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Finanza / Opinioni

Su debito, tassi e inflazione il 5% della popolazione statunitense sta dettando le regole

© Ryan Quintal - Unsplash

I super ricchi degli Stati Uniti -hedge fund in testa- traggono enormi benefici da un’inflazione che spinge a tassi alti ed è in grado di fare terra bruciata a ogni altra realtà in giro per il mondo. L’Europa, però, risponde alla dollarizzazione spinta della Fed con la stessa ricetta, producendo solo austerità. L’analisi di Alessandro Volpi

Gli Stati Uniti stanno gonfiando in maniera gigantesca il loro debito federale ma il dollaro continua a essere giudicato un bene rifugio. In una settimana il Tesoro Usa colloca 183 miliardi di dollari pagando quasi il 5%; lo può fare grazie alla dollarizzazione, alla garanzia finale di coprire questa montagna di debito con il dollaro, attraendo così al tempo stesso i ricchi risparmi internazionali.

In Italia il private banking raccoglierà nel 2024 oltre 1.100 miliardi di euro, una parte molto rilevante dei quali -circa il 70%- finiranno negli Stati Uniti, dove sono attratti dai tassi alti pagati, appunto, con la creazione di dollari. Anche le fondazioni bancarie destinano oltre il 46,5% del proprio patrimonio a Etf (Exchange-traded fund, ndr) in larga misura di fattura statunitense. Come è possibile un simile paradosso?

Ci sono varie ragioni, ma due colpiscono perché hanno a che fare con la narrazione. La prima è costituita dal fatto che proprio i grandi fondi che gestiscono il risparmio mondiale raccontano con forza l’insostituibilità del dollaro. La seconda è individuabile nel fatto che la stampa più influente, Wall Street Journal, New York Times, Usa Today, ha come maggiori azionisti quegli stessi fondi. Il monopolio del dollaro e il monopolio degli Stati Uniti si legano a una narrazione guidata con ossessiva attenzione da tre o quattro colossi, Vanguard, BlackRock e State Street.

Secondo i dati della Federal reserve (Fed), a inizio 2024 i dieci principali fondi Usa avevano attivi per quasi 44mila miliardi di dollari e tre di loro, Vanguard, BlackRock e State Street, appunto, ne controllavano oltre 22mila miliardi mentre tutte le banche degli Stati Uniti ne hanno per 23mila miliardi. Si tratta di un fenomeno impressionante. Nel 2008 gli attivi dei fondi erano di 12mila miliardi, una cifra simile a quella delle banche. Dunque i fondi, e tre in particolare, sono diventati i padroni del risparmio gestito ben oltre le banche. Dal 2019, inoltre, gran parte dello stesso sistema bancario ha come principali azionisti i grandi fondi. In Jp Morgan, ad esempio, Vanguard, BlackRock e State Street hanno il 20%.

C’è poi un’ulteriore motivazione. I grandi fondi stanno estendendosi in ogni settore così da drenare tutto il risparmio disponibile, dalle assicurazioni, ai sistemi pensionistici a quelli sanitari. Nel frattempo, attraverso partecipazioni incrociate, i fondi più grandi comprano pezzi di altri fondi come nel caso di Kkr, Fidelity e Apollo global management. Il vero potere consiste nel raccogliere il risparmio mondiale in poche casseforti e gestirle comprando le economie e determinando i prezzi, rigorosamente in dollari, così da annullare il paradosso ricordato in apertura. In questo senso sono molto utili anche gli oltre 90 miliardi stanziati dal Congresso degli Stati Uniti per ribadire la supremazia degli Usa in giro per il mondo. Nel frattempo l’Europa non pare consapevole di quanto sta avvenendo. L’economia degli Stati Uniti cresce poco meno del 3% e quella europea dell’0,8%.

Tuttavia la Federal reserve e la Banca centrale europea seguono le stesse politiche monetarie. Ormai per la Fed i tassi alti sono una regola, come ha ricordato l’amministratore delegato di Jp Morgan, Jamie Dimon, e potrebbero significare una remunerazione per i compratori di debito Usa dell’8% a fronte di una, a suo dire, inevitabile ripresa dell’inflazione. Dunque se i tassi Usa saliranno all’8% i risparmi di tutto il mondo saranno ancor più attratti dai titoli americani, che garantiranno lauti guadagni alle banche e ai clienti dei grandi fondi a stelle e strisce, ben felici di sostenere una dollarizzazione destinata a finanziare la competitività americana. I super ricchi degli Stati Uniti possono trarre grandi benefici da un’inflazione che spinge a tassi alti in grado di fare terra bruciata a ogni altra realtà in giro per il mondo, anche perché, se l’Europa risponde alla Fed con la stessa ricetta produce solo austerità.

Il 5% della popolazione statunitense -una parte infinitesimale di quella planetaria- detta le regole del gioco, almeno nella società occidentale e in tutte quelle dollarizzate in nome della libertà e del mercato. In Europa, intanto, variamo una nuova e bella stagione di “rigorismo” riproponendo un incredibile Patto di stabilità.

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento.

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