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Sul palco diffuso della poetry slam, dove vince la voglia di raccontare

Filippo Capobianco, campione italiano e vicecampione europeo di poetry slam. A settembre parteciperà ai mondiali della disciplina a Rio de Janeiro © Ash Settantuno

Introdotta in Italia nel 2001, quest’arte performativa vuole portare la poesia fuori dai libri. Su tutto il territorio nazionale si diffondono sempre di più gli “spettacoli” che vedono gli slammer darsi battaglia sul palco. Il nostro viaggio

Tratto da Altreconomia 260 — Giugno 2023

“Non avevo mai letto tanta poesia ma nel teatro invece trovavo il mezzo per esprimermi; poi un giorno, in un momento di depressione durante la sessione di esami, ho visto un TedX di Harry Baker, poeta matematico inglese, dove raccontava la storia d’amore tra il 59 e il 61: entrambi numeri dispari, strani e confusionari, entrambi primi, separati dalla rotonda perfezione del 60 -racconta Filippo Capobianco, campione italiano e vicecampione europeo di poetry slam, una competizione dove i partecipanti si sfidano componendo e recitando poesie-. Ho iniziato a scrivere principalmente ‘monologhi in metrica’ piuttosto che vere e proprie poesie. Giocavo con le parole, sentivo la loro musicalità e le muovevo con ritmo”. Circa un anno dopo -a dicembre 2019- è salito sul palco al pub “Il modernista” di Pavia per leggere le sue poesie per la prima volta in uno slam, e a dirla tutta, era anche il primo che vedeva.

Come “Il modernista”, sono tante le realtà che ospitano i poetry slam in Italia. I vari coordinamenti, collettivi artistici e associazioni organizzano le serate, dove poeti e poetesse si presentano davanti a sale affollate di curiosi e recitano i loro pezzi. Hanno tre minuti, tutte le poesie devono essere scritte di proprio pugno, non si possono usare oggetti di scena o travestimenti ed è la giuria popolare a esprimere un voto da uno a dieci. Queste sono le regole date dalla Lega italiana poetry slam (Lips), l’ente nazionale che dal 2011 aggrega tutti gli slam locali per organizzare una finalissima nazionale, che quest’anno si terrà dal 14 al 17 settembre a Rimini, con i campioni dalle varie Regioni.

Non è la poesia che si impara a scuola ma un gioco. È far interrogare le menti di chi assiste su che cosa sia poesia. “Il poetry slam ha creato un ‘cortocircuito’ nella concezione letteraria di ‘poetico’: dove le parole avevano una valenza lirica che si concretizzava principalmente in forma scritta rilegata su un foglio di carta. Ora invece ognuno può salire su un palco e narrare storie, drammi e racconti in versi. Nello slam non tutto è poesia, ma è un contenitore con dentro tanta poesia”, spiega Andrea Fabiani, attuale presidente della Lips e slammer genovese.

Nato come un fenomeno particolarmente attivo nel Nord Italia, negli anni si è espanso di città in città, creando una rete di persone che assistono alle performance e generando un flusso di poeti e poetesse in movimento di Regione in Regione. Ognuno si crea poi il suo stile performativo.

C’è chi narra di “Divergenze” nella storia d’amore tra un cosmologo e una terrapiattista, come Filippo. Chi fantastica su un “Periodo ipotetico” della Resistenza italiana, poco ipotetico ma molto reale dello Stato italiano, come Gloria Riggio. Chi danza su “Treni in transito” con il corpo e le parole in italiano, tedesco e inglese, come Francesca Gironi. Chi ancora accompagna i propri versi con i gesti della Lingua italiana dei segni, come Eugenia Giancaspro. “Se nel 2001 nei primi anni del poetry slam italiano, la figura dello slammer era vista in modo anche riduttivo, ora data la diffusione che sta avendo gli artisti più giovani la colgono anche come un’occasione per portare avanti dei temi che intercettano dei sentimenti comuni nell’umanità -continua Andrea-. Il testo si unisce alla performance, con punte di teatralità, ma le parole nascono con e per la recitazione orale”.

Il pubblico dell’Off Topic a Torino vota le poesie appena declamate dagli slammer © Dernio Sheila

La struttura stessa dello slam disinnesca per sua natura il concetto di gara, di competizione. C’è un Master of cerimonics che conduce la serata e presenta i vari poeti e poetesse, ma il ruolo del pubblico è preponderante. “Si è lì per condividere non per premiare il più bravo, per far uscire lo slam, che è uno spettacolo su un palco grande quanto il posto che lo occupa, con le persone sulle sedie, sui tavoli e sui pavimenti tutte comprese”, lo descrive Andrea Fabiani.

In generale, ogni serata è un piccolo laboratorio, dove lo scopo è fare “poesia di comunità”, come la spiega Alessandra Racca, scrittrice in arte “la signora dei calzini” e fondatrice a Torino, insieme ad Arsenio Bravuomo e Guido Catalano, di uno dei primi tornei di poetry slam italiano, prima ancora che la Lips esistesse. “Portare la poesia nelle carceri, nelle scuole, nelle piazze. Lasciar parlare la gente con la poesia e di poesia, questo è ciò che conta”, continua Alessandra. La poesia non è più cristallizzata nelle pagine dei grandi autori, scritta e immutabile, ma si crea e si plasma in base al pubblico a cui viene letta. La voce, il tono e i gesti contribuiscono a scavare nella parola e nel suo significato. Le leggi del teatro si fondano con la parte lirica delle parole.

“Lo slammer è una figura di passaggio, un trampolino di lancio -spiega Andrea-. Un tempo l’ambizione più grande era poi di pubblicare un libro di poesie, ora la generazione più giovane si concentra molto di più sulla dimensione performativa per creare uno spettacolo da portare in giro”. Filippo racconta che a settembre parteciperà ai mondiali della World poetry slam organization a Rio de Janeiro, una competizione che ha in un certo modo anche una valenza politica, perché spostandosi di Paese in Paese ogni anno rafforza la realtà dei poetry slam come strumento d’espressione culturale. C’è tanto fervore nell’ambiente internazionale di questo tipo di poesia, che sta includendo sempre più persone a suon di “passaparola”. Insomma, lo slam in sé è “manifestazione di democrazia e libertà d’espressione”, afferma Filippo, ciò che esce in versi è specchio della società in cui sono stati concepiti.


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