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Covid-19 a Bergamo, il Tribunale dei ministri archivia: “Invalidata un’indagine durata tre anni”

© Isaac Quesada - Unsplash

Dopo Giuseppe Conte e Roberto Speranza, il Tribunale dei ministri di Brescia ha archiviato tutti gli indagati dalla Procura di Bergamo per i reati di epidemia colposa omissiva e omicidio colposo plurimo. “Una decisione che sa di politica”, spiega Consuelo Locati, del team legale dell’associazione dei familiari delle vittime

“È una decisione che sa di politica”. Non ha dubbi Consuelo Locati, del team legale dell’associazione #Sereniesempreuniti dei familiari delle vittime del Covid-19, commentando l’ultimo atto del Tribunale dei ministri di Brescia. Dopo Giuseppe Conte e Roberto Speranza -ex presidente del Consiglio ed ex ministro della Salute- sono stati archiviati, infatti, tutti gli indagati dalla Procura di Bergamo per i reati di epidemia colposa omissiva e omicidio colposo plurimo. “Come se non fosse successo niente -scrivono i familiari delle vittime- ma per noi restano colpevoli”.

Avvocato, che cosa indica l’ordinanza?
CL L’ordinanza si riferisce a tutte le posizioni dei membri del Comitato tecnico scientifico (Cts), oltre che ad altre posizioni, tra cui quella del presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, che secondo la Procura di Bergamo erano responsabili di omissioni tali da aver portato alla diffusione incontrollata del virus e poi a un eccesso di mortalità, soprattutto nel territorio bergamasco. Per tutti questi soggetti, secondo il Tribunale dei ministri, non è configurabile il reato di epidemia colposa omissiva impropria, né quello di omicidio colposo plurimo, in virtù del richiamo alla legge del 1929, promulgata in conseguenza della Spagnola del 1918, che prevede solo l’ipotesi di epidemia colposa conseguente a un’azione, non a un’omissione.

Quindi tutti gli indagati dalla Procura di Bergamo sono stati archiviati?
CL Solo quelli per le due fattispecie di reato sopra citate, che sono le più importanti. Invece, il Tribunale dei ministri, pur dicendo che il piano pandemico del 2006 era obsoleto e non serviva a contenere il virus, ha rimandato gli atti alla Procura di Bergamo per Gallera, Cajazzo, Borrelli, Brusaferro e D’Amario, per rifiuto di atti d’ufficio, ossia per la mancata attuazione del Piano pandemico nazionale del 2006 e del piano di prevenzione regionale lombardo da questo derivato. Una situazione al limite dell’inverosimile. Poi, restano gli indagati per la gestione di Ats Bergamo e dell’ospedale di Alzano Lombardo.

Il Tribunale dei ministri non dovrebbe essere competente solo per i politici?
CL Sì. Invece, si sono ritenuti competenti anche per i tecnici, sulla base di un’interpretazione del concetto e dei termini di “connessione e cooperazione”. Siccome i tecnici hanno operato non autonomamente, ma come se ci fosse un unico progetto -dicono-, le loro posizioni vengono considerate connesse e quindi il Tribunale risulta competente anche per loro.

Che conclusioni trae da questa ordinanza e prima dall’archiviazione di Conte e Speranza?
CL
Che la prevenzione in Italia non esiste. Che la violazione delle leggi anche sovranazionali che imporrebbero la prevenzione -mi riferisco alla decisione del Parlamento europeo del 2013, vincolante per l’Italia- non comporta alcun tipo di responsabilità. Che l’autorità giudiziaria non può indagare sulle responsabilità politiche, perché ritenute conseguenza di scelte politiche, senza considerare che le decisioni prese nel periodo emergenziale pandemico derivavano dalla pregressa impreparazione. Le decisioni erano conseguenti, cioè, alla mancanza di strumenti che avremmo dovuto avere. I giudici ci devono spiegare se questa è una scelta. In ogni caso, è ciò che emerge dalle tre ordinanze del Tribunale dei ministri, due di Brescia e una di Roma. Conte e Speranza hanno parlato di “tsunami”, per cui non potevano essere responsabili, sebbene questa sia stata la pandemia più annunciata della storia. Il problema è che non eravamo pronti, tant’è che, con il rinvio delle posizioni per la mancata attuazione del piano pandemico, lo confermano. Oggi risulta, invece, che non ci sono responsabili, perché una legge del 1929 non prevede il reato di epidemia colposa omissiva impropria. 

Che cosa pensate di fare ora?
CL In Italia non si può fare più nulla, l’ordinanza del Tribunale dei ministri è inappellabile. Faremo sicuramente altre azioni al di fuori del territorio italiano e proseguiremo comunque nella causa civile. Il rinvio degli atti alla Procura di Bergamo, per una parte degli indagati, è comunque un ulteriore elemento della fondatezza di quello che sosteniamo. 

L’indagine della Procura di Bergamo è stata di fatto invalidata?
CL Sì. Hanno invalidato un’indagine costata tre anni di lavoro, condotta da un pool di magistrati e di professionisti con molti anni di esperienza: leggere alcune considerazioni nelle ordinanze fa veramente senso e lascia profonda amarezza. Come se i magistrati avessero agito giusto perché dovevano farlo e superficialmente, senza fornire prove a sostegno delle loro conclusioni. È gravissimo quello che si legge. Per la parte penale restano attive solo figure marginali ed eventi che possono essere considerati appunto marginali, rispetto ai reati di pandemia e di omicidio. Se astrattamente questi indagati venissero ritenuti responsabili della mancata applicazione del piano pandemico nazionale e di quello regionale, che ha avuto come conseguenza il mancato intervento delle misure di contenimento, tra cui quella della zona rossa, comunque sia i responsabili non potrebbero essere indagati, perché archiviati. Suona tutto come una presa in giro degli inquirenti della Procura di Bergamo, di noi legali e soprattutto dei familiari delle vittime.

Non avevate considerato un possibile ricorso alla legge del 1929?
CL Sì, ma esiste anche una larga dottrina recente, molto imponente e che sta diventando maggioritaria, che ritiene che il reato di epidemia colposa possa essere configurato, invece, anche in forma omissiva impropria. 

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