Diritti / Inchiesta
Come sta cambiando lo sfruttamento delle vittime di tratta
La prostituzione non rappresenta più l’unica forma di costrizione per le donne nigeriane. Che vengono utilizzate dai cult criminali per commettere altri reati. Dal traffico di stupefacenti al riciclaggio
Blessing è una giovane donna di origine nigeriana accolta in un centro per vittime di tratta a Marsiglia. A inizio 2022 ha denunciato la sua madame, la donna che ha organizzato il suo trasferimento in Europa, tramite la rotta libica, per poi obbligarla a prostituirsi in Francia, per restituire il suo “debito”. Nel centro in cui è accolta è arrivata però una notifica dal Tribunale locale: la donna è stata infatti denunciata a sua volta da una connazionale perché, qualche mese prima, avrebbe distribuito documenti falsi in Italia, nei pressi di Ventimiglia, a pochi chilometri dal confine italo francese. La storia della giovane non è un caso isolato. Dal traffico di sostanze stupefacenti al trasferimento di denaro, fino alla vendita di documenti falsi, le nuove forme di sfruttamento in cui sono impiegate le vittime di tratta segue l’evoluzione delle organizzazioni criminali nigeriane.
“Se fino a meno di due anni fa i modelli di sfruttamento erano chiari e si pensava di conoscere bene il sistema, adesso ci troviamo in una situazione di grande incognita”, spiega Federica Marengo, coordinatrice del dispositivo nazionale Ac.Sé che si occupa di tratta degli esseri umani a Nizza. Dal 2015 in avanti, infatti, le vittime di tratta nigeriane giungevano in Italia, tramite la rotta libica, per poi essere prelevate dai centri di accoglienza e “destinate” alle madame, presenti sia sul territorio italiano sia nei Paesi confinanti, che le obbligavano a prostituirsi in strada fino al “saldo” del debito contratto per venire in Europa (in media di 25mila euro).
Oggi gli arrivi sono diminuiti. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno tra il 2014 e il 2017 sono sbarcate in Italia 23.521 donne di origine nigeriana, nei quattro anni successivi (2018-2021) il numero si è invece fermato a 662. Allo stesso modo, le statistiche fornite dal Numero verde antitratta segnalano una diminuzione delle presenze in strada. Nel maggio 2017 le donne “africane” -prevalentemente di origine nigeriana- rappresentavano il 44% delle prostitute in strada, con numeri simili alle donne “europee” (48%). Mentre nel novembre 2021 erano rispettivamente il 22% e il 72%. Dalla diminuzione degli arrivi e delle presenze in strada sembrerebbe che il fenomeno dello sfruttamento delle donne nigeriane si sia quindi esaurito. Alcune tendenze suggeriscono invece un’evoluzione delle organizzazioni criminali: lo sfruttamento non è finito, sta cambiando.
Tra il 2020 e il 2021 gli enti anti-tratta italiani hanno infatti registrato un aumento dei flussi di ritorno di donne nigeriane da Francia e Germania verso l’Italia. Movimenti secondari apparentemente liberi ma che accendono una “spia” agli occhi degli operatori. “Se prima del 2020 eravamo prevalentemente noi a chiamare gli enti italiani per chiedere informazioni su persone che accoglievamo ed erano transtate per l’Italia, dalla fine dell’anno si è incrementato il fenomeno opposto -spiega Roberta De Rosas, operatrice dell’associazione Autres Regards che si occupa di tratta degli esseri umani su Marsiglia-. Gli operatori italiani ci chiamavano per chiedere a noi informazioni sulle persone che erano rientrate”.
