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Diritti / Inchiesta

Protezione altrove: ruolo e impatti dell’Agenzia europea per l’asilo

© flickr.com/photos/european

Subentrata un anno fa all’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, anche Euaa, come Frontex, è sempre più un attore chiave nelle politiche dell’Ue alle frontiere. Tra “supporto” ed esternalizzazione. In Italia c’è dal 2013, con personale precario

Tratto da Altreconomia 258 — Aprile 2023

Nell’Europa dove la pratica dei respingimenti è diventata sistema ordinario di “governo” dei flussi migratori a scapito del diritto d’asilo, anche con il coinvolgimento di Frontex, opera un’altra Agenzia, meno nota e dibattuta, chiamata a “garantire l’applicazione efficace e uniforme” del diritto d’asilo europeo negli Stati membri, “rispettando pienamente i diritti fondamentali”. Si tratta dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (Euaa), istituita con il Regolamento 2021/2303 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2021 ed entrato in vigore il 19 gennaio 2022.

È subentrata all’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo), in attività dal febbraio 2011, ritenuto poi dalle istituzioni europee incapace di affermare un vero e proprio “Sistema europeo comune di asilo” (Ceas). Specie dopo quelli che il Regolamento di Euaa definisce “arrivi incontrollati e di massa di migranti e richiedenti asilo nell’Unione”, riproponendo la falsa retorica della “crisi dei rifugiati” che innerva il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo presentato dalla Commissione europea nel settembre 2020.

Sta di fatto che Euaa nel suo nuovo mandato viene dotata dello status di vera e propria Agenzia, ne viene sancita l’indipendenza, si vede ampliati i compiti, assegnato personale e un budget iniziale di 172 milioni di euro (nemmeno un quarto di quello di Frontex, a ribadire le priorità dell’Ue). Quartier generale a Malta -tra i Paesi europei più refrattari all’auspicato sistema comune di asilo- e uffici ad Atene, Bruxelles, Roma, Nicosia, Madrid. Pure a Varsavia, dove ha “casa” Frontex, con la quale Euaa -oltre lavorarci “in stretta collaborazione”, trasmettendole anche i dati personali che tratta, come prevede il Regolamento-, condivide l’esser finita sotto la lente dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), come ha confermato al Parlamento europeo a fine febbraio 2023 Johannes Hahn, parlando a nome della Commissione. Nel settembre 2022 il Financial Times aveva infatti dato conto delle accuse rivolte da personale interno all’Agenzia contro l’attuale direttrice esecutiva, la slovena Nina Gregori, e colleghi di vertice, per presunto nepotismo, report falsi forniti a Parlamento e Commissione nonché cattiva gestione di denunce di molestie.

All’inizio del suo già travagliato percorso, poco più di un anno fa, l’Agenzia aveva in capo otto operazioni in Belgio, Cipro, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta e Spagna, ereditate da Easo. Al marzo di quest’anno sono salite a tredici, con l’aggiunta di Austria, Romania, Moldavia, Olanda, Repubblica Ceca e Slovenia.

I “compiti” di Euaa definiti dal Regolamento sono molteplici e hanno un decisivo impatto sulla vita dei richiedenti asilo. Si va dal “facilitare, coordinare e rafforzare” la cooperazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sui loro sistemi di asilo e di accoglienza al fornire “un’efficace assistenza operativa e tecnica agli Stati membri, in particolare nei casi in cui i loro sistemi di asilo e di accoglienza siano sottoposti a pressioni sproporzionate”. Si occupa di costituire e inviare le cosiddette “squadre di sostegno per l’asilo”, assistere gli Stati Ue nelle azioni relative al reinsediamento e nella formazione di quelle amministrazioni od organismi “responsabili delle questioni attinenti all’asilo”. Ruolo chiave ha poi nello sviluppare “analisi comuni sulla situazione nei Paesi d’origine e note di orientamento” -importantissime nella valutazione delle domande di asilo- così come informazioni “sui Paesi terzi per quanto riguarda il concetto di Paese di origine sicuro” e quello di “Paese terzo sicuro”. L’Agenzia fa supporto: la competenza degli Stati di decidere in merito alle singole domande di protezione internazionale non è toccata.

