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L’India al voto dal 19 aprile e lo scandalo del finanziamento ai partiti
Sono 970 milioni gli indiani chiamati alle urne. Il primo ministro uscente Narendra Modi è dato per favorito per il terzo mandato consecutivo, in un clima pesante per minoranze e opposizioni. Il caso delle “obbligazioni elettorali”, un meccanismo torbido di raccolta fondi di cui ha beneficiato il partito etno-nazionalista Bjp al governo
A poche settimane dall’inizio delle elezioni in India, la commissione elettorale indiana ha pubblicato i dettagli di centinaia di milioni di donazioni rivelando quanto il partito del primo ministro, Narendra Modi, abbia beneficiato di un controverso piano di finanziamento ai partiti. A metà febbraio un collegio di cinque giudici della Corte suprema aveva dichiarato “incostituzionale e manifestamente arbitrario” il sistema di obbligazioni elettorali che garantiva l’anonimato ai donatori ritenendo che questo violasse il diritto degli elettori all’informazione sul finanziamento politico e favorisse “accordi quid pro quo” -e quindi corruzione- tra aziende e politici.
I bond elettorali erano uno strumento finanziario introdotto dal Governo Modi nel 2017 per permettere a privati e ad aziende indiani di donare soldi ai partiti in modo anonimo attraverso obbligazioni emesse dalla State bank of India (Sbi). Con la storica sentenza unanime di febbraio, la Corte suprema aveva ordinato a Sbi di rendere pubblici tutti i dati in suo possesso sulle donazioni. Il 14 marzo la commissione elettorale indiana aveva così pubblicato i dati relativi agli electoral bond acquistati dal 2019 a oggi. In un primo momento, Sbi aveva però reso pubbliche solo due liste: una con le società che avevano comprato le obbligazioni e l’altra con il quantitativo di bond incassati da ogni partito. E già qui era emerso che il Bharatiya janata party (Bjp), il partito etno-nazionalista guidato da Modi, aveva incassato, da solo, oltre la metà di tutte le donazioni: 675 milioni di euro.
La Corte ha quindi ordinato a Sbi di rendere pubblico anche il codice alfanumerico di ogni bond che ha permesso di collegare il donatore al beneficiario politico, palesando così il legame tra mondo dell’imprenditoria e partiti indiani, proprio alla vigilia delle prossime elezioni politiche, che inizieranno il 19 aprile. Sbi aveva inizialmente sostenuto di non possedere i dati relativi ai codici, o che avrebbe avuto bisogno di più tempo per fornire questi dettagli, in un tentativo di fuorviare la corte e prendere tempo, prima di ottemperare alla richiesta dei giudici. Dai codici dei bond è emersa una fitta rete di interessi e rapporti opachi nella plutocrazia indiana: il tutto è ancora al vaglio delle autorità.
“L’Sbi è stata ridotta a un aiutante del governo, forzandola a ritardare la pubblicazione dei dettagli riguardanti l’acquisto delle obbligazioni elettorali. La distruzione delle nostre istituzioni è sotto gli occhi di tutti. L’immunità di cui gode il governo è profondamente preoccupante”, ha commentato John Brittas, politico del Partito comunista indiano e parlamentare che rappresenta lo Stato meridionale del Kerala, in un articolo in cui espone i doppi standard del governo guidato dal Bjp che si è fatto paladino di una lotta senza quartiere alla corruzione (almeno a parole) pur sguazzando nel clientelismo.
Prashant Bhushan, avvocato della Corte suprema, ha affermato che 41 società sotto indagine hanno donato milioni di rupie al Bjp attraverso obbligazioni, grossa parte delle quali dopo aver subito incursioni da parte delle agenzie di controllo federali. La società di lotterie Future gaming and hotel services, indagata per riciclaggio, è tra i maggiori acquirenti di obbligazioni. Subito dietro, la Megha engineering, sotto inchiesta da parte delle autorità, così come il gruppo Vedanta, il quinto maggiore acquirente, solo per citarne alcune. Bhushan ha affermato che oltre la metà del denaro è stato “preso come tangente” e ha chiesto l’istituzione di una squadra investigativa speciale e indipendente.
Il 21 marzo, in concomitanza con pubblicazione dei dati completi sugli electoral bonds, la polizia federale che si occupa di crimini finanziari ha arrestato il chief minister di New Delhi, Arvind Kejriwal, leader dell’Aam aadmi party (Aap), che governa Delhi ed è parte della coalizione Indian national developmental inclusive alliance (India), che riunisce i partiti che si oppongono al Governo Modi. Le autorità stanno indagando sull’accusa che il partito abbia concesso un trattamento di favore ai rivenditori privati di alcolici nel territorio della capitale a fronte di tangenti. L’Aap ha affermato che dalle indagini non sono emerse prove di illeciti e ha organizzato proteste in tutto il Paese considerando l’arresto del suo leader un modo per spostare l’attenzione pubblica dallo scandalo dei bond e colpire l’opposizione a neanche un mese dalle elezioni. L’arresto Kejriwal è un momento cruciale nella scivolata dell’India verso una “tirannia in piena regola”, secondo l’accademico Pratap Bhanu Mehta.
Domenica scorsa migliaia di persone si sono riunite nella capitale per una manifestazione organizzata dalle opposizioni contro l’arresto di Kejriwal e per “salvare la democrazia”. È stata una protesta partecipata e trasversale, che ha catalizzato la crescente inquietudine dei cittadini sullo stato della democrazia indiana, che si estende ora anche oltre i circoli delle élite. “Narendra Modi vuole strangolare la democrazia e togliere al popolo la possibilità di scegliere il governo che preferisce”, ha scritto su X il leader dell’opposizione Rahul Gandhi del partito del Congresso, che ha preso parte alla manifestazione.
Proprio l’Indian national congress, lo storico partito della famiglia Nehru-Gandhi nonché principale forza di opposizione, da metà febbraio si ritrova con i conti correnti temporaneamente congelati dalle autorità. L’accusa è quella di non aver pagato 23 milioni di euro di tasse nell’ambito di un’indagine su presunte irregolarità nella dichiarazione dei redditi del partito. Gandhi ha dichiarato che il Congress è impossibilitato a sostenere i propri candidati e a condurre la campagna elettorale in queste condizioni. È su queste premesse che l’India, tra neanche due settimane, andrà alle urne. Neanche a dirlo, Modi è dato per favorito per il terzo mandato consecutivo. Sono 970 milioni gli indiani che voteranno nel più grande esercizio elettorale al mondo ma, per la prima volta, le elezioni sono sotto controllo internazionale.
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