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Diritti / Attualità

Richiedenti asilo: il decreto Salvini stravolge protezione e accoglienza

Il 6 settembre è stata pubblicata la bozza di provvedimento del governo in tema di immigrazione e protezione internazionale. Il preannunciato “giro di vite” del ministro dell’Interno è confermato in tutta la sua durezza. La “protezione umanitaria” è abrogata e il modello diffuso di accoglienza e protezione Sprar -dal quale sono esclusi i richiedenti asilo- non svolgerà più le stesse funzioni. “Si apre uno scenario inquietante”, commenta Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale Sprar

Nel primo pomeriggio di giovedì 6 settembre l’agenzia di stampa Adnkronos ha pubblicato la bozza del decreto legge -e dell’allegata relazione illustrativa- con cui il governo Conte ha deciso di intervenire nel campo del “riconoscimento della protezione internazionale” e “delle forme di tutela complementare”.

Il preannunciato “giro di vite” del ministro dell’Interno Matteo Salvini è confermato in tutta la sua durezza. Quindici articoli che riguardano materie diverse: dall'”immigrazione” alla “protezione internazionale”, dalla “cittadinanza” alla “giustizia”. Il punto di partenza è il contrasto al “possibile ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale”. Un approccio che però è smentito dai fatti: sommando agli esiti positivi delle Commissioni territoriali i tassi di accoglimento risultanti dalla rilevazione statistica del ministero della Giustizia relativi al 2017 -come ha spiegato in più di un’occasione Monia Giovannetti, responsabile del Dipartimento studi e ricerche di Cittalia-Fondazione Anci-, si può stabilire che in definitiva sono almeno 65 su 100 le persone alle quali viene riconosciuta una qualche forma di protezione al termine dei procedimenti giudiziari. Altro che “i rifugiati veri sono 7 su 100”, come va dicendo Salvini.

In forza di questi deboli assunti, il governo intende perciò cancellare “di fatto” il permesso di soggiorno per motivi umanitari (permesso che ha interessato circa il 28% del totale dei casi esaminati nei primi cinque mesi del 2018), introducendo al loro posto “casi speciali” di tutela anche per chi dovesse trovarsi “in condizioni di salute di eccezionale gravità”. “Circoscrivendo” così l’attività delle Commissioni territoriali al solo “riconoscimento della protezione internazionale”. “Si tratta di una riforma che spazza via il testo dell’articolo 5 comma 6 del Testo unico sull’immigrazione in vigore da vent’anni (1998) -segnala Gianfranco Schiavone di Asgi- aprendo seri problemi in relazione all’effettivo rispetto (nel caso di approvazione della proposta governativa) del diritto d’asilo come concepito dall’articolo 10 della Costituzione”. La durata massima del trattenimento dei migranti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) è raddoppiata: da tre (fino) a sei mesi (intervento dai costi elevatissimi). Ma tra le novità più preoccupanti spicca lo stravolgimento dell’attuale percorso di accoglienza e protezione per i richiedenti asilo. L’odierna filiera che prevede il “transito” di questi dai centri emergenziali (Cas) al più strutturato sistema di protezione dello Sprar, è del tutto rovesciata. Secondo la legge in vigore (il decreto legislativo 142/2015), infatti, una volta fatta la richiesta di protezione internazionale, il migrante dovrebbe essere “trasferito nelle strutture” dello Sprar. E solo nel caso in cui non ci fosse posto, questo dovrebbe restare nei centri governativi per “il tempo strettamente necessario al trasferimento”.
Secondo il governo, invece, i richiedenti asilo potranno trovare accoglienza “esclusivamente” nei centri di accoglienza straordinaria. E quei richiedenti che si dovessero trovare già nello Sprar -ovvero il 40% dei 36mila posti, attualmente- sarebbero poi “progressivamente trasferiti” nelle strutture ad hoc. Sono state previste ulteriori risorse per i rimpatri con la “non esclusione” che il trattenimento dei cittadini di Paesi terzi possa essere disposto “in luoghi diversi da quelli all’uopo destinati”. Ampliato il “catalogo di reati” che destano “allarme sociale” e che, in caso di condanna definitiva, costituiscono motivo di “diniego o di revoca” dello status di rifugiato e di quello di beneficiario di protezione sussidiaria.
A una “procedura accelerata di frontiera” per la valutazione della domanda si riferisce l’articolo 8, destinato a colpire i migranti richiedenti asilo “fermati per avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera”.
E ancora all’articolo 9 è prevista per i richiedenti sottoposti a procedimento penale per reati che in caso di condanna definitiva possano comportare il “diniego della protezione internazionale”, la “sospensione dell’esame della domanda di protezione e l’obbligo di lasciare il territorio nazionale”. “Entro dodici mesi dalla sentenza definitiva di assoluzione, il richiedente potrà chiedere la riapertura del procedimento sospeso”, riporta la relazione.
L’articolo 12 della bozza stabilisce inoltre che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non possa più consentire l’iscrizione all’anagrafe. Motivazioni? “La precarietà del permesso per richiesta asilo” e la “necessità di definire preventivamente la condizione giuridica del richiedente”.

