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Finanza / Attualità

Ribellarsi al debito illegittimo: l’esperienza di Napoli

A fine aprile la Giunta comunale ha deliberato la cancellazione di una parte del debito da 2,7 miliardi di euro. Una presa di posizione contro le politiche di austerità che strozzano gli enti locali, in piena emergenza Covid, maturata grazie al lavoro di una consulta composta da esperti e cittadini. Tra i punti più delicati in agenda, il ruolo di Cassa depositi e prestiti e i derivati

© Maria Tavernini

Prima che la pandemia da Covid-19 costringesse a spostare le riunioni su Zoom, tra le stanze neoclassiche di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, si è tenuto un importante esperimento di democrazia partecipativa -il primo in Italia- per una nuova finanza pubblica locale e nuovo modello economico degli enti territoriali. Lo scorso settembre è stata istituita infatti la Consulta di audit sulle risorse e sul debito della città di Napoli, voluta e costruita dal movimento Massa Critica nelle piazze cittadine insieme all’amministrazione comunale per affrontare la questione del debito definito “illegittimo”. Un’esperienza che ha avuto precedenti illustri, come la Commissione per il debito in Grecia e i comitati per l’Audit in Ecuador e prima ancora in Messico.

I lavori della Consulta hanno portato a un importante (primo) traguardo cui si dovrà dare adesso attuazione. Si tratta della delibera sulla cancellazione di una parte del debito approvata lo scorso 24 aprile dalla Giunta napoletana, un atto importante e delicato, il primo del suo genere in Europa: una presa di posizione contro le politiche di austerità che strozzano gli enti locali. Napoli -capofila di molte città sull’orlo del default- fu il primo grande Comune a dichiarare fallimento e da anni si trascina un debito che ha raggiunto quota 2,7 miliardi di euro: un peso enorme, oggi più che mai.

La Giunta guidata dal Sindaco Luigi de Magistris, con il supporto dei movimenti sociali, si è opposta al debito già nell’aprile del 2018. Adesso l’ha messo però in discussione con un atto politico e amministrativo importante, giuridicamente motivato. La delibera è il frutto del meticoloso lavoro della Consulta di audit napoletana, sostenuta anche dal Comitato per l’abolizione del debito illegittimo (Cadtm) e dalla rete Attac Italia. Composta da 20 membri tra cui esperti e cittadini presieduti dal giurista Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, è divisa in tre commissioni: debito ingiusto, nuova finanza pubblica e derivati, e dismissioni, ossia il patrimonio pubblico messo in vendita a copertura del bilancio. I membri della Consulta -che ha funzione di studio, analisi e proposta- hanno lavorato a stretto contatto con l’assessorato al Bilancio, facendo da organo consultivo dell’ente pur mantenendo autonomia.

La citata delibera della Giunta giunge in un momento significativo. Nel mezzo dell’emergenza sanitaria, economica e sociale dovuta alla pandemia, i Comuni, come enti di prossimità, sono le istituzioni più vicine ai cittadini e quelle chiamate a dare risposte alla crisi. Ed è proprio sui Comuni che si è abbattuta la falce di 20 anni di austerità e misure incentrate sul pareggio di bilancio e sulla stabilità, che si sono tradotte in 22 miliardi di euro di tagli tra il 2010 e il 2017. Austerità che ha generato nuovo debito.

Nella delibera 117 che ha per oggetto la cancellazione del debito “storico” sono affrontate quasi tutte le questioni trattate dalla Consulta: commissariamenti, derivati e interessi sui mutui con Cassa depositi e prestiti (Cdp). Il debito è respinto e riaccollato allo Stato, ai sensi di una norma contenuta nel decreto Milleproroghe per cui si attende il decreto attuativo. Sono contestati i tassi fuori mercato dei mutui attivi con Cdp e annullati unilateralmente gli strumenti di finanza derivata. Inoltre, è chiesta la sospensione della sentenza 4/2020 della Corte costituzionale -che lo scorso gennaio era entrata nel merito della querelle tra il Comune di Napoli e la Corte dei Conti sull’entità del debito cittadino, dichiarando incostituzionali le leggi statali sulle anticipazioni di liquidità- e la deroga al patto di stabilità interno, così come avvenuto per gli Stati.

