Diritti / Opinioni
Corsa al vaccino anti-Covid-19: non è detto che vinca il migliore
Mentre la disuguaglianza pandemica si aggrava, la “gara” farmaceutica è segnata da propaganda e disimpegno degli Stati. La rubrica di Nicoletta Dentico
È il tema del momento e non possiamo non parlarne. Mi riferisco alla sfrenata corsa per lo sviluppo e la produzione del vaccino contro Covid-19. Chi arriverà per primo avrà in mano le sorti del Pianeta; è il clima che si respira in una competizione che è innanzitutto guerra di propaganda geopolitica fra governi, pericolosa perché foriera di false promesse, come ha denunciato su The Observer Jeremy Farrar, direttore della fondazione scientifica Welcome Trust. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha proclamato che la superiorità tecnologica americana renderà disponibile il vaccino made in Usa il primo novembre. Guarda caso due giorni prima del voto. La competizione coinvolge anche il mondo della scienza e i giganti farmaceutici che lo controllano.
Ogni passaggio di fase nello studio clinico fa schizzare le quotazioni in borsa delle aziende e questo è precisamente l’effetto desiderato. Del resto, una mobilitazione scientifica tanto globale contro lo stesso patogeno non si era mai vista: oltre 120 progetti di ricerca di cui 24 in fase uno (che verifica la sicurezza su un numero limitato di persone), 14 in fase due (di ampliamento dello studio), nove in fase tre (per testare l’efficacia sui grandi numeri). Tre vaccini sono stati già approvati per uso limitato in Cina e Russia. Per fermare la diffusione di Sars-Cov-2 il vaccino è una strategia indispensabile e dunque occorre garantire un accesso rapido per tutti, quando questo vaccino ci sarà. Infatti la questione non è solo svilupparlo, ma anche produrlo in quantità sufficienti e distribuirlo equamente. Non uno scherzo. Si fa tanto parlare del “vaccino dei popoli” (come richiesto in un appello firmato da 140 esperti e leader mondiali a maggio) ma l’impianto della ricerca contro Covid-19 replica il classico modello proprietario volto all’acquisizione del brevetto e del potere di monopolio che esso conferisce. Ognuno usa la tecnologia che ha sviluppato, coperta dal segreto brevettuale. Dalla battaglia contro l’HIV/Aids in poi, la storia insegna che questo approccio non corrisponde all’aspirazione dell’accesso universale per tutti. I governi, che pure sostengono con iniezioni di fondi senza precedenti la gara scientifica al vaccino, hanno sostanzialmente adottato una politica di laissez-faire, lasciando che i singoli consorzi concorrano con i rispettivi candidati vaccini per passare il vaglio delle agenzie regolatorie, dando per scontato che il vincitore della gara sia anche il migliore.
2 miliardi di dosi di vaccino anti-Covid-19 devono essere prodotte e distribuite entro il 2021, da somministrare equamente al 20% delle fasce di popolazione identificate come più a rischio, secondo il piano di cooperazione internazionale Covid-19 Global Vaccine Access Facility (Covax Facility)
Ma è davvero così? Non è affatto detto. La realtà è che il vaccino che tiene il mondo con il fiato sospeso non garantirà la soluzione magica proprio per effetto combinato dell’urgenza sanitaria e della gestione proprietaria della conoscenza. La scienza avanza davvero quando la conoscenza è condivisa, quando cioè si genera un’intelligenza collettiva che evita di ripetere gli errori già commessi. Inoltre servono i giusti antigeni, serve un modo di distribuzione sicuro e adattabile ai diversi contesti, servono condizioni eque di accesso e tutti gli elementi capaci di indurre un’efficace risposta immunitaria. Niente di tutto questo è stato pensato per il vaccino contro Covid-19, malgrado alcune proposte concrete di scienziati e dell’Organizzazione mondiale della Sanità. La rivista Nature, parlando di “ineguale arrampicata”, denuncia che i Paesi ricchi hanno pre-ordinato per sé oltre due miliardi di dosi mentre Covax Facility, l’iniziativa internazionale per i vaccini a basso costo per i Paesi a medio e basso reddito, resta al palo con sole 300 milioni di ordinazioni per tutto il Sud globale. La disuguaglianza pandemica si aggrava con Covid-19. Sembra che nessuno corra ai rimedi.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development
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