“Le donne di origine nigeriana sbarcate in Italia tra il 2018 e il 2021 sono state 662 in base ai dati forniti dal ministero dell’Interno. Nei quattro anni precedenti (tra il 2014 e il 2017) erano state più di 23mila”
Un “rientro” osservato anche dalle istituzioni territoriali italiane. “Numeri mai visti prima”, dice Salvatore Bottari, funzionario dell’Ufficio stranieri del Comune di Torino. Tra il 2020 e il 2021 l’Ufficio ha cominciato a tenere traccia dei nuclei familiari che chiedevano sostegno con il dato disaggregato per nazionalità e Paese di provenienza a causa dell’aumento degli arrivi. Nel biennio 2020-2021 dalla Francia sono rientrati 24 nuclei nigeriani “mamma-bambino” (42 minori in totale); dalla Germania 68 nuclei monoparentali con 114 minori. Se i nuclei che chiedono sostegno sono prevalentemente mamme con bambini e non denunciano esplicitamente storie di tratta e “controllo” da parte della rete criminale, sia dal lato italiano sia da quello francese, gli operatori osservano però la presenza di uomini che, senza dare nell’occhio, accompagnano le donne da un Paese all’altro. “L’unica ‘costante’ nei movimenti secondari è la presenza di uomini -continua Marengo-. Compagni, connazionali, che in certi casi abbiamo visto essere legati più o meno strettamente con le gang nigeriane di Marsiglia, Lione e qui a Nizza”.
Le gang sono i cosiddetti cult o confraternite. Nate negli anni Novanta in Nigeria come associazioni segrete di studenti universitari con l’obiettivo di combattere discriminazioni e abusi di potere delle autorità, si sono evolute trasformandosi in potenti organizzazioni criminali. Black axe, Eiye, Maphite e Vikings sono quelle più diffuse in Europa. Anche in Italia, dove l’attività di polizia, fin dal 2012, ha permesso di smantellare diverse organizzazioni mafiose nigeriane presenti sul territorio. Tra le più importanti operazioni degli ultimi anni c’è “Pesha”, portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila sotto il coordinamento del sostituto procuratore David Mancini. Iniziate nel luglio 2018, le indagini hanno portato a scoprire l’esistenza di una cellula locale -chiamata appunto “Pesha”- e si sono concretizzate nel luglio 2020 in 19 fermi nei confronti di cittadini nigeriani con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.
“L’unica ‘costante’ nei movimenti secondari è la presenza di uomini. Che in certi casi abbiamo visto essere legati con le gang nigeriane” – Federica Marengo
“In questa attività di indagine siamo venuti in possesso di documenti audio che descrivevano una costellazione di cellule territoriali, individuate dagli aderenti al cult della Supreme eyie confraternity con il nome di nest (nidi, ndr) ognuna delle quali con un gruppo dirigente e un ‘capo’ che a sua volta fa parte di organismi nazionali e poi internazionali -spiega Mancini ad Altreconomia-. Se questo è il panorama di riferimento è chiaro che il movimento Italia-Francia e Italia-Germania è presente perché nasce dal radicamento territoriale di queste organizzazioni che sono in costante contatto tra loro. In questo senso il panorama si è evoluto in modo più complicato rispetto a quello che potevamo registrare vent’anni fa. Prima seguiva lo schema dello scambio di vittime tra madame, adesso da qualche tempo sono coinvolti i cult che sono protagonisti di questi ‘passaggi’”. Non solo.
“Le donne non praticano più ‘solo’ la prostituzione ma vengono sfruttate anche in altri modi. Parliamo di accattonaggio, traffici illeciti o riciclaggio, nel senso che spesso anche le vittime sono impiegate come collettori di denaro che deve essere racimolato e trasportato in Nigeria -continua Mancini-. In ‘Pesha’ si è ricostruito che un gruppo di circa dieci persone, con l’aiuto di donne, aveva portato nel Paese d’origine circa sette milioni di euro in un anno. In questo scenario le vittime fanno sempre capo a una madame, un controllore o un fidanzato. Ma si muovono anche sotto il ‘cappello’ dei cult che creano una sorta di sistema di controllo che gestisce tutto ciò che accade sul territorio. La ‘vittima’ non deve solo lavorare nel settore in cui è sfruttata e per cui deve restituire il debito con gli sfruttatori, ma deve anche rendersi disponibile per collaborare agli affari che i membri dei cult svolgono su un determinato territorio come il traffico di stupefacenti, il riciclaggio e le truffe online. Per questo è doppiamente vulnerabile”. Anche a Marsiglia e a Nizza la presenza dei cult è molto forte. “Il ruolo delle madame resta centrale ma spesso capita che queste siano fidanzate con i cultisti e il controllo diventa ‘perfetto’. Gli uomini controllano su ordine della sfruttatrice le donne. E poi magari chiedono loro di trasportare sostanze o commettere altri illeciti”, continua De Rosas.
