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Diritti / Approfondimento

“Asilo in Grecia: una chiusura annunciata”: come opera il laboratorio dei respingimenti

Una vista dall'esterno del nuovo “Closed controlled access center” di Samos. Fonte: Asgi

Il Paese è da tempo luogo di sperimentazione di strategie per contrastare i flussi delle persone in movimento. L’Asgi testimonia in un report frutto di un recente sopralluogo illegalità diffuse, tra respingimenti, ostacoli all’asilo, ricorso massiccio alla detenzione amministrativa. Da Chios a Samos, fino alle zone di Evros, Atene e Salonicco

“In Grecia è pienamente riuscito quell’esperimento che vedeva come obiettivo la riforma del diritto di asilo europeo in un’ottica di chiusura delle frontiere e come ‘cavie’ i cittadini migranti di Paesi terzi”, sintetizzano i curatori del reportAsilo in Grecia: una chiusura annunciata” pubblicato a febbraio 2023 dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) insieme a Spazi circolari, realtà che promuove il diritto alla libera circolazione internazionale.

Frutto di un sopralluogo effettuato nel giugno del 2022 nelle isole di Chios, Samos e Kos, lungo la frontiera terrestre turca, ad Atene e a Salonicco, il rapporto mostra le difficoltà e gli ostacoli incontrati dalle persone nel Paese nell’accesso alle procedure di protezione internazionale, nel frattempo soggette a respingimenti illegali verso la Turchia.

“Dal lavoro svolto emerge chiaramente l’esistenza di comportamenti e prassi contrastanti con la normativa europea e internazionale in materia di protezione, con una grave violazione dei diritti richiedenti asilo e delle persone in transito”, sono le conclusioni del report. Il tutto in un Paese nel quale nel 2021 le domande di asilo sono state 28.355 mentre tra febbraio e dicembre 2022 35.385 (37.375 a tutto il 2022, fonte Eurostat). Nulla di paragonabile rispetto a Germania (oltre 190mila nel 2021), Francia (oltre 120mila), Spagna (oltre 65mila), Italia (oltre 53mila, sempre nel 2021).

Gli ostacoli alle procedure di asilo sono un problema strutturale ed endemico in tutta la Grecia, dalle isole dell’Egeo alla regione di Evros, sulla terraferma. Le isole sono caratterizzate da una procedura automatica, se si escludono i casi sempre più frequenti di respingimenti. Chiunque giunga sulle isole viene trasferito nei centri per l’identificazione e la pre-registrazione della domanda di protezione. Tuttavia, denuncia l’Asgi, delle procedure di asilo rapide rischiano di condurre ad accertamenti sommari e affrettati che in molti casi ignorerebbero i diritti delle persone vulnerabili. Il breve tempo con cui viene analizzata la domanda di protezione, infatti, non sarebbe compatibile con le lunghe pratiche e valutazioni necessarie a vedersi riconoscere lo status di persona vulnerabile.

Il Centro di identificazione di Chios nel giugno 2022. Fonte: Asgi

Nella Grecia continentale, invece, presentare domanda di protezione è molto più complesso. I richiedenti dovrebbero registrarsi presso uno dei centri di identificazione e accoglienza e per farsi identificare. L’unico è quello di Fylakio, nella regione di Evros proprio lungo il confine con la Turchia. L’accesso a questa struttura, secondo le testimonianze, può esporre i richiedenti asilo a “un rischio molto elevato” di respingimento. La frontiera è strettamente sorvegliata da agenti di Frontex e militari e la probabilità di arresto di chi cerca di superare il confine molto elevata. Secondo le testimonianze, le persone fermate sono private dei propri beni e documenti, trasportati in luoghi di detenzione ignoti, sottoposte a percosse e intimidazioni sia fisiche sia verbali per poi venire respinte verso la Turchia. Il tutto senza ricevere assistenza, avere possibilità di accedere alle procedure di protezione o senza che venga rilasciato loro alcun verbale. I respingimenti non avvengono solo nella terraferma ma anche in mare e sono effettuati dalla Guardia costiera greca in collaborazione con Frontex, che possiede due navi nell’arcipelago. “I soggetti intervistati riferiscono l’uso di minaccia armata, sabotaggio dei gommoni e la creazione di onde per spingerli verso la Tirchia -scrive Asgi- Il 23 maggio 2022 si è verificato il respingimento di 590 persone su nove imbarcazioni”. Secondo la Ong norvegese Aegean Boat Report nel 2022 le autorità greche avrebbero respinto 988 imbarcazioni dirette sulle isole egee per un totale di 26.133 persone.

