Altre Economie
Fare tutto (o quasi) senza soldi
Nelle società occidentali si è giunti a diffidare di tutto ciò che non ha un prezzo, che è disponibile gratuitamente o che costa poco o nulla. Eppure, come spiega il libro Gratis -appena uscito per la collana Manualmente di Ponte alle grazie/Altreconomia-, gli scambi che non determinano l’uso di denaro sono un fattore di benessere e di civiltà che meriterebbe di essere incluso nel pil di ogni Paese. L’introduzione dell’autore, Massimo Acanfora
«Nessuno dà niente per niente»: nella società individualista questo è diventato un mantra ripetuto all’infinito in qualsiasi pub, bodega, bar o piazza, reale, mediatica o virtuale, in Italia e nel resto del mondo occidentale.
Un egoismo «storico» che è stato in qualche misura esacerbato dalla crisi immanente. Nonostante siano stati proprio il culto del profitto e l’esasperazione del capitalismo ad aver provocato l’attuale sconquasso, sui media continuano a dominare le notizie che riguardano il denaro, le tasse, le questioni economiche e finanziarie, le spending review, con accenti di volta in volta preoccupati o rassicuranti. Ma nessun giornale mainstream, nessun analista economico osa mettere in dubbio che sia il denaro, reale o cartolarizzato, la leva che solleva il mondo. Si è giunti così a diffidare di tutto ciò che non ha un prezzo, che è disponibile gratuitamente o che costa poco o nulla. Si è dimenticata la grande differenza tra prezzo e valore e si è così arrivati a valutare solo in termini economicisti ciò che ha un valore in sé e conferisce il valore alle merci (ma non è merce), ossia il lavoro dell’uomo. Si è trascurata, fino a confinarla tra le pure formalità natalizie e cerimoniali, la valenza del «dono». Ma è davvero sempre così? Non c’è più nulla di «gratuito» nella nostra società? La vox populi per una volta non è anche vox dei? La questione è allo stesso tempo filosofica e pratica, sociale ed economica. In realtà anche oggi ci sono moltissimi beni e servizi – materiali e immateriali – che si possono ottenere, scambiare, fruire, imparare senza bisogno di denaro.
L’antropologia spicciola, per tornare al «bar» evocato all’inizio, non disdegna infatti il confronto tra l’abitudine occidentale di «pagare da bere agli amici» e le cerimonie rituali come il potlatch, la cerimonia delle tribù di nativi americani dove si distruggono beni considerati «di prestigio» e si tiene uno scambio rituale di doni. Entrambe le abitudini hanno lo scopo di affermare il proprio status sociale attraverso una pratica di economia del dono, in cui chi mostra e distribuisce la propria ricchezza spinge gli altri membri a contraccambiare.
Non solo: il bisogno aguzza l’ingegno. Per ovviare alla mancanza di denaro con l’antica arte dello scambio o del baratto di oggetti e «prestazioni» in natura, senza malizia alcuna. La condivisione nell’uso di beni, che è per definizione reciproca, regala opportunità gratuite in situazioni plurali, dal lavoro alle vacanze. Si è riscoperta inoltre l’importanza e la bellezza di «fare da soli»: la scarsa disponibilità di denaro consiglia infatti di tornare a «saper fare», senza spendere un solo euro.
Molte di queste opportunità viaggiano «on line» e non hanno affatto il sapore agro della povertà, ma di una ricchezza condivisa. Alcune sono spontanee, altre organizzate. È opportuno inoltre ricordare, per chi
crede che tutto debba avere un prezzo, che la visione di alcune straordinarie bellezze artistiche e naturali del nostro Paese – e non solo – sono gratuite. Infine, in questo momento difficile, ci si imbatte in sacche di inaspettata generosità e mutualità: persone e organizzazioni che mettono a disposizione luoghi, spazi, corsi, servizi, materiali gratis o quasi.
La gratuità, in conclusione, ha un valore pratico ed economico ed è un fattore di benessere e di civiltà che meriterebbe di essere incluso nel Pil di ogni Paese.
Gratis racconta tutte le «opportunità» gratuite, gli scambi senza l’uso di denaro, la ricchezza condivisa e quello che tu potresti fare senza essere pagato ma ricevendo lo stesso molto in cambio.