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Total, i crimini di guerra in Mozambico e quel progetto fossile garantito dall’italiana SACE

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Un’inchiesta di Politico rivela che la multinazionale sarebbe stata a conoscenza di atrocità che potrebbero configurarsi come crimini di guerra compiute dall’esercito del Paese nell’estate 2021 proprio sul perimetro del suo impianto Mozambique Lng. Un progetto che vede il coinvolgimento italiano. ReCommon chiede chiarezza e richiama anche Eni: “È giunto il momento di interrompere la corsa al gas mozambicano”

La multinazionale energetica francese TotalEnergies sarebbe stata a conoscenza di atrocità che potrebbero configurarsi come crimini di guerra, compiute dall’esercito mozambicano tra giugno e luglio del 2021 sul perimetro del suo impianto Mozambique Lng, come riportato da un’inchiesta del giornalista indipendente Alex Perry pubblicata il 26 settembre dal sito di informazione Politico. Le forze di sicurezza mozambicane erano presenti nell’area espressamente per proteggere le infrastrutture di TotalEnergies.

Mozambique Lng vede un consistente coinvolgimento italiano, dal momento che per il progetto estrattivo l’assicuratore pubblico SACE dovrebbe emettere una garanzia di 950 milioni di euro, con cui coprire i prestiti per le operazioni di Saipem, tra cui quello di Cassa depositi e prestiti del valore di 650 milioni di euro. SACE ha già supportato finanziariamente un altro progetto in Mozambico, con una garanzia di 700 milioni di euro: si tratta di Coral South Flng, progetto offshore di Eni, multinazionale energetica occidentale più attiva in Mozambico insieme proprio a Total.

Come segnalato anche nell’articolo di Perry, proprio grazie a una richiesta di accesso agli atti inoltrata da ReCommon a Cassa depositi e prestiti, si è appreso che TotalEnergies avesse tutti gli elementi a disposizione per essere a conoscenza degli abusi commessi dai militari mozambicani già prima dell’estate del 2021.

Nella valutazione sugli impatti ambientali e sociali del progetto, la stessa Cdp confermava l’esistenza di rischi legati a “diversi atti di violenza di gruppi armati”. D’altra parte, la valutazione di Cdp sui rischi ambientali e sociali per Mozambique Lng si basa su quella eseguita da SACE, che “ha comunicato a Cdp che il documento non è suscettibile di ostensione”.

“Da più di un anno il Tar e il Consiglio di Stato hanno sancito il diritto di ReCommon di entrare in possesso delle informazioni ambientali e sociali su cui si basa la valutazione di SACE per le garanzie in favore di Mozambique Lng, diritto a cui SACE continua a opporsi”, afferma Simone Ogno di ReCommon. “E alla luce dell’inchiesta pubblicata su Politico, abbiamo ragione di credere che voglia nascondere il fatto di aver condotto una scarsa due diligence sul progetto”.

“Due interrogazioni parlamentari chiedono conto a SACE su questa vicenda, fino al momento senza alcuna risposta. È arrivato il momento che l’agenzia faccia chiarezza, e che si tiri fuori dal progetto nel caso non abbia ancora finalizzato l’emissione della garanzia”, aggiunge il campaigner.

All’indomani degli attacchi di fine marzo e inizio aprile 2021 da parte degli insorti di Ahl al-Sunnah wa al Jamma’ah alla città mozambicana di Palma, l’autore dell’articolo apparso su Politico ha condotto una ricerca approfondita per scoprire il numero di vittime del cosiddetto “massacro dei container”.

Secondo Perry, le truppe mozambicane hanno assalito centinaia di civili che cercavano sicurezza dagli insorti e hanno imprigionato gli uomini in container metallici senza finestre all’ingresso del sito di Mozambique Lng. L’articolo riporta che gli uomini -da 180 a 250- sono stati detenuti per tre mesi, privati dell’acqua, costretti alla fame, picchiati, soffocati, torturati, accoltellati e, infine, la maggior parte di loro è “scomparsa”. Solo 26 sono sopravvissuti e rilasciati solo nel settembre 2021.

Le donne sono state sottoposte a umiliazioni e ripetute violenze sessuali per uno o due giorni prima di essere rilasciate. Maxime Rabilloud, direttore generale di Mozambique Lng, sussidiaria di TotalEnergies, afferma che la società non sia “a conoscenza dei presunti eventi descritti” né di essere in possesso di “alcuna informazione che indichi che tali eventi abbiano avuto luogo”.

Gli attacchi di aprile 2021 hanno portato alla dichiarazione di forza maggiore da parte di TotalEnergies e alla sospensione del progetto, tuttora in vigore, anche se di recente il colosso francese ha rilasciato numerose dichiarazioni che ventilerebbero la possibilità di riprendere a breve le operazioni di estrazione e liquefazione del gas.

Nel 2023 i familiari delle vittime e i sopravvissuti agli attacchi hanno presentato una denuncia legale, accusando la società energetica francese di non aver protetto i suoi subappaltatori e di non aver fornito il carburante necessario per l’evacuazione dei civili durante l’attacco di Palma. In seguito alla denuncia, il pubblico ministero francese ha chiesto a TotalEnergies di commentare la denuncia per poi decidere se proseguire il caso, archiviarlo o svolgere ulteriori indagini.

Nel 2021, Amnesty International ha accusato le forze di sicurezza mozambicane di crimini di guerra, eppure TotalEnergies, almeno fino a poco tempo fa, forniva direttamente alla Joint Task Force (Jtf) mozambicana cibo, attrezzature e compensi finanziari.

In un rapporto commissionato da TotalEnergies nel 2023 sulla situazione umanitaria a Cabo Delgado, l’autore del rapporto, Jean-Christophe Rufin, è stato molto critico sull’accordo firmato tra TotalEnergies e l’esercito mozambicano. Ha concluso che quel rapporto diretto potrebbe far apparire TotalEnergies come parte del conflitto ai sensi della Convenzione di Ginevra.

Numerose organizzazioni della società civile internazionale, tra cui Justiça Ambiental/Friends of the Earth Mozambique, Milieudefensie/Friends of the Earth Netherlands e Reclaim Finance chiedono “un’indagine ufficiale sull’accaduto e per verificare la posizione di TotalEnergies, alla luce della sua cooperazione con le forze di sicurezza mozambicane accusate di gravi crimini, tra cui stupri, omicidi e torture, configurabili come crimini di guerra”.

“Gli ultimi sviluppi di questa vicenda sollevano molte domande anche sull’operato di Eni, che proprio in Mozambico vorrebbe espandere il suo business con i progetti Coral North Flng e Rovuma Lng, e di istituzioni finanziarie come Intesa Sanpaolo e Unicredit, pronte a finanziarli -conclude Ogno-. È giunto il momento di interrompere la corsa al gas mozambicano”.

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