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Pedemontana lombarda: la transizione ecologica non passa per la Brianza

Un'immagine d'archivio della Pedemontana lombarda - © iStock

Nella provincia di Monza e Brianza, la più cementificata d’Italia secondo l’Ispra, avanza l’iter dell’autostrada che dovrebbe (sulla carta) congiungere Bergamo e Varese. La mobilitazione dei comitati continua. Quali sono gli impatti ambientali e viabilistici, e il “caso” dell’attraversamento di Seveso

Si riaccende la protesta contro l’Autostrada Pedemontana Lombarda. Durante l’incontro “Pedemontana: l’ora della verità” di inizio dicembre a Lesmo (Monza e Brianza) comitati e amministratori locali hanno ribadito le ragioni della propria contrarietà al progetto infrastrutturale che, secondo i piani originari, dovrebbe attraversare le province a Nord di Milano, congiungendo quella di Varese con quella di Bergamo, passando per Monza e Brianza.

Della Pedemontana si è tornato a discutere dopo il finanziamento dei lotti B2 e C del 31 agosto 2021. Giusto in tempo per godere della misura di defiscalizzazione prevista dalla convenzione unica approvata nel 2014 in scadenza lo stesso giorno. La somma totale è di 1,7 miliardi di euro messi a disposizione in primis dalla pubblica Cassa depositi e prestiti e dalla Banca europea degli investimenti, affiancate da alcune realtà private come Banco BPM, Intesa Sanpaolo, JP Morgan, Mps. La somma stanziata andrà a finanziare la realizzazione del lotto B2, 9,5 chilometri, da Lentate sul Seveso a Cesano Maderno, e del lotto C, 16,5 chilometri, fino a congiungersi con la Tangenziale Est/A51 a Vimercate. Un’area, come riconosce la stessa società Autostrada Pedemontana Lombarda, “problematica sia dal punto di vista urbanistico che ambientale, a causa del passaggio a ridosso degli insediamenti edilizi e dell’attraversamento di aree di pregio naturalistico, come il parco del fiume Lambro, le colline di Arcore e numerose aree agricole“. 

“Avrà un impatto importante su una zona già ampiamente urbanizzata e con molti problemi viabilistici, riducendo ancora di più le residue aree verdi, in particolare tra Lentate sul Seveso e Cesano Maderno”, spiega Alberto Colombo in prima linea, insieme al suo gruppo Sinistra Ambiente Meda, contro il progetto infrastrutturale di Regione Lombardia. Oltre al tema ambientale alla base del “no” convinto alla Pedemontana ci sono anche altre motivazioni: “Ha un impatto notevole sui conti pubblici a fronte di benefici dubbi. Come già dimostrano i dati del traffico delle due tranche completate, la A e la B1, infatti, i veicoli che la percorreranno rischiano di essere decisamente inferiori alle attese, mettendone di fatto in discussione la sostenibilità economica sul lungo periodo”, continua Colombo. Regione Lombardia ha però scommesso da tempo sull’opera: “fondamentale per la crescita dell’economia lombarda e il miglioramento della qualità della vita dei lombardi che, per quanto riguarda la mobilità, avranno un asset in più”, come l’ha definita l’assessore al Bilancio di Regione Lombardia, Guido Guidesi (Lega). Altro importante motivo di preoccupazione per gli attivisti impegnati contro la Pedemontana è il suo tragitto: l’autostrada, infatti, attraverserà Seveso, dove avvenne uno dei più gravi incidenti della storia italiana. Proprio in questo Comune della Bassa Brianza, infatti, avevano sede gli stabilimenti dell’industria chimica Icmesa che il 10 luglio 1976, per un’avaria al sistema di controllo, rilasciarono tra i 15 e i 18 chilogrammi di diossina. Oltre ai danni più immediati, gli effetti si sono fatti sentire anche negli anni successivi: vari studi internazionali hanno certificato nell’area circostante al disastro un incremento di mortalità per tumori, oltre che per malattie circolatorie, malattie croniche ostruttive dei polmoni e diabete. 