Accade anche in Italia, dove Euaa opera da dieci anni. Ora lo fa in forza di un Piano operativo di supporto triennale (2022-2024) e un budget previsionale sul 2023 di 12,7 milioni di euro: si tratta della seconda più grande operazione nell’Ue dopo la Grecia, che da sola assorbe oltre 36,4 milioni. I punti dove interviene l’organico di Euaa nel nostro Paese sono oltre 60, tra uffici immigrazione delle questure (per accelerare la registrazione delle domande di asilo o individuare casi di vulnerabilità), sezioni specializzate in materia di immigrazione e protezione internazionale dei tribunali (anche per fornire le “Country of origin information” o coordinare la presenza di mediatori in udienza), commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale (fino al 2019), Unità Dublino presso il ministero dell’Interno, prefetture (per l’accesso al sistema di accoglienza), alcuni porti di sbarco. Si va da Lampedusa a Trento, da Crotone a Milano.

Anche l’Agenzia europea per l’asilo, così come Frontex, è finita sotto la lente dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode. L’inchiesta è in corso sotto stretto riserbo

Il personale impiegato al 28 febbraio di quest’anno -ci ha fatto sapere l’Agenzia- è pari a 193 unità: 86 lavorano con un contratto subordinato tramite agenzia interinale (Adecco), 80 sono consulenti esterni in regime di partita Iva -quindi senza ferie, malattie, permessi familiari o di studio, e con adempimenti fiscali a carico-, 26 sono i membri interni dello “staff” e infine un “esperto dello Stato membro”. L’assetto fotografa la strutturale condizione di precarietà di chi, quotidianamente e con un’alta formazione, incrocia situazioni fragilissime come quelle di richiedenti asilo, vittime di tratta o di sfruttamento. E che invece è mantenuto in una condizione di perenne intercambiabilità, sostituibilità, subalternità, come denunciano alcuni ex collaboratori di Euaa ad Altreconomia, preferendo rimanere anonimi. Già nell’ottobre 2019 la Corte dei conti europea aveva contestato irregolarità nell’assunzione del personale interinale dell’allora Easo in Italia, un paradosso per chi dovrebbe invece tutelare e implementare i diritti umani. Ne è scaturita nel 2020 la sindacalizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori con la categoria NIdiL della Cgil -unicum a livello europeo-, snobbata da Euaa che non li ha mai voluti riconoscere come interlocutori giocando sull’intermediazione di Adecco. L’esperienza sindacale si è conclusa nel 2022 con la “forte preoccupazione” per la parziale virata di Euaa sulle ancor più deboli e parcellizzate partite Iva.

In tutto questo, chi controlla chi? Il Regolamento dell’Agenzia prevede un “Meccanismo di monitoraggio dell’applicazione operativa e tecnica del Sistema europeo comune di asilo”. Euaa, in stretta cooperazione con la Commissione, dovrebbe cioè prevenire o individuare “carenze dei sistemi di asilo e accoglienza degli Stati membri” e valutarne la “capacità e la preparazione a gestire situazioni di pressione sproporzionata”. Si pensi al caso italiano, con persone escluse dall’accoglienza nonostante posti vuoti, richiedenti asilo costretti a dormire la notte fuori dalle questure, respingimenti diretti o per procura, ostacoli di ogni tipo. L’entrata in vigore del monitoraggio è stata però rinviata al 2024 e quindi al momento non se ne parla. “E comunque è intesa come aiuto agli Stati”, ci tiene a precisare l’ufficio stampa di Euaa.

Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà di Trieste e membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, riflette sul tema della trasparenza. “Nel suo mandato la nuova Agenzia dovrebbe promuovere il diritto dell’Unione e il diritto internazionale in materia di asilo e le norme operative per garantire un alto grado di uniformità sulla base di norme di tutela elevate nelle procedure di protezione internazionale, nelle condizioni di accoglienza e nella valutazione delle esigenze di protezione in tutta l’Unione, consentendo una solidarietà reale e pratica tra Stati membri al fine di aiutare in generale i Paesi e in particolare i richiedenti asilo. Per svolgere questi ruoli in modo efficace sarebbe necessario prevedere forme strutturate di interazione e consultazione con enti di ricerca e associazioni di tutela dei diritti fondamentali dei rifugiati operanti a livello nazionale e a livello dell’Unione. È vero che l’articolo 51 del Regolamento istitutivo prevede un Forum di consultazione con le associazioni e gli organismi di tutela del diritto d’asilo, ma, anche sulla base delle prime esperienze, tali contesti appaiono più una formalità che una vera volontà di confronto. Non si comprende infatti se l’Agenzia sia tenuta o meno a dare riscontro concreto rispetto alle segnalazioni e ai report che possono giungerle dalle organizzazioni non governative, specie nel caso in cui queste segnalino gravi violazioni. L’Agenzia si presenta dunque come una sorta di mondo chiuso ed emerge con chiarezza il timore di interagire con realtà diverse dagli Stati o dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, in quanto potrebbero sollevare temi molto sgraditi. Penso ai sistematici e crescenti abusi sull’accesso alla protezione, sui respingimenti alle frontiere interne ed esterne e sul restringimento dei criteri di esame delle domande di asilo. L’unico minimo riferimento a un’attività trasparente di Euaa riguarda la previsione di ‘dover riferire al Parlamento europeo due volte all’anno in merito alla sua analisi’, ma si tratta di un impegno del tutto generico”.