19 cittadini di origine nigeriana sono stati fermati dalla polizia italiana nel luglio 2020 nell’ambito di un’inchiesta -denominata “Pesha”- condotta dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila. L’accusa nei loro confronti è associazione a delinquere di stampo mafioso
In questo quadro Ventimiglia è la “porta” da cui transitano le persone, in ingresso e in uscita. Non a caso Blessing è stata denunciata perché avrebbe distribuito documenti falsi proprio nella cittadina di confine. Secondo dati forniti dal ministero dell’Interno ad Altreconomia il numero di donne di origine nigeriana respinte dalla Francia verso l’Italia -ovvero intercettate dalla polizia senza un regolare documento di attraversamento- ha registrato un “picco” massimo nel 2018 (con 350 persone) per poi diminuire e stabilizzarsi nel 2020 (106) e nel 2021 (153). Questi dati suggeriscono, da un lato, il movimento delle donne che raggiungevano le loro sfruttatrici sul territorio francese tra il 2016 e il 2018 ma anche una diversa modalità di attraversamento della frontiera che si è sviluppata negli ultimi anni non rilevata dalla polizia.
“Il ruolo delle madame resta centrale ma spesso capita che queste siano fidanzate con i cultisti e il controllo diventi ‘perfetto’” – Roberta De Rosas
I dati delle Ong attive a Ventimiglia parlano infatti di un flusso mensile in media di 150 donne riconducibili a situazioni di tratta. Secondo i dati forniti da Caritas Intemelia, nel 2021 i “contatti” con potenziali vittime di tratta sono stati 453, di queste 325 donne di origine nigeriana. Un numero molto più alto di quelle intercettate dalla polizia. “I passeur assumono quindi un ruolo sempre più importante nell’attraversamento del confine di Ventimiglia. Ma la rete di ‘contrabbando’ dei migranti è diversa da quella delle donne che seguono canali diversi”, spiega Christian Papini direttore di Caritas Intemelia. I passaggi, secondo diversi operatori del luogo, avvengono soprattutto in macchina o in taxi (per circa 300 euro). Canali diversi seguiti sia in uscita che in ingresso.
“Movimenti indotti”, secondo il sostituto procuratore Mancini rispetto a cui gli enti antitratta italiani si stanno interrogando. Nel rapporto “Piccoli schiavi invisibili”, pubblicato da Save the children nel luglio 2021, veniva già evidenziato questo fenomeno legato al ritorno in Italia di donne nigeriane da Francia e Germania, con gli operatori antitratta che sottolineavano il rientro di donne sul territorio in base al Regolamento di Dublino, che prevede che la richiesta d’asilo di una persona venga esaminata nel primo Paese europeo in cui è stata registrata. Quindi il rientro veniva apparentemente giustificato dalla “stretta” dei governi dei Paesi che si affacciano sull’Italia. Con riferimento alla Germania, però, i dati ottenuti da Altreconomia dimostrano la diminuzione delle richieste da parte delle autorità tedesche di trasferimenti per donne di origine nigeriana verso l’Italia. Si passa infatti dalle 1.613 del 2019 alle 169 del 2021. Allo stesso modo, i trasferimenti effettuati diminuiscono dai 119 del 2019 ai soli otto del 2020. In questo scenario di indeterminatezza, tra presunti movimenti liberi e indotti, è certo che le donne che rientrano vivono spesso una condizione di vulnerabilità. Un campanello d’allarme per gli operatori antitratta: “Non dimentichiamoci che c’è anche la volontà delle donne di muoversi -precisa Marengo-. Chi è arrivato minorenne in Europa e ora ha 20 anni, non ha una situazione psicologica stabile e non ha avuto accesso ad adeguate forme di protezione sociale. Quindi le persone si muovono avanti e indietro a volte anche senza un progetto. Ci sarà una rete ‘criminale’, certo, ma ci sono anche le conseguenze di una situazione di presa in carico fuori tempo massimo”. Certo è che la vulnerabilità sociale delle persone resta il campo dei migliori affari per le organizzazioni criminali.
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