Il paradosso è che la notizia della bozza è giunta nel pieno della summer school di “Europasilo”, rete nazionale per il diritto d’asilo, in corso a Bologna dal 6 all’8 settembre e realizzata in collaborazione con il Servizio Centrale dello Sprar. Il titolo della tre giorni rivolta principalmente a operatori del settore è proprio “Accogliere come”.

“Non vi do buone notizie”, ha esordito Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale Sprar, nella “Sala 20 maggio 2012” della Regione Emilia-Romagna, gremita e di colpo ammutolita. “Quello che mi colpisce e preoccupa -ha aggiunto- è che fino a un anno fa potevamo raccontare la storia dello Sprar come una storia di grandissima e rapidissima evoluzione. Dalle poche migliaia di posti del 2013, infatti, siamo giunti agli attuali 36mila. Un risultato positivo frutto di una scelta e di una consapevolezza dell’efficacia di un modello di accoglienza qualitativa. Nessuno aveva mai messo in discussione ciò che facciamo e abbiamo fatto. Negli ultimi mesi però è cambiato tutto. Il primo forte segnale di cambiamento del clima è stata la mancata pubblicazione da parte del ministero dell’Interno della graduatoria dei progetti Sprar, pur prevista per legge entro il primo luglio. Il Viminale si è limitato a dire ‘non ci sono risorse’ ma di fatto è stato scelto di non riconoscere nuove proposte di progetti di accoglienza o gli stessi processi di acquisizione di progetti di accoglienza, il che prescinde dalla disponibilità di risorse finanziarie”. Poi è arrivata la bozza del decreto. “Stando alla versione in circolazione, lo Sprar potrà accogliere solo titolari di protezione internazionale -riflette Di Capua-. In questo modo si apre uno scenario inquietante di esclusione dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione umanitaria, con pesanti conseguenze sia per gli stessi sia per i comuni e i territori. Noi oggi abbiamo tantissimi ‘umanitari’, la maggior parte, e ancora molti richiedenti asilo. Circa il 60/70% dei presenti in totale”. E il tutto mentre viene “cancellata la previsione di una costante e regolare programmazione per l’ingresso di nuovi Comuni in quello che sarà l’ex Sprar” (Schiavone). La tesi di fondo è che non c’è bisogno di accedere più al sistema di protezione perché non ci sarà bisogno di posti.

Il tono di Di Capua è preoccupato. “Quello che lascia interdetti è il consenso che dà forza a una iniziativa politica come questa. Accontentarsi dello slogan protettivo e rassicurante ha ormai cancellato il tema dei diritti e del rispetto dei diritti, che sembra aver assunto un rilievo ininfluente e indifferente”.

“Qualora lo straniero abbia compiuto atti di particolare valore civile […] il ministro dell’Interno, su proposta del prefetto competente, autorizza il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno, salvo che ricorrano motivi per ritenere che lo straniero risulti pericoloso per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato” (dall’articolo 1 della bozza di decreto)

“Questa bozza di decreto rappresenta una profonda riforma dell’intero sistema di accoglienza -ha chiarito Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi e referente di Europasilo-. Si interviene sul decreto legislativo 142 e sul testo unico sull’immigrazione. Il sistema è stato ribaltato nelle sue finalità. Non vi è più l’assorbimento dei Cas nello Sprar ma il contrario. I sistemi tornano a essere due in questa proposta: l’accoglienza dei richiedenti nei CAS, i titolari altrove. L’ipotesi di veloce trasferimento nel sistema unico di protezione non c’è più e i richiedenti rimangono nei CAS. La protezione umanitaria non c’è più e la dicitura è cancellata in favore della dizione ‘casi speciali’, che evoca stagioni tristi. Dunque non è più nemmeno previsto un bando Sprar a cadenza regolare perché l’eventuale accesso alla rete, stavolta nelle sue finalità, diviene una ipotesi a totale discrezione dell’esecutivo. Lo Sprar, che non si chiamerà più tale e non svolgerà più le stesse funzioni, non è più il sistema unico di accoglienza previsto dalla norma vigente ma diventa un sistema residuale dentro un sistema complessivo che ha cambiato pelle: i centri per i richiedenti asilo tornano a funzionare come luoghi parcheggio, a scapito degli standard di qualità dell’accoglienza. Uno stravolgimento di scenario che rompe l’evoluzione degli ultimi 17 anni”.

Schiavone si è poi rivolto agli enti locali e ai gestori in sala. “Nessuno pensi di essere al riparo. Questo intervento prefigura la chiusura di progetti avviati, la modifica profonda dell’operato dello Sprar, la fine dell’allargamento della rete e così via. È il momento di fare qualcosa per evitare questo pauroso ritorno al passato, pur nella ristrettezza degli spazi di azione politica”.

Nella giornata di venerdì 7 settembre è prevista una riunione tra i ministeri competenti sulla bozza. Al tavolo non è stato invitato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).

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