Diritti / Attualità
Un altro suicidio nei Cpr. Roma non è un caso, le condizioni disumane a Caltanissetta
All’alba di domenica 4 febbraio un ragazzo di 22 anni della Guinea si è impiccato alla grata esterna del settore di Ponte Galeria. Gli altri reclusi sono in rivolta. La situazione è critica anche in Sicilia: in un video un ragazzo mostra il centro di Pian del Lago inagibile e in condizioni igienico-sanitarie orribili. Magi: “Vanno chiusi”
“Se dovessi un giorno morire vorrei che il mio corpo fosse portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta. I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre, non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace”. È il messaggio (la fotografia è di Mai più lager – No ai Cpr) inciso sul muro da Ousmane Sylla, ragazzo guineano che si è suicidato all’alba di domenica 4 febbraio al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria, a Roma. È stato ritrovato intorno alle cinque del mattino impiccato alla grata esterna della sezione.
“Era disperato ed era stato visto piangere dagli operatori il venerdì -racconta il deputato Riccardo Magi, segretario di Più Europa, che domenica ha trascorso l’intera giornata nella struttura-. Sembra che volesse tornare nel suo Paese per aiutare i suoi fratelli più piccoli. È stato visto pregare verso le 3, qualche ora prima del suicidio. Abbiamo nuovamente constatato le terribili condizioni in cui vivono le persone. Questi luoghi sono un buco nero del diritto, dediti solo all’afflizione delle persone”.
Il ragazzo, 22 anni, era entrato al centro di Ponte Galeria il 27 gennaio dopo essere stato trasferito da quello di Trapani, in seguito alle rivolte che hanno reso inagibile gran parte della struttura il 22 gennaio. Nei giorni successivi all’incendio, i reclusi avrebbero vissuto in condizioni disastrose: senza la possibilità di cambiarsi, con vestiti bagnati e stipati nell’unico settore disponibile. Giorni che avrebbe vissuto anche il ragazzo prima di essere trasferito a Roma, dove sarebbe arrivato con una prescrizione medica per un antiepilettico, senza però averlo mai assunto, secondo quanto riportato dagli infermieri del centro. Era entrato per la prima volta nel Cpr siciliano il 13 ottobre: quasi quattro mesi di detenzione ininterrotta.
Il decreto varato dal Governo Meloni nell’ottobre 2023 (numero 124) ha previsto infatti l’allungamento del periodo massimo di trattenimento da tre a 18 mesi. “Un tempo infinito -commenta Valentina Calderone, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Roma-. E fa rabbia pensare che l’allungamento della permanenza è inutile perché aumenta solamente la sofferenza delle persone. Spesso non capiscono perché vivono in quelle condizioni ed è comunque difficile farglielo accettare. Perché non ha senso, anche considerando che mancano gli accordi con i Paesi d’origine”. Secondo gli ultimi dati disponibili del Garante nazionale, i cittadini guineani rimpatriati tra il 2021 e il 2022 sono stati quattro.
Per tutta la giornata di domenica a Ponte Galeria sono continuate le proteste degli altri reclusi che hanno lanciato oggetti e dato fuoco a materassi. Non è chiara la situazione all’interno dei padiglioni né quanto sia danneggiata la struttura. “Le persone perdono la fiducia nelle istituzioni per come vengono trattate, la reazione è quasi inevitabile”, aggiunge Magi. La Garante Calderone racconta che è riuscita solo per un breve periodo a fare ingresso nella struttura. “Abbiamo parlato con alcuni dei reclusi all’interno -aggiunge- avevano visto la scritta sul muro ma non hanno avvisato gli operatori perché non pensavo a tutto questo”. Attualmente sono 99 le persone recluse nel Cpr che è gestito dall’inizio del 2022 da Ors Italia Srl, società con trascorso trentennale nel settore della detenzione amministrativa che ha gestito anche le strutture di Torino e Macomer (NU). “La persone vivono in condizioni disastrose: dall’alimentazione all’igiene, passando per l’assenza di indumenti intimi puliti e l’impossibilità di farsi una doccia calda”, riprende Magi.
Roma non è un caso isolato. A Caltanissetta i reclusi nel Cpr lamentano un trattamento simile a seguito di una rivolta scoppiata nella notte tra venerdì e sabato 27 gennaio. “Non ce la facciamo più, ci picchiano non mangiamo, non abbiamo un bagno adeguato, viviamo come animali e nessuno si prende cura di noi”, questa la testimonianza di uno dei reclusi in un video verificato da Altreconomia. “Presidente, guardi come viviamo”, dicono richiamando l’attenzione del presidente tunisino Kaïs Saïed. La protesta avrebbe reso inagibili due delle tre sezioni della struttura, con una capienza che si sarebbe ridotta dai 92 posti “ordinari” ai circa 60 attuali. Diverse fonti hanno confermato che la scorsa settimana i vigili del fuoco sarebbero intervenuti nella struttura. Nel silenzio. In totale sarebbero 30 i presenti all’interno della struttura che è gestita dalla Albatros 1973 dal 12 giugno dello scorso anno.
La cooperativa sociale con sede legale a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, documenti della Camera di commercio alla mano, si occupa di “gestione di centri di accoglienza” per immigrati “clandestini e non”. Attualmente gestisce due centri di accoglienza straordinaria -a Firenze da 273 posti e a Catanzaro da 150- mentre non è riuscita ad aggiudicarsi le gare relative agli hotspot di Lampedusa e Pozzallo, e al Cpr di Roma Ponte Galeria. Per quanto riguarda Caltanissetta, la Albatros era arrivata quinta nella gara d’appalto da 5,3 milioni di euro pubblicata dalla prefettura nell’ottobre 2021 ma le irregolarità nelle offerte di ben quattro cooperative (La Mano di Francesco, Officine sociali, Oltre il mare ed Ekene), tra cui offerte economiche spropositatamente basse, hanno permesso ad Albatros 1973 di rilevare la gestione del Cpr.
Già in passato il Cpr di Pian del Lago era finito sotto i riflettori. Un servizio di Chiara Proietti D’Ambra per Piazzapulita su La7 aveva mostrato le terribili condizioni di vita all’interno della struttura. Secondo gli ultimi dati del Garante nazionale dei detenuti nel 2022 sono transitate nel Cpr siciliano 1.074 persone con una permanenza media di 15,5 giorni e un tasso di rimpatrio quasi dell’87%, mentre la media nazionale come noto è piantata al 49%. La prefettura siciliana non ha risposto alle domande relative alla condizione delle persone recluse. Il silenzio continua, così come le morti nei Cpr. “Vogliamo risposte dal governo -conclude Magi-. A partire da quelle interrogazioni sull’abuso di psicofarmaci nei centri (formulate a partire dalla nostra inchiesta ‘Rinchiusi e sedati’, ndr) rispetto a cui siamo ancora in attesa di una risposta da quasi dieci mesi. Altro che rilanciare questo sistema costruendo nuovi Cpr: vanno chiusi”.
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