“Il Commissario è una persona dello Stato che ha fatto debiti per lo Stato: non deve continuare a pagare una città che ha già pagato fin troppo, anche in termini ambientali, morali e sociali”, spiega ad Altreconomia Vincenzo Benessere, membro di Massa Critica e parte della Consulta. “Tutti i disconoscimenti del debito si basano su atti unilaterali ma è la prima volta che lo fa un ente locale. La decisione è supportata da una serie di articoli della Costituzione palesemente contraddetti, e da una serie di atti amministrativi del codice di procedura civile”. Oltre ai debiti delle stagioni commissariali -l’emergenza rifiuti, quella del dissesto idrogeologico, l’emergenza viabilità e quella di Bagnoli, e infine la ricostruzione post terremoto del 1980 che, da sola, pesa per 200 milioni sul bilancio- l’indebitamento del Comune è costituito principalmente dai mutui con Cassa depositi e prestiti, ente nato nel 1850 e “alimentato” dai risparmi postali dei cittadini, la cui funzione era finanziare gli investimenti degli enti locali a tassi agevolati.

Dalla trasformazione in società per azioni, nel 2003, la Cdp ha assunto sempre più il ruolo di garante, leva finanziaria e attuatore del processo di dismissione del patrimonio pubblico -detto “valorizzazione”- e della privatizzazione dei servizi. “La Cdp non risponde più come governance a un ragionamento statale però è lo Stato (all’85 per cento). Perché tiene sotto scacco gli enti locali? -chiede Benessere-. Anche se il debito ascrivibile agli enti locali è solo l’1,8 per cento del debito pubblico nazionale, i tassi sui mutui concessi ai Comuni da Cdp arrivano al 4-5 per cento, cioè il 500 per cento superiore a quello delle Regioni. Perché si strozza chi ha così poco debito ed eroga così tanti servizi?”. Basterebbe dimezzare -non azzerare- i tassi per ridare respiro ai Comuni.

A incidere pesantemente sul bilancio almeno per un altro ventennio ci sono poi la finanza creativa e i derivati. Si tratta di prodotti finanziari complessi che hanno assunto un ruolo centrale nell’economia diventando strumenti di speculazione. “È uno scambio di flussi che si basa su una scommessa sui tassi di interesse. I derivati vengono presentati come un qualcosa di allettante, perché comportano un upfront, un’anticipazione che viene elargita al Comune, che poi ripaga abbondantemente in interessi”, spiega Corrado Conti, membro della Consulta e responsabile del Servizio finanziario della Provincia di Lecco. “Un ente pubblico non dovrebbe assolutamente usare questi strumenti, tipico prodotto della seconda decade degli anni duemila, post-crisi finanziaria”, poi vietati nel 2012.

La possibilità della rinegoziazione dei tassi con Cdp -cui molti Comuni sull’orlo del default quest’anno faranno ricorso- non basta. Come per i contratti di finanza derivata, anche nel caso dei mutui con Cdp con la rinegoziazione l’amministrazione posticiperebbe soltanto il problema, che resta però sulla città e i suoi abitanti. “Oltre al patto di stabilità, già fortemente ridimensionato, in questo momento andrebbe sospeso anche l’obbligo di pareggio finanziario”, spiega ancora Conti, “Quest’anno tutti gli enti locali sono in default: l’impatto economico del Covid porterà a una riduzione delle entrate tributarie ed extratributarie a fronte di un aumento delle spese per l’emergenza sociale. La rinegoziazione dei mutui con Cdp è inadeguata perché spalma nel tempo il pagamento della quota capitale dei mutui ma non risolve la questione, serve ridurre l’onere degli interessi”.

Un’altra questione importante di cui si sta occupando una specifica commissione della Consulta è quella relativa alla revisione del piano delle alienazioni, ossia la parte di patrimonio immobiliare pubblico messo a garanzia del bilancio cittadino. “La partita vera si gioca proprio sul patrimonio”, ha riferito Benessere durante l’ultima riunione a distanza della Consulta, introducendo i prossimi passi strategici ed esecutivi. È un tema centrale quello delle dismissioni, che sarà al centro della prossima riunione e, si spera, troverà posto in una delibera ad hoc che permetta di arrestare il processo di svendita della città.

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