Crisi climatica / Attualità
Caldaie e cucine “fossili” danneggiano il clima e la salute dei cittadini europei
Metano e biomasse sono ancora largamente utilizzati per il riscaldamento in Europa, anche grazie sussidi pubblici miliardari. Ma il loro utilizzo provoca migliaia di vittime all’anno, soprattutto nei Paesi dell’Est, a causa di incendi e avvelenamento da monossido di carbonio. La transizione alle alternative elettriche non è più rimandabile. L’analisi dello European environmental bureau
L’utilizzo di sistemi di cottura e di riscaldamento domestico a combustione in Europa è un problema non solo per il clima ma anche per la salute dei consumatori.
I fornelli e le caldaie a gas e a biomassa, infatti, sono più pericolosi delle alternative elettriche a causa dei rischi legati a incendi, guasti e avvelenamento da monossido di carbonio. In particolare il numero di vittime da questo tipo di intossicazioni nei Paesi dell’Est Europa è particolarmente elevato, pari a circa cinquemila o seimila persone (tre le 19,8 e le 23 vittime ogni milione di abitanti) solo nel 2021. Un numero paragonabile a quello delle vittime di incidenti stradali nell’Europa occidentale.
È quanto riporta un’analisi pubblicata a ottobre dallo European environmental bureau (Eeb) insieme a Coolproducts, organizzazione europea che si impegna per la decarbonizzazione e la sostenibilità di elettrodomestici e dispositivi elettronici.
Nonostante i rischi, le caldaie e i fornelli a combustione sono ampiamente diffusi in Europa. L’83% delle case europee si affida ancora a combustibili fossili e a tecnologie di riscaldamento e cottura a biomassa. Questo non influisce negativamente solo sui costi in bolletta ma fornisce anche un contributo sostanziale alle emissioni europee di gas serra e provoca un tasso allarmante di lesioni e decessi evitabili. Un settore che si mantiene anche attraverso abbondanti sussidi pubblici da parte dei governi Ue, nel 2022 hanno raggiunto la cifra complessiva di 3,2 miliardi di euro.
“È impensabile che il denaro pubblico continui a essere investito in tecnologie di combustione che comportano rischi significativi per la salute pubblica all’interno delle case dei cittadini -ha dichiarato Davide Sabbadin, viceresponsabile delle politiche per il clima e l’energia di Eeb-. Investire in alternative pulite, rinnovabili e più economiche come il solare e le pompe di calore non è più un lusso, ma un imperativo morale per i politici”.
Come già accennato, il numero di incidenti legati a fornelli a combustibile è stato più alto nei Paesi dell’Europa orientale. La Polonia, ad esempio, è lo Stato con il maggior numero di decessi e ferimenti dovuti al riscaldamento a combustione. Il 27,6% degli incendi domestici accidentali nel Paese è dovuto a questo tipo di riscaldamento. Nel 2023, i vigili del fuoco polacchi hanno registrato 4.350 interventi, in cui 53 persone sono rimaste uccise a causa del monossido di carbonio e 1.468 sono rimaste intossicate.
Una situazione simile si è registrata in Romania, dove nel 2022 ci sono stati 305 decessi di adulti, 10 decessi di bambini, 702 feriti adulti e 40 bambini a causa di incendi connessi a tecnologie di combustione. Mentre la Svezia, Paese storicamente legato all’uso di combustibili fossili per il riscaldamento, ha registrato almeno 6.572 incendi di edifici e incidenti a causa di combustioni iniziate da tecnologie di riscaldamento e cottura “fossili”.
Anche l’Italia non ha fatto progressi significativi nella messa al bando del riscaldamento a gas e anzi continua a supportarlo tramite finanziamenti pubblici. “Inoltre -evidenziano i ricercatori-, gli obiettivi al 2030 per l’aumento delle quote di energia rinnovabile nel settore termico indicano uno spostamento dai contributi di tutte le rinnovabili a favore delle bioenergie, in particolare delle biomasse solide. Ciò indica che le tecnologie a combustione manterranno un ruolo significativo nella strategia energetica italiana. L’assenza di un piano di phase-out del gas nei vari settori rischia di portare a decisioni di investimento non coerenti con le reali esigenze del sistema energetico nazionale ed europeo”.
Per quanto riguarda il numero di incidenti, i dati italiani dividono il gas in due categorie: quello canalizzato nelle tubature e quello presente in bombole e altri piccoli serbatoi. Nel periodo 2014-2019, in Italia si sono verificati 1.544 incidenti causati dall’uso e dalla distribuzione del gas. L’Italia ha registrato una media di 134 incidenti all’anno dovuti all’uso di gas canalizzato e 123 all’anno dovuti a bombole e piccoli serbatoi. In totale, quindi, il gas ha causato in media circa 257 incidenti in Italia ongi anno nel periodo considerato. Nello stesso arco temporale, nel nostro Paese ci sono stati 207 decessi totali causati dall’uso e dalla distribuzione del gas, una media di circa 35 all’anno. Circa il 72,5% di questi è dovuto all’uso finale del gas. I dispositivi al centro del maggior numero di casi sono state le caldaie monofamiliari per il riscaldamento autonomo coinvolte nel 48% degli incidenti totali, nel 47% delle lesioni e nel 35% dei decessi.
Tuttavia secondo l’Eeb gli elementi appena presentati sono molto conservativi a causa della scarsità di dati e della difficoltà di “attribuire” questi incidenti. “La transizione dai sistemi di riscaldamento a combustione a quelli elettrici, come le pompe di calore e l’energia solare, è un imperativo urgente -è la conclusione del report-. Queste tecnologie offrono alternative più sicure e mitigano i rischi associati ai dispositivi a combustione, a condizione che vi siano investimenti adeguati in infrastrutture elettriche sicure. I vantaggi economici e sociali di questa transizione sono notevoli, in quanto riducono i costi sanitari, minimizzano gli impatti sociali legati ai traumi e prevengono i danni agli edifici”.
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