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Tremila chilometri in bicicletta per sostenere chi salva la vita in mare

L’operatrice umanitaria Vincenza Lofino è partita dalla Tunisia a fine aprile e arriverà verso metà giugno a Milano. Mentre pedala raccoglie fondi per ResQ, la flotta di soccorso della società civile. “Sono nata a Brindisi, sento molto la questione dell’umanità che attraversa il Mediterraneo”

Tremila chilometri via terra, da sola, in bicicletta, per salvare chi rischia la vita in mare. Vincenza Lofino, 37 anni, operatrice umanitaria, è partita dalla Tunisia a fine aprile e arriverà verso metà giugno a Milano. “Sono nata a Brindisi, sento molto la questione dell’umanità che attraversa il Mediterraneo. Il mare è vita e morte, bisogna capire da che parte stare”. Lei da quella di chi salva le persone: mentre pedala, infatti, raccoglie fondi per ResQ, la flotta della società civile per il soccorso in mare. 

Laureata in Lingue, lavora nella comunicazione e nel fundraising, finché, a 32 anni, lascia il posto fisso “per seguire qualcosa di più urgente”. E dopo un master in Cooperazione internazionale, inizia la sua “seconda vita”: opera per diverse Ong in Siria, Giordania, Togo e per l’Ocha (l’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari) si occupa di Somalia, finché il Covid-19 e il lavoro da remoto le fanno tornare voglia di Mediterraneo. 

Nel settembre del 2021 si trasferisce in Tunisia: il suo ultimo contratto scade il 24 aprile 2022 e il 27 inizia la sua impresa. “Sono una sportiva, sono stata una calciatrice finché mi sono rotta il crociato, e nel 2019 mi sono appassionata alla bicicletta e al cicloturismo”. Ma dietro c’è soprattutto una motivazione personale e vocazionale: “Volevo legare lo sforzo fisico a qualcosa di concreto. Conosco il team di ResQ e, visto che stavano preparando la terza missione, ho pensato di unire le due cose. E poi ho connesso i due Paesi che amo di più: l’Italia e la Tunisia”. 

Lofino è partita da Sidi Bouzid, la città dove nel dicembre del 2010 scoppiò la rivoluzione dei gelsomini, la prima delle cosiddette Primavere arabe, che portò alla fine del regime di Ben Alì in Tunisia e si estese in Egitto, Siria e Libia. “Lego tutto quello che faccio ai simboli -continua- per questo sono partita da Sidi Bouzid. Non volevo fare soltanto una traversata, ma in parte rivivere lo sforzo delle persone senza speranza”. Anche per questo è voluta passare a 30 chilometri dal confine con la Libia. 

Si è allenata per tre mesi intensivamente ma non tutto è andato come previsto. Un’intossicazione e un’insolazione l’hanno bloccata a Djerba. “C’è stata una tempesta molto forte -racconta- il vento soffiava a 35 chilometri all’ora e alzava la sabbia, ho faticato tantissimo. Solitamente pedalo dalle cinque di mattina a mezzogiorno ma a causa del vento questa volta ho perso tempo e continuato anche nelle ore più calde. A un certo punto ho visto uno stagno: mi è sembrato un miraggio e ci ho immerso tutta la testa, senza bere, ma evidentemente non era pulitissima”.

E poi la catena montuosa del Dahar, l’acqua che non bastava, la bici portata a mano per il vento, nessuna anima viva per ore. “Quando arrivo nei villaggi, tutti mi chiedono se sono sola o se ho lasciato il gruppo indietro” dice ridendo. “La sola paura che ho è che i tendini mi abbandonino. Questa tratta è stata già percorsa da altre donne, anche se in gruppo, e poi sulla costa ci saranno molti ciclisti”. 

Ma Lofino non è una sprovveduta: prima di partire ha allertato, tramite conoscenze, la Protezione civile tunisina, che la monitora e all’occorrenza aiuta. Ma è soprattutto sulla rete di contatti che conta: amici di amici e gruppi di ciclisti. “Sono esterrefatta dall’accoglienza tunisina. Forse c’è ancora la stessa ospitalità in certe parti del nostro Sud, ma la stiamo perdendo. Ricordo quando c’erano gli sbarchi degli albanesi in Puglia, la mia famiglia, come tante altre, li accolse in casa. Sento lo stesso slancio spirituale, al di là delle religioni”. 

I momenti più belli restano gli incontri con le persone: “Sono partita durante il Ramadan e ricordo soprattutto gli Iftar, le cene di rottura del digiuno. In un’occasione soltanto ho digiunato anche io, per rispetto della famiglia che mi ospitava”. 

Oltre a donare, si può seguire il percorso di Lofino in tempo reale, attraverso le coordinate Gps e i suoi canali social (qui i link). “Vorrei arrivare a tremila euro -dice Vincenza-. Chi dona è come se pedalasse con me”.

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