Diritti / Opinioni
Anche il tempo libero è un diritto per le persone con disabilità
Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi ha analizzato i regolamenti per accedere a concerti ed eventi sportivi: le limitazioni imposte a chi una una disabilità motoria (ma non solo) nell’acquisto dei biglietti e l’obbligo di restare all’interno di aree pre-definite possono rappresentare forme di discriminazione
La Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità è un trattato internazionale finalizzato a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani. Con la ratifica da parte del Parlamento italiano il 24 febbraio 2009 la Convenzione è diventata legge dello Stato. Il Centro antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità vuole far conoscere a un pubblico più ampio possibile principi cardine della Convenzione la cui finalità è quella di “promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità”. Ecco il secondo di sei appuntamenti della rubrica sul sito di Altreconomia, curata a vario titolo da legali ed esperti in materia di diritto antidiscriminatorio. Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi è sostenuto da Fondazione Cariplo.
All’apertura della vendita dei biglietti di un grande evento (il concerto del proprio cantante preferito o la partita della squadra del cuore) una persona con disabilità in carrozzina sa che dovrà correre più di qualsiasi altra per potersi aggiudicare un biglietto. Ma i suoi sforzi, spesso, sono vani: quelli dedicati alle persone con disabilità, infatti, spariscono in pochi minuti. Negli ultimi anni diverse persone si sono rivolte al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA segnalando queste difficoltà. Così abbiamo deciso di esaminare i regolamenti per l’accredito delle persone con disabilità dei principali organizzatori di eventi e delle società sportive di Milano.
Quello che è emerso è, innanzitutto, che in occasione di ogni evento viene riservati alle persone con disabilità e ai loro accompagnatori un numero di posti “adeguato, ma necessariamente limitato” che però non viene comunicato dagli organizzatori. Se mai si dovessero chiedere spiegazioni, la risposta è che il numero dipende dal tipo di evento, dal luogo in cui si svolge o, più in generale, dalla normativa sulla sicurezza o da imposizioni esterne.
Inoltre, per accedere ai posti riservati, il richiedente con disabilità deve essere in possesso di una determinata percentuale di invalidità, deve presentare la richiesta a indirizzi di posta elettronica dedicati o ad appositi sistemi e fornire il verbale che attesta la sua condizione. Non è inusuale che già poco dopo l’apertura degli accrediti gli organizzatori comunichino l’esaurimento dei posti disponibili o che i sistemi blocchino nuove domande. Le richieste sembrano entrare in una graduatoria, di cui però non è dato conoscere né il funzionamento né la modalità di scorrimento. Se da una parte, l’ordine cronologico e la percentuale di invalidità costituiscono criterio quantomeno oggettivo, dall’altra, non è possibile sapere se ci siano altri criteri, e quali siano.
Inoltre, una persona con disabilità in carrozzina può partecipare a questo tipo di eventi solo se accreditata: se, ad esempio, compra un biglietto normale verrà fermata all’ingresso. Non mancano regolamenti che si riservano espressamente di “impedire l’accesso” nel caso in cui non sia stato fatto l’accredito per persona con disabilità. Anche se non viene previsto espressamente all’interno dei regolamenti che abbiamo preso in esame, è successo che a persona con disabilità sensoriali venisse negato l’ingresso a un evento perché non avevano seguito l’apposito iter di accreditamento. È capitato, ad esempio, nel giugno 2022 a un gruppo di amici ipovedenti a cui non è stato consentito acquistare i “normali” biglietti per assistere a uno spettacolo al Teatro Arcimboldi di Milano.
La persona con disabilità, inoltre, può seguire l’evento soltanto nel settore o nelle postazioni indicate dall’organizzatore: non può quindi scegliere liberamente come, dove e con chi partecipare ad un evento. Ed è quindi difficile che possa parteciparvi in compagnia di un gruppo di amici (con o senza disabilità)
Un ulteriore aspetto paradossale è dato dal fatto che la maggior parte dei regolamenti prevede la presenza di un accompagnatore, indipendentemente dal bisogno di assistenza. In altre parole: una persona con disabilità non può andare a un concerto o allo stadio da sola. L’accompagnatore, inoltre, deve essere maggiorenne: questo significa che una mamma con disabilità che condivide con la figlia ancora minorenne la passione per un cantante, dovrà aspettare il suo diciottesimo compleanno per poter andare al concerto insieme a lei.
Per esperienza diretta del nostro Centro Antidiscriminazione possiamo aggiungere un ulteriore elemento: oltre a essere maggiorenne, l’accompagnatore non deve avere a sua volta una disabilità. Un papà e un figlio entrambi con disabilità, ad esempio, non possono andare insieme a tifare la propria squadra perché agli occhi della società sportiva quel papà non è in grado di dare al figlio l’assistenza di cui necessita. Assistenza che, invece, nella vita di tutti i giorni, gli garantisce.
Anche se questo tema può sembrare marginale rispetto alle tante discriminazioni che le persone con disabilità affrontano nel corso della loro vita, la Convenzione delle Nazioni Unite dedica un articolo (il 30) proprio al loro diritto a partecipare alle attività ricreative, del tempo libero e sportive su base di eguaglianza con gli altri. Alla luce della Convenzione (ratificata dallo Stato italiano e quindi legge) le situazioni appena descritte possono infatti essere considerate discriminatorie nelle parti in cui non consentono alle persone con disabilità di acquistare un biglietto ordinario (come invece fanno tutte le altre) e di scegliere dove, come e con chi partecipare all’evento. Un ulteriore elemento discriminatorio è l’imposizione della presenza di un accompagnatore: questa previsione, oltre ad essere lesiva della dignità della persona con disabilità, non è più attuale dal momento che il binomio disabilità-bisogno di cura, è stato ampiamente superato. È auspicabile, invece, che sia la stessa persona con disabilità a indicare se con lei sarà presente un accompagnatore.
Sebbene non manchino segnali positivi, la strada verso una piena inclusione è ancora lunga perché offuscata da una visione non sempre attuale e stereotipata della disabilità. Gratuità e sconti non sono inclusione, non lo sono nemmeno le procedure di accreditamento o la separazione in aree dedicate. Inclusione significa pari opportunità, autodeterminazione e partecipazione.
Giulia Bassi è una dei legali del Cento Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. Offre assistenza legale con l’obiettivo di contrastare e ridurre le forme di discriminazione che, ancora oggi, rendono difficile la vita di tante persone e delle loro famiglie
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