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Diritti / Opinioni

Per uscire dal libero mercato è necessaria una convergenza dei diversi movimenti

© Jon Tyson, unsplash

Al giorno d’oggi superare il modello economico di libero mercato ci appare una sfida degna di Ercole. E spesso chi promuove un modello alternativo finisce per isolarsi, senza proporre un cambiamento significativo. Solo collegando i vari fronti in lotta si crea un movimento trasformativo. Le idee eretiche di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 263 — Ottobre 2023

Dai tempi di Omero le Colonne d’Ercole rappresentano il confine invalicabile del mondo conosciuto e delle possibilità umane. L’idea di oltrepassarle sarebbe sembrata frutto di un’insensata superbia. Oggi pensare di uscire dal modello della società di mercato fa lo stesso effetto. Chi ha voluto trasgredire il divieto si è chiuso in piccole comunità, isolandosi dal resto del mondo, o ha costruito un grande movimento operaio, sindacale, politico per poi lasciarsi assimilare dal sistema, oppure ha dato vita a esperienze alternative rimaste finora negli interstizi del capitalismo. Così l’umanità e il mondo naturale sono arrivati sull’orlo della distruzione.

Una simile situazione ha come contraccolpo quell’inversione culturale e politica per cui si accelera la spirale della disgregazione: si aggravano il riarmo delle nazioni, la guerra, la distruzione della natura, l’impoverimento, le diseguaglianze, le persecuzioni, l’abolizione dei diritti, il rancore sociale, la stupidità del neoliberismo, il razzismo, il nazionalismo, il neofascismo e il maschilismo con il suo repertorio di orrori. Questo blocco di sistema minaccia la vita di tutti. Tra i suoi effetti collaterali c’è la solita spaccatura tra le forze politiche che dovrebbero dare corso all’alternativa, perse nella lotta tra riformisti omologati al sistema e antagonisti settari.

Spesso si è parlato di “uscire” dal capitalismo. Più che di “uscire” si tratta di rigenerare l’economia pezzo per pezzo nella convergenza, spesso silenziosa ma incisiva, tra lotte e movimenti specifici che riguardano i diritti di chi lavora, l’uso del denaro e quello delle risorse naturali, la gestione del territorio e dei beni comuni, il reddito di cittadinanza, la lotta alla povertà e non ai poveri, la nuova cittadinanza per le persone migranti, la cooperazione internazionale e la fine dei rapporti coloniali, l’equità fiscale, la distribuzione dei beni, l’agricoltura biosociale e il rispetto della natura, la ridefinizione della struttura dell’impresa e le regole da imporre al mercato, la creazione di circuiti economici solidali e il credito cooperativo, l’educazione economica, la ricerca scientifica necessaria a concepire un nuovo modello, la sobrietà nello stile dei consumi. Su ognuna di queste frontiere ci sono soggetti che già stanno sconfinando oltre le Colonne d’Ercole. Che cosa manca perché questi esperimenti riescano a determinare una svolta storica globale? In un tempo in cui tutti evocano la transizione sono ancora troppo pochi coloro che sono disposti a costruire la strada per realizzarla. In particolare, pesano l’inerzia o la malafede dei governi.

La condizione delle vittime del sistema (colonizzati, migranti, sfruttati, disoccupati, bambini e giovani, donne, pensionati, persone senza fissa dimora, animali, piante) indica già la risposta che serve per la nascita della società futura. Unendo ogni risposta specifica si arriverebbe a delineare un progetto trasformativo e costituzionale di portata mondiale. È vero che non abbiamo ancora una sintesi culturale, con un nuovo pensiero sulla vita comune, una sintesi sociale, con un’alleanza tra tutte le porzioni di umanità oppresse, e una sintesi politica, con governi e istituzioni orientati alla nuova democrazia della giustizia e dell’ecologia. E anche vero che le sintesi necessarie cominciano a maturare se intanto comunità, associazioni, movimenti e reti danno impulso a una collaborazione trasversale e progettuale, senza chiudersi in un’attività monotematica.

Per avverare il sogno di un mondo non più imprigionato nel mercato e nella guerra è tempo di varcare le Colonne d’Ercole, rigenerando l’economia pezzo per pezzo. E lasciandosi alle spalle, finalmente, riformismo omologato e antagonismo settario

I nostri sforzi non sono mai inutili se operiamo per avverare il sogno di un mondo che non sia più imprigionato nel mercato e nella guerra. Dichiarando “I have a dream” nel celebre discorso del 28 agosto 1963, Martin Luther King giunse al cuore del senso che riuniva lì 250mila persone: era non solo il senso dell’impegno per l’uguaglianza e i diritti civili, ma anche quello del futuro umano universale. Se compiuto nella direzione giusta, anche il gesto più piccolo avvicina il giorno della liberazione per tutti.

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “La terra che verrà. Percorsi di trasformazione etica dell’economia” (Ecra edizioni, 2023)

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