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Economia / Opinioni

Accise sui carburanti e caro energia: i conti e le coperture che non tornano

© Marek Studzinski - Unsplash

Tra febbraio e dicembre 2022 il taglio delle accise è costato sette miliardi di euro al bilancio dello Stato. Le stime del Governo Meloni sull’impatto della loro piena reintroduzione con l’ultima Legge di Bilancio, però, si sono rivelate errate. Mentre la speculazione, come per il gas, continua a fare il prezzo. L’analisi di Alessandro Volpi

I numeri del bilancio pubblico sono sempre più complicati e i margini di manovra decisamente stretti, soprattutto se si ha a che fare con la speculazione. Il taglio delle accise sui carburanti è costato da fine febbraio a dicembre 2022 ben sette miliardi di euro di minori entrate per lo Stato. Inserirlo nella Legge di Bilancio avrebbe significato che dei 35 miliardi totali -di fatto il massimo disponibile, tenendo conto della difficoltà di fare nuovo debito e che 21 di quei 35 sono già a debito- circa 30 sarebbero stati destinati a contenere gli effetti del caro energia e caro carburanti. Decisamente troppo.

La situazione è resa ancora più complessa dal fatto che si sono rivelate errate le stime dell’impatto della reintroduzione delle accise. Secondo il governo infatti tale misura sarebbe stata in parte mitigata da una riduzione del prezzo della materia prima dei carburanti. In realtà, nonostante il prezzo di un barile di petrolio sia sceso dai quasi 100 dollari di febbraio agli 80 attuali, il prezzo dei carburanti, quotato al listino Platts di Londra, continua a restare alto e anzi a salire perché i grandi fondi, lì presenti, scommettono sugli effetti dell’embargo russo e non sembrano troppo convinti della recessione cinese.

Se si prende in esame questo listino si vede con chiarezza che le scommesse a febbraio sono decisamente in rialzo e dunque, ancora una volta, la speculazione fa il prezzo che paghiamo, con prezzi intorno ai 2,5 euro al litro. Non è da escludere tuttavia che si arrivi fino ai tre euro al litro, con un’ulteriore lievitazione interamente dettata dalle scommesse londinesi.

Bisogna aggiungere poi che la scelta del Governo Meloni di reintrodurre le accise sui carburanti dipende in buona misura da una decisione inserita nell’ultimo Documento di economia e finanza in cui si stabiliva che le maggiori entrate provenienti dagli aumenti del prezzo dei carburanti non fossero più definibili, e quindi contabilizzate, come extragettito ma come incasso ordinario. La differenza sta nel fatto che se fossero state ancora contabilizzate come extragettito, queste entrate sarebbero state destinabili esclusivamente al taglio delle accise, mentre dopo esser diventate incassi ordinari sono adoperabili per finanziare qualsiasi spesa. Dunque il nuovo esecutivo le ha messe e copertura della sua magra manovra, dovendo misurarsi anche con entrate più basse rispetto agli ultimi mesi.

Oltre al prezzo dei carburanti continuano a restare alte le bollette del gas nonostante il prezzo a MW/h sia sceso a 70 euro. Questo avviene perché Arera, l’Autorità di regolazione, ha stabilito che le bollette hanno ora cadenza mensile e quindi incorporano la fase in cui i prezzi erano alti. Non è detto però che per gli utenti andrà meglio nei prossimi mesi perché il prezzo continua a dipendere molto dall’andamento sulla piazza di Amsterdam che potrebbe vanificare le ultime riduzioni. Se, per esempio, ci saranno giorni freddi è probabile che i prezzi salgano subito e incidano sulla bolletta di gennaio e febbraio.

Ma che cosa c’entra tutto questo con l’andamento reale della produzione e dell’offerta di gas? Ben poco. Abbiamo le scorte piene, il clima a lungo mite, una riduzione dei consumi, ma se avessimo pochi giorni di freddo partirebbero subito le scommesse al rialzo del prezzo e i prezzi salirebbero immediatamente, con buona pace delle nostre bollette. Si tratta di un tema, purtroppo, non sempre raccontato. Così come si tende a trascurare che le bollette alte determinate dalla speculazione hanno generato già due effetti, tra gli altri, pessimi. Il primo consiste in una riduzione del 15% dei consumi industriali; in altre parole, le aziende non riescono a far fronte ai costi energetici e rallentano a prescindere dalla loro capacità di avere dei clienti. Il secondo avrà un’incidenza, in maniera paradossale, sulle stesse bollette. Se, infatti, i prezzi alti che hanno portato ai già ricordati aumenti delle bollette determineranno una significativa morosità, saranno molto probabili i conguagli che andranno a carico delle bollette successive in un incredibile circolo vizioso.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

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