Interni / Opinioni
Quando il pallone gira tra business e mafia
I fatti di Cernusco sul Naviglio e gli omicidi di capi ultras raccontano le dinamiche di infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo calcio. La rubrica di Pierpaolo Romani
Ci vuole il morto perché in Italia si torni a parlare di mafia. E nel caso specifico dei fatti avvenuti recentemente a Cernusco sul Naviglio (MI) -dove un capo ultras dell’Inter ha assassinato un esponente di una nota famiglia della ‘ndrangheta calabrese- si parli dell’inserimento di esponenti delle cosche nel dorato, si fa per dire, mondo del calcio. Da diversi anni, come documentato nel libro “Calcio criminale” (Rubbettino), i mafiosi hanno deciso di investire nel mondo del pallone, sia dilettantistico sia professionistico. Le ragioni sono fondamentalmente due: il calcio è una “lavatrice” che permette alle organizzazioni criminali di riciclare denaro sporco frutto, in particolare, del traffico di sostanze stupefacenti. Grazie a questo sport, inoltre, è possibile acquisire importanti quote di consenso sociale che, alla bisogna, si trasformano anche in consenso elettorale.
Il calcio è un mondo affamato di soldi e questi ultimi non sempre sono disponibili. In un contesto economico dove tanti imprenditori faticano a restare sul mercato e sono alla ricerca di capitali chiedendo prestiti a banche e società finanziarie, i mafiosi si trovano in una posizione di vantaggio: il loro problema è spendere i soldi, non cercarli. Ecco allora che il boss di turno può apparire come un Robin Hood, un salvatore della squadra che rischia la retrocessione o che le permette, acquistando bravi calciatori e un ottimo allenatore, di risalire le classifiche e di entrare in prestigiose competizioni territoriali, nazionali o internazionali.
I mafiosi, tuttavia, come ha documentato nel 2017 la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Rosy Bindi e intitolata significativamente “Mafia e calcio”, sono interessati anche a inserirsi nelle curve degli stadi, che sono territori notoriamente importanti come piazze di spaccio di droga. Non solo. I mafiosi sono interessati al controllo dei parcheggi attorno agli stadi e all’esercizio dell’estorsione nei confronti dei cosiddetti “paninari” che vendono centinaia di panini e bevande ai tifosi. Un altro settore di interesse criminale è il merchandising: magliette, cappellini e altri oggetti, originali o contraffatti, garantiscono un enorme fatturato.
Da ultimo, vale la pena rammentare il grande business del bagarinaggio che svela una cosa che molti sanno ma nessuno denuncia: la complicità di diverse società con il mondo criminale e con pezzi di politica estrema, in particolare quella di destra. Criminali ed estremisti politici hanno il potere di controllare le curve e questo permette loro di garantire la pace sociale sugli spalti o di creare problemi di sicurezza a cui anche le società di calcio possono essere chiamate a rispondere in termini economici: multe o chiusure delle curve per alcune partite. Donare biglietti omaggio che poi vengono rivenduti a prezzi stellari sul mercato nero frutta migliaia di euro al mese. “Faccio 80mila euro al mese con biglietti e parcheggi”, ha affermato nel 2021 il capo ultras nerazzurro Vittorio Boiocchi -intercettato nel corso di un’indagine-, assassinato due anni fa sotto la sua abitazione a Milano.
Sarebbe di 80mila euro il guadagno mensile di Vittorio Boiocchi, capo ultras, frutto di bagarinaggio e controllo dei parcheggi attorno allo stadio di San Siro. L’informazione è stata intercettata durante l’attività di indagine
La violenza, non si dimentichi mai, è una caratteristica strutturale delle mafie e, purtroppo, il suo uso si sta accentuando anche nel mondo ultras che ha mutuato codici e rituali di affiliazione dalle cosche. Botte, minacce e intimidazioni possono essere rivolte anche ai calciatori, come ha documentato per anni l’Associazione italiana calciatori con il suo rapporto “Calciatori sotto tiro”. Si prende di mira un atleta perché si perde, perché si vuole impedire o caldeggiare un suo trasferimento. Una squadra finisce nel mirino perché retrocede o perde un derby. Su tutto, inoltre, aleggia l’ombra delle scommesse illecite, altro grande problema di quello che viene definito come “lo sport più bello del mondo”.
Pierpaolo Romani è coordinatore nazionale di “Avviso Pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”
© riproduzione riservata