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Diritti / Opinioni

Sui rifugiati siriani. L’Italia vuole sospendere l’esame delle domande o il diritto d’asilo?

© Omar Ramadan - Unsplash

Dopo la caduta di Assad il Governo Meloni si è affrettato a “sospendere i procedimenti relativi alle domande di asilo dalla Siria”. Una dichiarazione vaga cui è seguita una nota della Commissione nazionale asilo che presenta evidenti irregolarità con la normativa dell’Ue. Il messaggio (terribile) che si vuole dare è che per quelle persone la protezione sta per finire. L’analisi di Gianfranco Schiavone

Con uno stringato comunicato stampa diramato il 9 dicembre 2024 -a poche ore dalla giornata in cui ricorre la proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo- il Governo Meloni ha annunciato di “sospendere i procedimenti relativi alle domande di asilo dalla Siria”.

La vaghezza del testo può essere letta come una sospensione dello stesso diritto di presentare una domanda di asilo da parte dei cittadini siriani; una tale scelta non sarebbe però in alcun modo possibile in quanto quello di asilo è un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione e dalle normative internazionali e dell’Unione europea che non prevede deroghe.

Nessun cittadino siriano può dunque essere respinto alla frontiera esterna né può essere oggetto di procedure di riammissione alle frontiere interne. Tutte le domande di asilo presentate dai siriani devono essere verbalizzate dalle autorità di pubblica sicurezza presso le questure e i valichi di frontiera e vanno inoltrate alle commissioni territoriali competenti al fine di procedere all’esame della domanda.  

Ciò che è giuridicamente possibile è disporre un temporaneo rinvio dell’esame delle domande ritenendo che ciò sia necessario per poter attuare una piena valutazione sul merito delle istanze alla luce del tumultuoso cambiamento in atto in Siria. La domanda di asilo infatti “è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate sulla situazione generale esistente del Paese di origine” (d.lgs 25/08, art. 8, c. 3) e i tempi di esame della domanda possono essere prorogati solo nel caso sia necessaria una “valutazione di questioni complesse in fatto o in diritto” (art. 27, c.3). Di tale proroga va informato il richiedente.  

La Direttiva 2013/32/Ue all’articolo 31, par. 3, prevede che “gli Stati membri possono rimandare la conclusione della procedura di esame se non si può ragionevolmente attendere che l’autorità accertante decida entro i termini previsti a causa di una situazione incerta nel Paese di origine che sia presumibilmente temporanea”.

La specifica disposizione non è stata recepita in senso letterale dalla norma interna ma ciò non esclude, a mio parere, che sia comunque possibile adottare una sospensione dell’esame della domanda secondo quanto previsto dal diritto europeo. La sospensione può essere un’opzione opportuna perché in una situazione di rapido cambiamento della situazione socio-politica di un Paese può non essere possibile effettuare un esame adeguato della fondatezza della domanda di asilo.

È tuttavia indispensabile che vengano rispettate le prescrizioni imposte dal diritto dell’Unione europea, ovvero che il richiedente sia informato della decisione e che il rinvio non sia sine die bensì che la decisione sia periodicamente rivista e che il termine di 21 mesi indicato come termine massimo per l’esame di qualsiasi domanda di asilo, anche temporaneamente sospesa, sia in ogni caso rispettato.

Ritengo che un’analisi complessiva delle finalità perseguite dalla norma europea porti a individuare un’ulteriore regola di cruciale importanza che è quella di evitare decisioni generalizzate da applicare in modo indistinto a tutte le domande di asilo; la decisione se adottare o meno una decisione di sospensione andrebbe assunta caso per caso sulla base delle motivazioni della domanda.  

Uno degli Stati Ue che in contemporanea all’Italia ha adottato una scelta simile è la Francia ma la decisione francese è più rispettosa dei principi già illustrati. Si prevede infatti “una sospensione temporanea delle decisioni su alcune domande d’asilo di cittadini siriani, a seconda delle motivazioni addotte”.  

Il presidente della Commissione nazionale per il diritto d’asilo il 10 dicembre ha diffuso inoltre una nota alle commissioni territoriali con la quale a causa “dell’improvviso cambio di scenario” in Siria si invita “a sospendere con effetto immediato i procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale relativi ai cittadini siriani, allo scopo di verificare l’andamento della situazione geopolitica del Paese”.

La decisione italiana contiene dunque ben tre irregolarità: non si prevede (almeno non in modo esplicito) l’obbligo di informare il richiedente tramite notifica formale; non viene fissato un limite temporale alla sospensione; la decisione è automatica e generalizzata invece di prevedere una valutazione individuale.  

Al di là degli aspetti più strettamente giuridici è difficile però sottrarsi alla netta impressione che l’incredibile celerità con cui alcuni governi si sono affrettati ad assumere una simile decisione non sia dovuto a zelo o alla volontà di proteggere i destinatari della misura da rischi di abuso nella procedura di valutazione, bensì l’obiettivo sia, all’opposto, quello di mandare un chiaro segnale che la protezione internazionale per loro sta per finire. I cittadini siriani rappresentano da molti anni, insieme agli afghani, il gruppo di richiedenti asilo più numeroso in Europa (181mila domande presentate nell’Ue nel 2023, fonte Eurostat) con un altissimo tasso di riconoscimento di una delle due forme di protezione internazionale (oltre l’80% delle domande).  

Le prospettive di evoluzione politica della situazione siriana sono del tutto incerte e come molti analisti hanno fatto subito osservare è molto elevato il rischio che in quello sfortunato Paese, già devastato da oltre un decennio di feroce conflitto interno, non si verifichi affatto un’immediata e miracolosa “primavera siriana” con rinascita della democrazia.

È quindi comprensibile la preoccupazione espressa da Amnesty International che ha evidenziato come “la situazione in Siria è estremamente instabile. Cinque decenni di brutalità e repressione non possono essere cancellati da un giorno all’altro. Ma i governi europei non hanno perso tempo a bloccare le richieste di asilo dei siriani. In questo momento di turbolenza e cambiamento, i Paesi dovrebbero evitare di far precipitare i rifugiati siriani e le persone in cerca di asilo in situazioni di ulteriore incertezza e precarietà. Al contrario, la sicurezza e l’autonomia delle persone in cerca di asilo devono essere al centro del processo decisionale e non devono essere sacrificate alla rabbiosa politica anti profughi che attualmente attanaglia l’Europa”.  

Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste

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