I cancelli di ingresso e le recinzioni
del Ccac di Samos. Fonte: Asgi

Inoltre, secondo i ricercatori di Asgi che hanno avuto accesso al centro di Fylakio, nonostante la struttura sia presentata come un centro aperto, di transito e libera circolazione, in realtà funge da struttura di detenzione. “Un’avvocata intervistata, che ha preferito rimanere anonima, conferma l’utilizzo della struttura come centro di detenzione pre-espulsione e riferisce che vi siano rinchiuse persone che non hanno presentato domanda di asilo o non sono riuscite a ottenerla”, affermano i ricercatori.

L’unica alternativa consiste nel denunciare il proprio status di irregolarità alle forze dell’ordine e farsi rilasciare una nota di polizia. La nota, che viene emessa solo dopo aver identificato una persona e averne registrato le impronte digitali in regime detentivo, concede un periodo di tempo di 25 giorni per lasciare il Paese, durante il quale il richiedente non può essere espulso o arrestato nuovamente. In quel periodo di tempo può rivolgersi all’Ufficio regionale per l’asilo e formulare una domanda di protezione internazionale, ma solo se questa intenzione viene riportata esplicitamente nel documento. L’annotazione di tale volontà, però, avviene su base totalmente arbitraria: le persone non vengono informate di questa possibilità e a volte la loro scelta non viene correttamente riportata.

Tale paradossale procedura non soltanto comporta, nella maggioranza dei casi, il trattenimento del richiedente per un lasso di tempo che varia discrezionalmente da pochi giorni a diversi mesi, ma non garantisce nemmeno l’effettiva presentazione della domanda. “La mancanza di una procedura lineare e garantita di accesso alla richiesta di protezione internazionale fa sì che la maggior parte delle persone che sono arrivate attraverso il confine terrestre permangano in uno stato di irregolarità indotta, restando bloccate in quello che gli operatori intervistati definiscono un vero e proprio ‘limbo legale’ -scrivono i ricercatori di Asgi-. Temono qualsiasi interazione con le autorità per paura di essere trattenute e deportate, e allo stesso tempo vengono informate che l’unica via percorribile per poter (forse) accedere alla richiesta di asilo è proprio quella di passare attraverso un trattenimento”.

Una vista dall’esterno del campo di Samos. Fonte: Asgi

Per le persone in transito esiste anche il rischio di venire arrestati con l’accusa di essere trafficanti (fenomeno presente anche lungo le coste italiane, come ha scritto Altreconomia anche a gennaio di quest’anno). Tale accusa viene formulata su basi molto spesso arbitrarie e i presunti scafisti vengono identificati in coloro che hanno guidato l’imbarcazione oppure sulla base dell’appartenenza a un’etnia differente. Secondo gli operatori intervistati a Samos, il 10% delle persone che sbarca sull’isola viene arrestato con questa accusa.

Il sopralluogo di Asgi ha riguardato anche i Centri di identificazione, sia quelli di Chios e di Fylakio sia quelli di Samos e Kos. Questi ultimi rappresentano il nuovo “modello” di gestione dei flussi migratori promossa dal governo greco. Si tratta di Closed controlled access center (Ccac), luoghi del tutto assimilabili a carceri progettati per svolgere simultaneamente sia i ruoli di centri di accoglienza e di identificazione, sia quelli di centri chiusi e di detenzione pre-respingimento. Nonostante siano presentati come strutture all’avanguardia, dalle interviste sono emerse numerose problematiche relative al loro totale isolamento rispetto ai centri abitati, alla mancanza di spazi verdi, di acqua corrente e all’impossibilità di spostarsi attraverso il trasporto pubblico locale.

Inoltre, le Ong che operano in difesa delle persone in transito subiscono restrizioni e limitazioni ad opera del governo. La legislazione greca, dal 2015, prevede l’obbligo di registrazione, presso il ministero delle Migrazioni e dell’Asilo, per tutte le organizzazioni che vogliono operare in ambito di asilo, immigrazione e inclusione sociale. Le Ong che non aderiscono sono limitate nella loro attività. La registrazione prevede la consegna di una copiosa documentazione sulle attività degli ultimi due anni e quindi esclude le Ong un periodo di attività inferiore. Tutti questi documenti vanno tradotti in greco, operazione che richiede tempi lunghi ed è economicamente onerosa. Questi requisiti costituiscono una barriera d’ingresso alle organizzazioni di piccole dimensioni. “Tutto ciò comporta che da una parte le Ong che hanno completato la procedura di registrazione devono assumere un comportamento apolitico e non operano più in aperto contrasto con il governo, in quanto effettivamente sottoposte a scrutinio da parte delle Autorità governative. Dall’altra le Organizzazioni che invece non compaiono nei registri sono fortemente limitate, in quanto le stesse continuano ad agire sul territorio correndo costantemente il rischio di essere costrette a interrompere le loro attività. Questo clima di generale criminalizzazione, come riferito, ha portato in entrambi i casi a limitare fortemente le attività in precedenza condotte sul territorio greco”, riferiscono le associazioni coinvolte.

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