Diritti / Opinioni
Asilo in Europa: la nuova inquietante “solidarietà”
Il Patto europeo prevede redistribuzioni volontarie e rimpatri accelerati. Il 2021 sarà difficile per i diritti, non solo dei rifugiati. La rubrica di Gianfranco Schiavone dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione
Sul numero di dicembre 2020 abbiamo esaminato cosa propone il nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo sulla “dimensione esterna” delle politiche della Ue. Vediamo ora in sintesi quali sono le proposte per la “dimensione interna” ovvero relative alla riforma del sistema europeo di asilo. La Commissione propone di ripartire dal negoziato avviato nella legislatura precedente (tra il 2016 e il 2018) sulla riforma delle Direttive “procedure”, “qualifiche”, “accoglienza”, sulla riforma della Agenzia Easo nonché sulla Direttiva “rimpatri”.
Il punto focale rimane tuttavia il superamento del Regolamento Dublino III; la Commissione ne prevede la abrogazione ma il sistema annunciato come nuovo consisterebbe solo in una rivisitazione del vecchio con conferma dei medesimi logori criteri attualmente vigenti, primo tra tutti quello della competenza all’esame della domanda da parte del primo Paese di ingresso. Si tratta di una prospettiva molto diversa dalla innovativa riforma votata dal Parlamento europeo a fine 2017 che prevedeva la ripartizione obbligatoria dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati sulla base di criteri predeterminati per legge e tenendo conto dell’esistenza di legami significativi che i richiedenti possono avere con un dato Paese europeo. Solo quest’ultimo aspetto viene parzialmente recuperato nella proposta di Patto (presenza di fratelli, precedenti titoli di studio o rapporti famigliari sorti nei Paesi di transito) mentre la redistribuzione dei richiedenti asilo rimarrebbe del tutto volontaria ad eccezione dei casi di eccessiva pressione su uno degli Stati membri e forse -il testo sul punto è volutamente ambiguo- anche nel caso di ingressi avvenuti a seguito di operazioni di soccorso in mare.
5.900: nei primi otto mesi del 2020 in Italia sono stati riconosciuti meno di 5.900 beneficiari fra status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione speciale (Fonte: Rapporto Fondazione Migrantes, 2020)
Ritenendo che il punto debole di tutto il sistema asilo europeo vada ricercato nelle frontiere esterne, il Patto propone l’adozione di una “procedura di frontiera fluida” da applicarsi a “tutti i cittadini di Paesi terzi che attraversano senza autorizzazione” e in ogni caso ai richiedenti “provenienti da Paesi con bassi tassi di riconoscimento”. Si tratterebbe di procedure accelerate, con garanzie procedurali molto ridotte che trasformerebbero i Paesi di primo ingresso, tra cui l’Italia, in una sorta di “Paesi-hotspot” caratterizzati da una massiccia presenza di richiedenti asilo (tutto l’opposto della redistribuzione) collocati in strutture altamente sorvegliate senza interazioni con l’esterno che possano favorire lo sviluppo di processi di inserimento sociale. Si tratta di quel cupo modello che sul numero 230 di Altreconomia ho definito della diffusione dei nuovi campi di confinamento in Europa. Per coloro la cui domanda è stata respinta si applicherebbe la “procedura unionale di rimpatrio alla frontiera” non essendo avvenuto alcun “ingresso legale nel territorio dello Stato membro”.
Gli Stati possono divenire responsabili, in termini logistici e finanziari, del rimpatrio di cittadini stranieri che si trovano in altri Paesi Ue ma se entro otto mesi il rimpatrio non è effettuato (si va dunque verso una nuova abnorme dilatazione dei tempi di trattenimento) allora lo Stato “sponsor” deve prendere in carico i migranti trasferendoli nel suo territorio. Come se fossimo in una sorta di mercato, accettare quote di richiedenti oppure pagare per non averne, o ancora pagare i rimpatri degli stranieri presenti in altri Stati sono le diverse formule in cui si declina una nuova e inquietante nozione di solidarietà che ritengo del tutto estranea a quella delineata dall’articolo 80 del Trattato sul funzionamento della Ue. Il 2021 si apre come anno veramente difficile non solo per l’attacco al diritto d’asilo ma perché è a rischio la generale tenuta dei valori stessi su cui si fonda l’Unione europea.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni nonché componente del direttivo dell’Asgi e presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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