© Seveso Futura

È l’idea che attraverso la movimentazione dei terreni nelle aree contaminate dove è previsto il passaggio della Pedemontana possano ripresentarsi i fantasmi del passato ad allarmare gli attivisti. “Sui terreni in cui ancora si trova della diossina i lavoratori indosseranno le stesse tute e le stesse protezioni che a Seveso le persone hanno visto per la prima volta dopo il disastro dell’Icmesa. Sarà come riaprire una ferita”, dice Giorgio Garofalo, capolista di Seveso Futura e neoconsigliere provinciale di Brianza Rete Comune. La presenza della diossina nel terreno è un problema a cui il piano di bonifica della zona B, definito “insufficiente e al risparmio e senza solide garanzie di sicurezza” nell’interrogazione di Seveso Futura, non sembra dare risposte adeguate. Da ultimo, sempre nel Comune brianzolo, al danno si aggiunge la beffa perché, come spiega ancora Garofalo, “attualmente ci sono percorsi ciclopedonali che verranno spazzati via con la grande opera: è gravissimo e paradigmatico il fatto che, ad esempio, in vista di Pedemontana, a Seveso abbiano chiuso l’attuale ponticello, l’unico passaggio ciclo-pedonale, che connette un quartiere periferico con il centro passando per il bosco”. Nella transizione ecologica lombarda, insomma, si tengono chiusi percorsi ciclabili per aprire la strada al traffico veicolare. 

Le critiche emerse a Seveso, nel lotto B2, sono solo una parte dei motivi di contrarietà che il tracciato della Pedemontana provoca nei Comuni attraversati, come emerso nel corso della serata di inizio dicembre quando sono state evidenziate tutte le criticità del progetto definitivo della nuova tratta autostradale. A partire dalla sua inefficacia: nata per decongestionare il traffico della zona, secondo gli attivisti, la Pedemontana con la conseguente imposizione di un pedaggio sulla trafficata strada provinciale Milano-Meda rischia, invece, di creare incrementi di traffico veicolare sulle strade locali, vista l’attuale prevalenza di tragitti di breve e media percorrenza per i quali i pedaggi imposti sull’autostrada sarebbero del tutto sconvenienti. Altro elemento di criticità è il suo impatto ambientale in una Provincia che nell’ultimo report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” dell’Ispra si è confermata quella con la percentuale di suolo artificiale più alta, con circa il 41% di suolo consumato in rapporto alla superficie provinciale e un ulteriore incremento di quasi 27 ettari. Come già successo nella realizzazione delle due tratte precedenti, che ha sacrificato il bosco della Moronera in provincia di Como, infatti, il progetto della nuova autostrada attraverserà e limiterà alcune zone verdi. Nella tratta B2 il Bosco delle Querce, sorto nei luoghi del disastro dell’Icmesa, verrà ridotto, perdendo una superficie di 20.000 metri quadrati. Il tratto C attraverserà, invece, i territori di vari Parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS): da Est a Ovest, insisterà sul parco GruBria, sul Parco regionale Valle Lambro, quello dei Monti Briantei e anche quello Agricolo del Nord-Est. 

L’allarme è già suonato anche tra i Comuni del non ancora finanziato tratto D. In particolare, ad Agrate, a una decina di chilometri da Milano: il sindaco Simone Sironi ha scritto su Facebook che il presidente di Autostrada Pedemontana nella sua audizione in Regione Lombardia avrebbe rispolverato “la tratta D in una versione ‘breve’ che andrebbe a realizzare un collegamento parallelo alla Tangenziale Est A51, andando così a collegare lo svincolo previsto a Velasca con la TEEM-A4, con la gravissima conseguenza di devastare il territorio e chiudere il nostro comune in una stretta di autostrade”. Un groviglio di strade ad alta percorrenza che spaventa il territorio lombardo da Est a Ovest e contro cui “servirà il contributo di tutti, istituzioni e cittadini, per scongiurare questa azione sciagurata e miope”. 

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