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I numeri del commercio equo e solidale in Italia nel rapporto annuale di Equo Garantito
La rivoluzione equa e solidale può salvare il Pianeta. Ne è convinta l’associazione che riunisce in Italia oltre 70 organizzazioni del commercio equo e solidale. Il report annuale mette in fila i numeri -valore della produzione, punti vendita, lavoratori e volontari- e riflette su valori, parità di genere e iniziative formative
“Cambiare l’economia facendo economia. Seguire i principi contabili mettendo al centro le persone, le comunità, l’ecologia. Creare valore e insieme distribuirlo e non, eventualmente, restituirne una parte alla fine”, scrive Marco Fazio, presidente di Equo Garantito, riferendosi alle attività illustrate in “#PlanetFairTrade. La rivoluzione equa e solidale“, il rapporto annuale dell’associazione che riunisce oltre 70 organizzazioni italiane del commercio equo e solidale. Pubblicato lo scorso giugno in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, il rapporto presenta le attività svolte nell’ultimo anno, dal commercio di prodotti equosolidali fino ai progetti di educazione e formazione. E per la nuova edizione, sceglie di farlo alzando lo sguardo dal contesto nazionale a quello mondiale avvalendosi del contributo del report “Creating the new economy. Business models that put people and planet first”, edito dalla World Fraid Trade Organization (WFTO), l’organizzazione mondiale del commercio equo e solidale di cui Equo Garantito fa parte.
Il rapporto dà conto di un valore della produzione di 67,9 milioni di euro nel 2019. Nel dettaglio, le vendite di prodotti equosolidali delle organizzazioni italiane di commercio equo hanno raggiunto il valore complessivo di 57,8 milioni di euro in 187 punti vendita e all’ingrosso a rivenditori, aziende, enti pubblici con l’impiego di 462 lavoratori e l’aiuto di oltre 3.500 volontari. L’8,9% della produzione, pari a 6 milioni di euro, è stato invece ricavato dalla vendita di prodotti dell’economia solidale. Quanto alle importazioni, nel 2018 l’impegno verso i contadini e gli artigiani dei Paesi del Sud del mondo è stato di 12.527.124 euro di acquisti, distribuiti principalmente tra America Latina (39,5%), Asia (36%) e Africa (22,5%) per un totale di 172 produttori coinvolti nelle relazioni commerciali. Nello stesso anno sono state organizzate visite a 60 produttori partner nei tre continenti e a 34 di loro sono state fornite indicazioni per il miglioramento dei prodotti esistenti, lo sviluppo di nuove produzioni o l’ottenimento della certificazione biologica.
Accanto alla dimensione commerciale, Equo Garantito ha rafforzato anche i percorsi di formazione e educazione che si sono concretizzati nel 2018 in 6.800 ore di attività formative, informative ed educative con una spesa di 684.984 euro. “Con dedizione portiamo i temi della giustizia sociale, ambientale, economica, delle pari opportunità in un’ottica di educazione alla cittadinanza globale nei nostri contesti di riferimento”, scrive nel rapporto Marta Fracasso, la referente della sezione progetti e formazione Equo Garantito. “Le scuole, le piazze, le biblioteche, le botteghe del commercio equo e solidale, grazie all’impegno di operatori e volontari diventano il teatro della nostra rivoluzione”. Nel corso del 2019, grazie a due diversi progetti finanziati dall’Agenzia italiana della cooperazione allo sviluppo di cui Equo Garantito è parte, sono state realizzate attività educative come laboratori scolastici, laboratori di cittadinanza attiva, formazione e stage per cittadini migranti nelle Botteghe del Mondo e corsi di formazione per docenti ed educatori in Veneto, Liguria, Marche, Emilia Romagna ed Umbria.
Il rapporto sottolinea come il commercio equo e solidale di Equo Garantito sia un settore con una forte presenza di lavoratrici che costituiscono il 66% della forza lavoro ed il 35% delle presidenti, un dato superiore a quello nazionale dove, secondo i dati Censis sul 2019, le lavoratrici sono il 42,1% degli occupati e le manager sono solo il 27% dei dirigenti. Un dato confermato anche dal rapporto del Wto che specifica che, se nel commercio tradizionale le posizioni dirigenziali sono dominate dagli uomini, il 51% dei membri dei consigli di amministrazione delle imprese di commercio equo è donna rispetto al 12% nelle imprese tradizionali.
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