanda e la Svizzera”.
“Per troppo tempo le istituzioni internazionali non sono riuscite ad affrontare uno degli aspetti più tossici della globalizzazione -spiegano i membri della Commissione, tra i quali José Antonio Ocampo, Jayati Ghosh, Joseph Stiglitz ed Eva Joly-. Ovvero l’evasione fiscale da parte delle multinazionali che determina mancate entrate globali per circa 240 miliardi di dollari ogni anno”.
Un accordo veramente “storico” secondo ICRICT avrebbe comportato che “tutti i profitti mondiali delle multinazionali” venissero tassati in linea con le loro reali attività in ciascun Paese, riferendo i profitti nei diversi Stati secondo i fattori chiave dell’occupazione, delle vendite e delle attività. Non solo: la “svolta ambiziosa” sarebbe una tassa minima globale del 25% sulle multinazionali, mettendo così fine alla “dannosa concorrenza fiscale tra i Paesi e riducendo l’incentivo per le multinazionali a spostare i profitti nei paradisi fiscali”.
“Sfortunatamente questo non è quello che abbiamo oggi, dato che l’accordo del G7 per introdurre una tassa minima globale di almeno il 15% da solo è insufficiente a generare entrate significative sia per il Nord globale sia per il Sud globale e riflette una preferenza da parte degli altri Paesi del G7 di trovare una soluzione per accomodare le preferenze dei paradisi fiscali e proteggere le proprie multinazionali piuttosto che seguire la leadership statunitense. Un’aliquota del 15% è vicina a quella dei paradisi fiscali come l’Irlanda e la Svizzera”, segnala ICRICT.
“Il mondo è a un bivio -ricordano gli esperti della Commissione-. È ora il momento di agire per garantire che tutti i Paesi abbiano risorse sufficienti per assicurare i beni comuni e per creare un’economia più resiliente post-Covid-19”. Un’aliquota fiscale minima globale intorno al 21%, infatti, potrebbe generare 640 miliardi di dollari.
José Antonio Ocampo, professore alla Columbia University e presidente di ICRICT, ricorda inoltre come sia “imperativo che le entrate aggiuntive generate da una tassa minima globale siano condivise equamente tra i Paesi d’origine delle società multinazionali, come gli Stati Uniti, e i Paesi in via di sviluppo”.
È l’impropriamente detto “Sud del mondo”, infatti, il più colpito dall’evasione fiscale delle corporation.
“Recuperare i miliardi che ci sfuggono grazie ad un’ambiziosa tassa minima globale ci permetterà di finanziare i nostri ospedali, le nostre scuole e l’indispensabile transizione verso una società sostenibile e pacifica. È assolutamente necessario accompagnare la rivoluzione fiscale globale che sta prendendo forma”, è la posizione più “dialogante” di Eva Joly, parte della commissione indipendente, ed ex membro del Parlamento europeo, dove è stata vicepresidente della Commissione d’inchiesta sul riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale e la frode.
Se fosse mai raggiunto un accordo internazionale su un’aliquota minima del 25% -così come proposto dall’ICRICT- solo l’Unione europea potrebbe aumentare le proprie entrate fiscali di 170 miliardi di euro nel 2021, pari al 12% della spesa sanitaria complessiva dell’Ue. Questa sarebbe una “svolta”. “Una tassa minima globale del 15% come annunciato dal G7 è quasi senza senso”, conclude l’economista Jayati Ghosh.
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