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Don Albino e il digiuno che illumina

Il fondatore dei Beati i costruttori di pace ha avviato -il 16 agosto- uno sciopero della fame a tempo indeterminato per protestare contro la devastazione ambientale del suo Veneto, distrutto dalle Grandi opere, e per protestare con il project financing (la "finanza di progetto"): "Questa iniziativa ha liberato il disagio e la sofferenza che vivono tantissime persone, che si danno da fare ma non incontrano modalità per interromperla" spiega ad Ae

Alle nove e mezza del mattino, la voce di Don Albino Bizzotto, è calma, e serena.
Il fondatore dell’associazione Beati i costruttori di pace mi chiede, però, di richiamarlo dopo due ore: “Stamani ho due lavori. Il primo è quello solito, dell’ascolto delle persone. Il secondo è il digiuno. E le due cose si intersecano”. Dal 16 agosto, Don Albino rifiuta il cibo, e -come spiega la lettera-manifesto pubblicata su beati.org– lo farà “a tempo indeterminato, per l’emergenza ambientale” in Veneto, la regione dove vive, opera e dove ha sede l’associazione. Non ha intenzione di smettere, almeno finché non glielo dirà il suo medico.  

“Sono passati otto giorni, e ciò che sta accadendo credo che sia molto interessante. Sto avendo numerosi riscontri, di persone che vengono qua, e via mail. Mi pare che questa iniziativa abbia liberato in tantissime persone il disagio e la sofferenza verso una devastazione del territorio che è generalizzata, e di fronte all’impossibilità di trovare modalità per interromperla.
Sento di aver acceso un cerino: ciò che le persone esprimono non è, solo, una solidarietà e affetto nei miei confronti, ma una condivisione. Hanno recepito perfettamente qual è il disagio, collegato -in particolare- ad interventi previsti dalla legge Obiettivo e al meccanismo del project financing”.

Tra gli incontri importanti di questi giorni, Don Albino cita la visita di Piera Moro, sindaco di Marano Vicentino, che guida un’amministrazione che sta cercando di bloccare una discarica di rifiuti speciali che insiste sulla falda acquifera -come abbiamo scritto su Ae 150-. “Ha deciso di avviare un digiuno prolungato, per dieci giorni, da fare insieme a tutta la Giunta comunale: è una proposta che ho fatto ‘girare’, tramite una lettera, perché credo che se qualcuno ‘fa qualcosa’ nei luoghi più critici a livello ambientale questo costringa tutti gli altri a prendere posizione”.

Non ha bisogno di una mappa, Don Albino, per tracciare la geografia di queste emergenze ambientali (molte delle quali abbiamo raccontato su Ae negli ultimi anni, e ora anche tra le pagine di “Salviamo il paesaggio!”): “È una catena che non finisce mai: posso iniziare dal Mose, passare per i cantieri della Pedemontana Veneta, continuare a Verona con il traforo delle Torricelle, nel vicentino con la Valdastico Nord e la Valdastico Sud. C’è la Valsugana, con il traforo sotto il monte Grappa. Poi ci sono anche la Nogara-mare e la Mestre-Orte, e la continuazione dell’A28 oltre Cortina.
In tutto il Veneto ci sono 15 progetti di strade e autostrade, in project financing. Come se non bastasse, ci sono anche 4 o 5 nuovi poli ospedalieri, in testa quello di Padova, un progetto nuovo di zecca da quasi un miliardo di euro.
E il nuovo porto off shore per Venezia, Veneto City, Tessera City, il raddoppio dell’aeroporto di Venezia. ti basta?”, scherza.

“Il mio gesto un po’ estremo, lo so, sono otto giorni che non mangio, ma il digiuno ha due pregi -spiega: la prima è che non faccio pagare la mia scelta a nessuno, la seconda è che partendo da una situazione di debolezza e non di forza, io mi rivolgo agli altri non con pretese né con ordini, ma solo chiedendo accoglienza e aiuto”.
Illumina, l’azione di Don Albino, “una sofferenza, la volontà di vedere che nella pratica è possibile cambiare le cose”.

“Siamo di fronte a una grande contraddizione -spiega-: in questo momento, l’argomento ‘lavoro’ tira, è una chiave di soluzione della crisi. Purtroppo, pare che non conosciamo nessun altro modello economico. Mentre la necessità di mettere in sicurezza e tutela l’ambiente potrebbe portare ad inventare modelli di lavoro più diffusi, più concreti”.
Questo, però, “non può avvenire in una società fondata sulle grandi opere e non sui servizi sociali, sulla quantità di soldi a disposizione”.

Nell’agosto del 2009, Don Albino aveva già digiunato, contro la costruzione del Dal Molin a Vicenza: “La manifestazione del 4 luglio non era andata bene, il movimento e i comitati erano un po’ scoraggiati. Volevo dare un mio contributo, un po’ di fiducia: mostrare che le scelte vanno fatte, anche se si perde. Ci fu grande entusiasmo, la mia persona venne ‘inondata’ dalla partecipazione. Questo -spiega Don Albino- è servito anche a ricompattare il movimento. E Vicenza è molto attiva, sia nel dibattito che nell’intraprendere delle azioni”. Il prossimo 7 settembre, ci sarà la manifestazione “Vicenza libera dalle servitù militari”, che conclude le due settimane del festival “No Dal Molin”, che inizia il 23 agosto.

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