Intanto l’Agenzia non si limita a operare all’interno dei confini dell’Unione ma può spingersi anche fuori. Nel sostenere gli Stati membri “nella cooperazione con i Paesi terzi nelle materie attinenti alla dimensione esterna del Ceas”, infatti, può “impiegare” oltre confine dei “funzionari di collegamento”. A una condizione: che in quei Paesi le “prassi di gestione della migrazione e dell’asilo” risultino “conformi alle norme inderogabili in materia di diritti umani”. L’Agenzia si è dotata di una “Strategia di cooperazione esterna”, appena rinnovata nel marzo 2023 dal Consiglio di amministrazione, che prevede il ricorso a interventi ad hoc, “Roadmap”, ufficiali di collegamento e “Working arrangement”.

Della natura di questi mezzi di cooperazione, della loro informalità e del ruolo che anche Euaa, come Frontex, possa giocare nella partita dell’esternalizzazione delle politiche d’asilo, si è occupata approfonditamente Marcella Cometti, dottoranda in Diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali dell’Università degli Studi di Ferrara. “Delle Roadmap non si trova alcun riscontro nel testo del Regolamento istitutivo di Euaa”, spiega. E questo è un problema perché sono proprio simili “accordi di soft law stipulati tra Paesi terzi e Agenzie” che “contribuiscono a erodere ancor più il principio del rispetto dello Stato di diritto”. Cometti lo dice mentre scorre l’elenco delle “Roadmap” in vigore: Turchia, Serbia, Macedonia del Nord, Montenegro, Kosovo, Egitto, Bosnia ed Erzegovina, Albania. Snodi chiave per la “gestione” dei flussi dove in questi anni le persone sono state confinate. “Guardando agli sviluppi che hanno interessato Frontex, per cui i Balcani occidentali sono stati il luogo di sperimentazione delle prime operazioni congiunte di controllo alle frontiere in Paesi terzi, non viene difficile immaginare uno sviluppo simile per Euaa -ha scritto la ricercatrice sulla rivista Euweb-; […] da mero rafforzamento delle capacità dei sistemi di asilo e accoglienza a una vera e propria cooperazione operativa sul campo attraverso il dispiegamento di personale dell’Agenzia sul territorio di tali Paesi.

Il budget previsionale dell’Agenzia europea per l’asilo nel 2023 è di 180,1 milioni di euro. Alla voce “Protezione dei diritti fondamentali” sono destinati appena 51.500 euro

Questo permetterebbe all’Agenzia di avere una certa influenza sulle procedure di asilo, magari assimilabile a quella che ha già presso gli hotspot greci”. Non sono pregiudizi. Cometti cita i quesiti posti nell’estate 2022 a Euaa dalla stessa Mediatrice europea, Emily O’Reilly, che riguardavano proprio la tutela dei diritti fondamentali nel suo ruolo di “facilitatrice” nella cooperazione operativa tra Stati membri e Paesi terzi e rispetto al dispiegamento di ufficiali di collegamento. La criticità dell’operato dell’Agenzia riguarda anche missioni condotte dentro l’Unione europea e a supporto di Stati membri. È il caso ad esempio della Lituania, dove a partire dall’estate 2021, a seguito di flussi in ingresso di richiedenti asilo provenienti dalla Bielorussia, oltre alla dichiarazione dello stato di emergenza, sono state introdotte leggi contrarie al diritto dell’Unione europea: dall’ingiustificato trattenimento dei migranti alla frontiera alle limitazioni all’accesso alla procedura di asilo, comunque accelerata. La Commissione europea ha benedetto quello che Cometti definisce un sostanziale “abbassamento degli standard di tutela promosso a livello nazionale”, ed Euaa, invece di svolgere la “preziosa funzione di deterrenza/monitoraggio” che le spetta, sarebbe stata al gioco.

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