Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Approfondimento

L’interferenza sistematica di Israele che nega l’assistenza sanitaria in Cisgiordania

Dopo l'incursione a Jenin, durata nove giorni, dal 28 agosto al 6 settembre 2024, l'équipe di Msf hanno ripreso le loro attività di primo soccorso psicologico nel campo profughi © Medici senza frontiere

L’ultimo report pubblicato a inizio febbraio da Medici senza frontiere ricostruisce attraverso interviste a operatori sanitari e pazienti l’aumento dell’uso della violenza fisica estrema contro i palestinesi da parte delle forze israeliane e dei coloni nei Territori occupati dal 7 ottobre 2023 e i fattori che ostacolano l’accesso ai servizi essenziali. “I pazienti palestinesi stanno morendo perché semplicemente non possono raggiungere gli ospedali”, denuncia l’organizzazione

L’uso della violenza fisica estrema contro i palestinesi da parte delle forze israeliane e dei coloni è aumentato in modo drammatico in Cisgiordania dal 7 ottobre 2023 dove, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli affari umanitari (Ocha), almeno 870 palestinesi sono stati uccisi e oltre 7.100 sono stati feriti. Lunghe incursioni militari e restrizioni alla libertà di movimento sempre più severe hanno inoltre gravemente ostacolato l’accesso ai servizi essenziali, primo tra tutti quello all’assistenza sanitaria.

È quanto emerge dal report “Violenza e cure negate” pubblicato il 6 febbraio da Medici senza frontiere che è presente nei Territori occupati dal 1988. Basandosi su 38 interviste approfondite a operatori sanitari e pazienti e sull’analisi dei dati raccolti nel periodo di tempo da ottobre 2023 a ottobre 2024, il rapporto esamina gli attacchi e le ostruzioni all’assistenza sanitaria in un contesto che è stato descritto dalla Corte internazionale di giustizia (Cig) come di segregazione e apartheid. E porta alla luce un modello di interferenza sistematica da parte delle forze israeliane e dei coloni alla fornitura di assistenza sanitaria di emergenza, e molteplici violazioni dell’obbligo di proteggere e di rispettare quello che il diritto internazionale riconosce come “missione medica” che include il personale medico, le attività, le unità e i trasporti connessi.

Il report sottolinea come questa situazione non sia un caso isolato ma parte di un lungo sistema di oppressione e di colonizzazione portato avanti da Israele. Allo stesso tempo però evidenzia come dopo la traballante tregua a Gaza la situazione sia ulteriormente peggiorata in Cisgiordania, dove a partire dal 19 gennaio sembra essersi “spostato” il conflitto.

“I pazienti palestinesi stanno morendo perché semplicemente non possono raggiungere gli ospedali -ha dichiarato Brice de le Vingne, coordinatore delle emergenze di Msf-. Vediamo ambulanze bloccate dalle forze israeliane ai posti di blocco mentre trasportano pazienti in condizioni critiche, strutture mediche circondate e danneggiate e operatori sanitari sottoposti a violenza fisica mentre cercano di salvare vite umane”.

La frase pronunciata da Brice de le Vingne riassume bene i risultati del rapporto. Sono infatti tre gli aspetti che caratterizzano quello che Msf definisce un modello di interferenza sistematica.

Il primo è il sistema di posti di blocco e blocchi stradali permanenti o temporanei che ostacolano i movimenti, anche delle ambulanze, e che si sono intensificati a partire dal 7 ottobre 2023 da quando le autorità israeliane hanno aggiunto ulteriori restrizioni.

Alle barriere fisiche all’assistenza sanitaria si aggiungono inoltre quelle amministrative per cui tra ottobre 2023 e agosto 2024, il 44% delle domande presentate dai pazienti per ricevere un’autorizzazione per cure mediche specializzate al di fuori della Cisgiordania, a Gerusalemme Est o nelle strutture israeliane sono state negate o rimangono in sospeso. I dati inoltre confrontando il periodo ottobre 2022/maggio 2023 e ottobre 2023/maggio 2024, evidenziano una diminuzione del 48% delle domande di permesso e una diminuzione del 21% della loro approvazione.

Questa mancanza di autorizzazione, unita alle restrizioni della libertà di movimento, ha un impatto particolarmente dannoso sui pazienti con condizioni croniche e risulta particolarmente grave nelle aree più remote che sono spesso quasi completamente isolate dalle strutture sanitarie. In questi luoghi si vengono a creare dunque delle vere e proprie zone di esclusione medica.

