Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Economia / Opinioni

“Bollette pazze” di luce e gas: ma è davvero colpa del “mercato libero”?

© arthur-lambillotte - Unsplash
© arthur-lambillotte - Unsplash

Le tariffe elevate dell’energia vengono attribuite alla fine della “maggior tutela”. Eppure il prezzo del gas è fissato per l’85-90% dai mercati finanziari, da Arera e dalle imposte (aumentate dal governo). Per tutelare davvero i consumatori gli andrebbe spiegato come non funziona il meccanismo. L’analisi di Remo Valsecchi

La questione delle bollette di energia, gas e luce, è l’argomento del giorno, tutti ne parlano e ne scrivono ma nessuno spiega come stanno veramente le cose. Sembra che la causa di tutto questo pasticcio che sta assillando famiglie e imprese sia il passaggio dal mercato tutelato a quello libero. Ma è vero?

Premessa che è utile ribadire: le utenze domestiche del mercato tutelato sono una minoranza, secondo l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), nel 2022, riguardava il 32,65% delle utenze singole e il 14,8% di condomini, e, probabilmente, in diminuzione ulteriore nel 2023.

Il passaggio dal regime tutelato al libero è, quindi, completamente estraneo rispetto a un costo eccessivo per le famiglie. È utile solo al sensazionalismo e a creare confusione e disinformazione lasciando gli utenti, terrorizzati, alla mercé di pratiche commerciali scorrette da parte dei 701 operatori. Troppi.

Sarebbe più opportuno spiegare che, di fatto, non esiste un mercato “libero” e nemmeno uno “tutelato” quando il prezzo, per l’85-90% è fissato dai mercati finanziari, da Arera -per il trasporto e la distribuzione- e dal governo -per quanto riguarda l’erario-. Pur irritando per l’onerosità, questa informazione tranquillizzerebbe gli utenti e faciliterebbe la ricerca di un fornitore con prezzi contenuti.

Per la fornitura di gas, ma anche di energia elettrica, si tratta, per l’utente, di controllare solo lo “spread”, ossia il costo che il fornitore aggiunge al prezzo del mercato finanziario e nelle offerte denominato in vari modi, e la quota fissa annuale, quelle evidenziate nella tabella che segue.

Le ragioni di un costo elevato che si riduce, pur diminuendo il costo del gas, sono altre. La tabella predisposta con consumi di 300 metri cubi standard (smc) e dati reali -i miei, a parte i consumi- lo spiega chiaramente, senza necessità di spendere parole inutili. Se il prezzo del gas si riduce di 116,71 euro al smc per effetto del prezzo all’ingrosso (Psv) ma le spese erariali e di sistema, estranee al costo del gas, aumentano di 114,02 euro per ogni metro cubo standard, la diminuzione totale è di soli 2,70 euro/smc. Cioè non c’è stata.

Sono queste le vere ragioni di un costo eccessivo e sono dovute proprio al Governo Meloni, che dal maggio 2023 ha pensato bene di ripristinare gli oneri di sistema, fissati in negativo dal precedente esecutivo, e aumentare l’Iva ordinaria dal 5% al 10% per i primi 480 smc e al 22% per i consumi superiori.

Nella tabella sopra l’Iva, peraltro calcolata anche sulle accise (una vergognosa duplicazione d’imposta, cioè un’imposta su un’imposta, che nessuno denuncia) è al 10%, ma da febbraio o marzo, quando i consumi progressivi saranno superiori a 480 smc, l’Iva aumenterà e la differenza sarà ancora maggiore per l’utente. A parità di consumi aggiungerà altri 30 euro. Possiamo già immaginare i titoli.

Il passaggio dal mercato tutelato a quello libero ha avuto perciò un maggior costo, pari a 15,30 euro/smc. Chissà perché i media, anche quelli nazionali, attribuiscono la responsabilità alla fine del mercato tutelato?

La tutela del consumatore si realizza a mio parere in un altro modo, garantendo un reale libero mercato dove gli utenti e la concorrenza sono i regolatori e non i mercati finanziari. Iniziando magari con lo sfoltire il numero di operatori. Non è infatti possibile che imprese completamente estranee al servizio si inventino venditori di gas e luce e che dieci operatori vendano il 75% del gas e gli altri 676 il restante 25%. Non è nemmeno accettabile che, nel 2022, il gas prodotto e importato sia stato di 67,7 miliardi di smc -fonte Arera- e che altrettanti siano stati ceduti agli utenti ma lo scambio commerciale, in volumi, sia stato 267,2 miliardi di smc. Quattro volte tanto. Tutto questo incide sul prezzo del Psv, o altri indici simili, ai quali l’utente non può opporsi e nemmeno gli consentono di cercare prezzi migliori stante il fatto che una sorta di “cartello” –la finanza– li ha unificati, compreso il mercato tutelato, in uno solo. E lo chiamano “garantire il mercato e la concorrenza” (lo abbiamo raccontato anche nell’inchiesta “È arrivata la bolletta” pubblicata su questi temi sul numero di dicembre scorso di Altreconomia).

L’altra forma di tutela per l’utente è assicurare l’equità, la chiarezza e la trasparenza delle tariffe. Come si conciliano questi principi con, ad esempio, le variazioni unilaterali che consentono agli operatori di cambiare le condizioni economiche contrattuali quando non sono profittevoli con una semplice comunicazione, senza nemmeno la certezza che l’utente l’abbia ricevuta? Nel Codice di condotta commerciale predisposto da Arera è stabilito che “fatta salva prova contraria, la suddetta comunicazione si presume ricevuta trascorsi dieci giorni dall’invio effettuato da parte del venditore”, cioè è sufficiente una “presunzione” per cambiare le tariffe senza che l’utente ne sia a conoscenza e possa opporsi o magari cambiare fornitore.

In questo paradossale meccanismo stanno certamente le bollette “pazze” con costo totale da tre a cinque euro al smc, tecnicamente impossibili se non nel caso di tariffe con il prezzo della materia prima fisso e modificato con le variazioni unilaterali nel periodo tra ottobre 2022 e aprile 2023, quando tali modifiche erano bloccate da una specifica norma del Governo Draghi.

L’utente, che avrebbe dovuto essere tutelato perché questo non avvenisse, non è nemmeno stato informato che, una volta consapevole, avrebbe potuto chiedere una modifica o cambiare il fornitore senza penali o sanzioni. Credere che questa informazione possa provenire da Arera è pura utopia, anche se la tutela dell’utente è una sua competenza. Perché non l’hanno fatto i media e le associazioni di consumatori invece di creare un finto scalpore che non aiuta minimamente l’utente? Perché non spiegare agli utenti che le tariffe a prezzo fisso del gas, in presenza delle variazioni unilaterali, sarebbe meglio lasciarle perdere?Meglio il prezzo variabile, che è inferiore, e il prezzo del mercato, il Psv, che sale e scende mentre con il prezzo fisso è sempre più alto.

Remo Valsecchi, già commercialista, è autore del nostro dossier “Carissimo gas” e coautore dell’inchiesta “È arrivata la bolletta” pubblicata su questi temi sul numero di dicembre di Altreconomia

 

 

 

 

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati