Diritti / Approfondimento
Chi ha ostacolato la protezione speciale
A due anni dalla sua introduzione l’istituto erede della cancellata protezione umanitaria è ancora alla ricerca di una disciplina unitaria. E per tutto il 2021 ha dovuto superare le interpretazioni illegittime del Viminale. Dati inediti delle questure lo dimostrano
C’è una riforma “epocale” del diritto degli stranieri in Italia che risale a fine 2020 e che è stata ostacolata dal ministero dell’Interno: è quella della protezione speciale, introdotta per decreto (130) due anni fa sulle macerie lasciate dal primo “Decreto Salvini” (113/2018, Governo Conte I), quello che tra le altre cose aveva abrogato la protezione umanitaria. Perché fu un passaggio “epocale” lo ricorda Livio Neri, avvocato e socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, autore per la rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza (Fascicolo 3/2022) di un dettagliato saggio a riguardo.
“Si riconobbe che il diritto al soggiorno sul territorio nazionale può essere un diritto che si matura con il tempo, grazie alle proprie relazioni familiari, al proprio inserimento sociale e lavorativo e all’indebolirsi dei legami sociali, culturali e familiari nel Paese di provenienza -osserva Neri-. E anche quando questo impoverimento non conduca in alcun modo a esiti che possano configurarsi come atti persecutori o danno grave tali da giustificare la presentazione di una domanda di protezione internazionale”.
Tradotto: per la prima volta il legislatore accettò di mettere in discussione le fragili basi del diritto degli stranieri, quelle per cui, come ricorda Neri, per “soggiornare regolarmente e stabilmente sul territorio nazionale il cittadino di Paese terzo deve farvi ingresso regolarmente”, o chiedendo un visto per motivi di lavoro all’interno delle limitate ed eventuali quote (un “simulacro”, riflette l’avvocato) oppure infilandosi nella complessa procedura del ricongiungimento familiare. È noto che la rigidità del sistema di regolamentazione degli ingressi sul territorio ha portato in questi anni alla creazione di quelli che l’avvocato dell’Asgi chiama “canali paralleli per la regolazione degli ingressi e del soggiorno sul territorio nazionale”.
Alternative di fatto in una cornice di pura ipocrisia istituzionale. Si tratta dei provvedimenti di sanatoria ed emersione da un lato e dell’accesso alla domanda di protezione internazionale dall’altro (iter tutt’altro che in discesa, come mostrato, da ultimo, nella nostra inchiesta sugli ostacoli posti dalle questure all’accesso alla procedura pubblicata su Altreconomia di novembre). Ed è qui che la protezione speciale di fine 2020 -ereditando quelli che Neri definisce “i più avanzati approdi giurisprudenziali e dottrinali” della fu protezione umanitaria cancellata dal Conte I- aveva rivoluzionato il sistema, introducendo un meccanismo di “regolarizzazione a regime”.
“È come se la prima volta il legislatore italiano avesse accettato di fare i conti con migliaia di cittadini stranieri senza permesso o con permessi precari” – Livio Neri
“È come se la prima volta il legislatore italiano avesse accettato di fare i conti con migliaia di cittadini stranieri senza permesso o con permessi precari. E avesse deciso di non dare la solita ‘risposta’ fatta di espulsioni gridate, sanatorie pasticciate o impliciti inviti a presentare domanda di asilo, quanto invece una tutta nuova, finalizzata a valutare caso per caso, approfondendo gli elementi di integrazione sociale, familiare, lavorativa, durata del soggiorno”. Come accedere a questa forma di protezione? La norma indicava due strade: o congiuntamente alla domanda di protezione internazionale o con istanza rivolta direttamente al questore. Due vie che avrebbero dovuto portare però al medesimo risultato, senza discriminazioni. Ed è (anche) in questo punto del percorso che il ministero dell’Interno ha seminato ostacoli. Lo ha fatto ad esempio con la circolare del 19 marzo 2021, quando ha escluso la possibilità di rivolgere direttamente l’istanza al questore per ottenere il permesso e restringendo così il canale di accesso al solo iter dell’asilo. “Un canale di regolarizzazione permanente è stato depotenziato da interpretazioni ministeriali scorrette e non compatibili con la legge”, ricorda Livio Neri.
Si è perso un anno e lo dimostrano i dati che abbiamo ottenuto da oltre 60 questure a seguito di un accesso civico. Su 63 uffici esaminati si è passati infatti da 1.628 istanze dirette al questore per protezione speciale in tutto il 2021 a 6.798 nel primo semestre del 2022: +317% (e in sei mesi su 12). Questo sofferto avvio della macchina non deve però trarre in inganno: restano infatti le gravi lacune e disomogeneità rispetto alle procedure per l’accesso ed è ancora carente la disciplina della condizione giuridica del richiedente la protezione speciale e poi del titolare. “La speranza è che il legislatore intervenga per fare chiarezza”, osserva Neri, con il fondato timore che possa avvenire il contrario.
© riproduzione riservata