La situazione, già molto difficile, è inoltre aggravata dall’escalation di violenti raid militari che prevedono anche l’uso di tattiche sempre più aggressive se non sproporzionate, come gli attacchi aerei, che provocano feriti, morti e la distruzione di infrastrutture civili vitali, tra cui strade, condotte idriche e sistemi elettrici.

In secondo luogo, tra il 7 ottobre 2023 e il 7 ottobre 2024, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha registrato 647 attacchi all’assistenza sanitaria in Cisgiordania, con 25 morti palestinesi e 120 feriti e che hanno colpito 123 strutture sanitarie e 451 trasporti sanitari. Msf la definisce dunque una “sanità sotto assedio” dal momento che le sue squadre hanno visto le forze israeliane schierare veicoli corazzati e cecchini intorno ai perimetri delle strutture ospedaliere. In alcuni casi i soldati sono persino entrati dentro gli ospedali, intrappolando pazienti e personale medico e impedendo il trasporto di emergenza o la libera circolazione degli operatori sanitari.

Non sono stati risparmiati dall’ondata di violenza perpetrata dalle forze israeliane neppure i siti medici di fortuna, allestiti in diversi governatorati in Cisgiordania, che sono luoghi attrezzati -spesso semplici camere con pochi letti e forniture essenziali- per garantire un accesso tempestivo all’assistenza sanitaria alle persone ferite all’interno dei campi. Inoltre invece che proteggere i primi soccorritori e facilitare il loro lavoro, il personale medico ha riferito che le forze israeliane hanno spesso aperto il fuoco contro di loro mentre cercavano di raggiungere ed evacuare i civili feriti.

Christos Christou, presidente internazionale di Msf, era presente a Jenin durante l’incursione israeliana del 18 e 19 novembre 2023. In quell’occasione alcune squadre mediche sono state fermate e la loro azione è stata ritardata dalle forze israeliane nonostante avessero notificato il loro movimento alle autorità competenti. “Non c’è modo per i pazienti di raggiungere l’ospedale, e non c’è modo per noi di raggiungere quelle persone. Non c’è niente di peggio per un medico sapere che ci sono persone lì, che hanno bisogno delle nostre cure e non sono in grado di ottenerle”, aveva dichiarato.

Infine come terzo punto Msf individua la violenza dei coloni come ulteriore livello di ostruzione e barriera all’accesso all’assistenza sanitaria. Nonostante l’opposizione internazionale, le sentenze della Corte internazionale di giustizia e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che dichiarano gli insediamenti israeliani illegali ai sensi del diritto internazionale, la loro espansione in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, è in corso da decenni.

Nel 2023 il numero di coloni era superiore a 503mila in Cisgiordania, esclusa Gerusalemme Est, e al momento della pubblicazione del rapporto di Msf sono presenti 147 insediamenti, insieme a 46 avamposti istituiti nel 2024, cioè insediamenti stabiliti senza l’approvazione del governo, una buona parte dei quali vengono poi retroattivamente legalizzati o sono in procinto di esserlo.

Tale espansione è stata accompagnata da un intensificarsi della confisca delle terre dei palestinesi e della demolizioni delle loro case. Nel 2024 più di 1.600 strutture palestinesi sono state demolite. Le persone sfollate sono state di conseguenza quasi 3.700. Il 2024 ha visto anche il più alto numero di sequestri di terre in trent’anni: l’area totale confiscata l’anno scorso ha superato quella dei 20 anni precedenti, con circa 5.930 acri (2.400 ettari circa) della Cisgiordania dichiarati “terre di Stato” dal governo israeliano.

Tra ottobre 2023 e ottobre 2024, l’Ocha ha registrato quasi 1.500 attacchi contro i palestinesi da parte di coloni israeliani che spesso operano in presenza se non addirittura con la protezione dei militari, con 149 vittime palestinesi, 1.188 casi di danno alle loro proprietà e 155 incidenti che hanno coinvolto entrambe le parti.

La violenza perpetrata da coloni armati rappresenta quindi un’altra forma di ostruzione all’accesso alla sanità attraverso attacchi coordinati contro la comunità palestinese, intimidazioni nei confronti degli operatori sanitari e blocchi stradali.

Il report di Msf si conclude con una richiesta urgente di azione a Israele che in quanto potenza occupante dovrebbe adempiere ai suoi obblighi secondo il diritto internazionale umanitario e la legge internazionale sui diritti umani, garantendo da una parte che i palestinesi possano accedere all’assistenza sanitaria senza impedimenti o discriminazioni, e dall’altra che la forza venga utilizzata come ultima risorsa per proteggere da una minaccia imminente di morte o lesioni gravi e applicata in modo proporzionato alla minaccia affrontata.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2025 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati