Diritti / Attualità
Difensori dei diritti umani, più di 300 assassinati nel 2017
Tra minacce, arresti arbitrari e intimidazioni ai danni degli attivisti, l’associazione Front Line Defenders traccia un quadro allarmante. In Brasile, Colombia, Messico e Filippine l’80% degli omicidi, il 67% è impegnato nel contesto di mega-progetti, attività estrattive e grandi attività economiche
Sono 312 i difensori dei diritti umani che hanno perso la vita nel corso del 2017. L’elenco con i loro nomi apre l’edizione 2017 del report annuale dell’associazione Front Line Defenders. L’80% degli omicidi è stato registrato in soli quattro Paesi: Brasile, Colombia, Messico e Filippine. Il 67% delle vittime era impegnato nella difesa della terra, dei diritti dei popoli indigeni “e quasi sempre nel contesto di mega-progetti, attività estrattive e grandi attività economiche”, si legge nel report.
Omicidi che in molti casi avrebbero potuto essere evitati: nell’84% dei casi di omicidio, rileva “Front Line Defenders”, le vittime erano state precedentemente oggetto di minacce. Che però non sono state prese in carico dalla polizia locale. Ad aggravare la situazione, il grande senso di impunità che circonda i crimini commessi ai danni dei difensori dei diritti umani: solo il 12% dei sospettati, infatti, è stato arrestato. Front Line Defenders evidenzia alcuni episodi significativi, tra cui un processo che si è concluso in Guatemala nell’aprile scorso: un tribunale ha assolto il capo della sicurezza di una miniera di proprietà della multinazionale canadese “Hudbay Minerals” per l’omicidio del leader indigeno Adolfo Ich e per aver sparato contro German Chub, un altro attivista, nel 2009. L’assoluzione -sottolinea Front Line Defenders- è arrivata nonostante le prove portate da un testimone e le evidenze dei test balistici. A rendere ancor più paradossale la situazione, il fatto che il giudice abbia chiesto l’imputazione per la vedova di Ich, accusandola di “ostruzionismo alla giustizia e falsificazione di informazioni”.
Questi numeri, però, rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più vasto e sfaccettato. I difensori dei diritti umani vengono minacciati, intimiditi, criminalizzati e delegittimati agli occhi delle loro comunità, sono fatti oggetto di calunnie e bersagliati da messaggi di odio (ad esempio campagne di mail bombing). Molti perdono il posto di lavoro e si trovano così impossibilitati a sostenere le proprie famiglie. Le donne, poi, subiscono frequenti minacce di stupro. In Bahrain, Ebtisam al-Saegh ha subito minacce di stupro da parte della polizia se non avesse posto fine alla sua attività di tutela dei diritti umani. “Successivamente ha subito violenze mentre si trovava in stato di arresto, apparentemente in rappresaglia per le sue attività”, si legge nel report.
Inoltre, in diversi Paesi le leggi anti-terrorismo e il ricorso prolungato allo stato di emergenza sono strumenti che permettono agli Stati di colpire i difensori dei diritti con particolare efficacia. Una situazione particolarmente evidente in Turchia, dove il prolungato stato di emergenza proclamato a metà 2016 ha portato all’arresto di centinaia di difensori dei diritti umani. Una decina quelli accusati di terrorismo. “In molti Paesi i governi e le forze di sicurezza restano indifferenti a minacce e attacchi nei confronti dei difensori dei diritti umani. Questo nel migliore dei casi -si legge nel report-. Nel peggiore dei casi sono esse stesse responsabili per questi omicidi”.
Per “Front Line Defenders” lo scenario politico globale è poco incoraggiante: preoccupa la situazione politica in Paesi come Egitto e Turchia, in molti stati dell’America meridionale, in Cina, in Russia e nelle Filippine. Nemmeno in Europa i difensori dei diritti possono essere considerati al sicuro. “I difensori di migranti e rifugiati sono stati presi di mira in Croazia, Francia, Grecia, Italia, Macedonia, Cipro, Serbia, Turchia e Ucraina”, denuncia l’associazione evidenziando come “una narrativa che collega i trafficanti alle Ong è stat diffusa per colpire i difensori dei diritti umani che aiutano i rifugiati”. Tra i difensori citati dal rapporto, il contadino francese Cedric Herrou condannato a quatto mesi di carcere con pena sospesa e Helena Maleno Garzón accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per il suo lavoro a supporto di migranti e rifugiati in Marocco. L’avvocato della donna, Mireille Damiano, ha ricevuto minacce di morte.
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