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Crisi climatica / Opinioni

Dal governo 200 milioni di euro a fondo perduto per impianti di risalita e innevamento artificiale

L'impianto di risalita di Monte Bove (sui monti Sibillini, in provincia di Macerata) è chiuso nel 1994 © Luca Martinelli

Senza considerare la riduzione delle precipitazioni nevose e la siccità già in inverno, il ministero del Turismo guidato da Daniela Santanché continua con l’accanimento terapeutico per sostenere lo sci di discesa. Dal 21 luglio l’esecutivo è pronto ad accogliere domande di finanziamento per distribuire i primi 30 milioni di euro

Dal 21 luglio il ministero del Turismo guidato da Daniela Santanchè è pronto ad accogliere domande di finanziamento per distribuire i primi 30 milioni di euro destinati alle imprese di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale. La misura ha una dotazione complessiva di 200 milioni di euro fino al 2026 ed è finalizzata a incrementare i flussi turistici nelle località montane e nei comprensori sciistici “mediante la realizzazione di interventi di ristrutturazione, ammodernamento e manutenzione degli impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale”, come spiega un comunicato diffuso dal ministero.

Santanchè ha assicurato che in questo modo intende sostenere “un asset portante del turismo italiano, favorendo l’attrattività turistica delle nostre montagne”, ma forse non ha chiaro il fatto che il numero di coloro che praticano lo sci da discesa nel nostro Paese è in calo, come spiega anche Marco Albino Ferrari nel libro “Assalto alle Alpi” (Einaudi, 2023).

Inoltre, il ministero sembra non tener conto del fatto che gli effetti dei cambiamenti climatici hanno già avuto effetti epocali sulle Alpi e sugli Appennini. Nell’ultima edizione aggiornata del dossierNevediversa”, Legambiente ha censito 249 impianti di risalita dismessi (15 in più rispetto al 2022), 138 temporaneamente chiusi (tre in più rispetto al 2022) e ben 181 sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ben 33 in più rispetto all’anno precedente. Quanti gestori di questi impianti congelati coglieranno l’occasione del fondo messo a disposizione dal ministero del Turismo per inseguire il sogno irrealizzabile di tornare a far funzionare le loro piste da sci, magari procedendo a “ristrutturazione, ammodernamento e manutenzione di sistemi che consentano l’innevamento delle piste quali vasche o bacini di approvvigionamento idrico e altre soluzioni innovative”?

Inoltre, attraverso l’utilizzo di immagini satellitari, Legambiente ha censito in montagna ben 142 bacini idrici artificiali ubicati in prossimità dei comprensori sciistici e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale, per una superficie totale stimata pari a 1.037.377 di metri quadrati. Il Trentino-Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia (17) e Piemonte (16). Mentre nell’Italia centrale l’Abruzzo è le Regione che ne conta di più (quattro).

Il lago Scaffaiolo si trova all’interno del comprensorio del Corno alle Scale sull’Appennino modenese. Un ecosistema fragile, minacciato dal progetto per la realizzazione di due nuovi impianti di risalita © Luca Martinelli

Il futuro non può essere all’insegna della neve artificiale, a causa della scarsità idrica: già nella primavera del 2023 la Provincia autonoma di Bolzano ha disposto un’ordinanza in base alla quale “qualsiasi tipo di innevamento tecnico è interdetto” a causa della siccità nel Bacino dell’Adige. “La crisi climatica è già sulle piste: la neve è finita, che ci piaccia o no“, scrivevamo sul numero di gennaio di Altreconomia, di fronte all’ennesima stagione invernale alimentata dalla neve artificiale.

Lo scorso inverno, il ministero del Turismo ha avviato un tavolo tecnico per l’emergenza legata alla mancanza di neve in Appennino. Proprio su questo aspetto Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, ha voluto “ribadire che avrebbe più senso investire risorse nell’adattamento e non nell’innevamento artificiale”. Dobbiamo essere consapevoli, ha aggiunto, che “con un clima sempre più caldo, nei prossimi anni andremo incontro a usi plurimi dell’acqua sempre più problematici e conflittuali”.

Santanchè però appare sorda. Non ha colto l’eco della manifestazione organizzata domenica 12 marzo in 12 località di otto Regioni italiane, quando oltre mille persone e più di quaranta realtà associative si sono mobilitate per chiedere di fermare la costruzione di nuovi impianti di risalita e immaginare una montagna che nei mesi invernali non sia solo sci da discesa, partecipando a un’iniziativa lanciata da “The outdoor manifesto”. Altre manifestazioni si sono svolte anche nel mese di giugno, quando attivisti toscani ed emiliani hanno manifestato insieme contro i due progetti insensati che riguardano il comprensorio del Corno alle Scale e che prevedono la realizzazione di due nuovi impianti di risalita che renderebbero fin troppo facile arrivare nell’area del lago Scaffaiolo, un ecosistema fragile ricompreso all’interno di un Sito d’interesse comunitario. Sono progetti finanziati dal 2016, quando al governo c’era Matteo Renzi e Luca Lotti era ministro del Turismo, d’intesa con i presidenti della Regione Toscana ed Emilia Romagna, che già allora era Stefano Bonaccini.

Senza voler dare nulla per scontato, aspettiamo la scadenza del bando ministeriale prevista per il 21 agosto, sperando di venire smentiti e di capire che la maggior parte dei fondi verrà utilizzata per la dismissione di qualche vecchio impianto di risalita, cosa tecnicamente ammissibile. Sono tanti davvero quelli candidabili, ma forse a livello simbolico potrebbe essere interessante smantellare l’infrastruttura che ingombra la valle glaciale del monte Bove, nel cuore del Parco nazionale dei Monti Sibillini: è chiusa da trent’anni.

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