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“Ombrelle rosse”, un’alleanza per dare voce a chi è invisibile

In apertura, gli ombrelli rossi, simbolo delle sex worker, trasformati in frisbee, mantelline, aquiloni © Ombrelle rosse

All’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste gli ombrelli rossi, simbolo mondiale delle sex worker, vengono trasformati in mantelline, aquiloni e frisbee. Per restituire alla città le storie di vita stigmatizzate delle lavoratrici del sesso

Tratto da Altreconomia 268 — Marzo 2024

Entrando nel laboratorio della sartoria sociale Lister, al padiglione M dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste -quello che un tempo fu di Franco Basaglia- salta all’occhio una nota di rosso che pervade i tavoli: frisbee, mantelline, aquiloni, tutti realizzati con telina di questo colore. Non è il frutto di una moda ma di un’alleanza, nata per far sì che persone solitamente invisibili, come quegli oggetti dalle tinte accese, non possano più essere ignorate.

I nuovi manufatti della cooperativa sociale nascono da “Ombrelle rosse”, un progetto finanziato dal bando creatività della Regione Friuli-Venezia Giulia, promosso dall’associazione culturale Cizerouno, assieme a Lister, al Comitato per i diritti civili delle prostitute e alla Conferenza permanente per la salute mentale nel mondo Franco Basaglia (Copersamm ConfBasaglia). Tra i promotori c’è anche Ombre rosse, collettivo informale e transfemminista composto da una rete di comitati di sex worker, ex sex worker e persone che ne sostengono le rivendicazioni.

Gli oggetti vengono realizzati, secondo il paradigma dell’economia circolare, recuperando ombrelli rossi, simbolo mondiale delle sex worker, nato nel 2001 alla biennale di Venezia, dall’incontro tra il Comitato per i diritti civili delle prostitute e l’artista Tadej Pogacar. “L’idea è di restituire alla città, attraverso questi oggetti, le storie di vite invisibilizzate e stigmatizzate, come spesso sono quelle dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso -dice Pantxo Ramas, curatore e coordinatore del progetto-, che invece vogliono raccontare della diversità e dell’emancipazione come valori ricchi per tutti”. L’iniziativa, che ha avuto un primo e importante passaggio a settembre 2023, con un workshop al museo Reina Sofia di Madrid, prevede dei laboratori condivisi con la cittadinanza, in cui raccontarsi e raccontare la quotidianità dei e delle sex worker.

In programma per il mese di giugno è prevista anche una mostra itinerante, che si sposterà tra Trieste, Gorizia, Pola e Barcellona, dove approderà in un’altra sartoria sociale che opera in un territorio segnato dalla precarietà e dalla fragilità. “Delle prostitute di solito si dà l’immagine della persona rifiutata, stigmatizzata, disprezzata, che si può uccidere impunemente -afferma Pia Covre, attivista e fondatrice del Comitato per i diritti civili delle prostitute-. Gli artisti, invece, con aspetti spesso romanzati, ci mettono su un piedistallo. Noi vogliamo essere più precisi: chi fa sex work ha una quotidianità simile a quella degli altri. Così, tra chi ci porta in discarica e chi ci porta nei musei, ci piacerebbe riuscire a dire cosa siamo oggi nella realtà”.

“L’idea è di restituire alla città, attraverso questi oggetti, le storie di vite invisibilizzate e stigmatizzate, come quelle dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso” – Pantxo Ramas

“Vorremmo che il momento del tavolo di lavoro o di gioco, come lo definisce Pino Rosati, presidente di Lister, diventasse un luogo in cui, mani negli ombrelli, si può discutere -continua Ramas-, a partire dal dialogo, dall’ascolto, da quei pezzi di vita che sono uguali per tutti ma diversi per tutti.  Lo psichiatra Franco Rotelli, scomparso a marzo 2023, diceva: ‘Vogliamo essere diversi ma non per questo diseguali’. Penso che questa frase si adatti bene al nostro progetto e all’alleanza che ha alla base”.

È significativo, infatti, che l’iniziativa unisca l’esperienza basagliana, l’inclusione lavorativa delle persone marginalizzate -che da anni vede impegnata la cooperativa Lister, che, oltre a operare per la sostenibilità, fa formazione e avviamento alla professione per i soggetti più fragili- con la rivendicazione della visibilità e dei diritti da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del sesso. “Abbiamo aderito per una questione molto semplice -spiega Giovanna Del Giudice, presidente della Copersamm ConfBasaglia-, perché dare voce a persone a cui è stata tolta, rendere visibili gli invisibili, lavorare sugli scarti perché possano tornare a essere risorsa. Per ognuno sono alla base della nostra esperienza, iniziata proprio a Trieste 52 anni fa”.

Da sinistra: Pino Rosati, presidente di Lister e Pantxo Ramas, coordinatore del progetto “Ombrelle rosse” e Pia Covre del Comitato per i diritti civili delle prostitute © Veronica Rossi

In effetti, i rapporti del team di Basaglia con le lotte per i diritti civili delle prostitute sono risalenti nel tempo. “Quando abbiamo fatto un convegno per esprimere le nostre rivendicazioni all’inizio degli anni Ottanta, i basagliani sono stati i primi a essere chiamati -ricorda Covre-. C’erano tutti, tante persone che poi ci hanno seguito e ci sono state vicine negli anni. Ora viviamo un momento complesso, di decadimento dei servizi. La lotta deve continuare”.

Le sex worker subiscono spesso anche le norme che tendono a criminalizzare le migrazioni; molte di loro, infatti, vengono da altri Paesi. “In queste condizioni si rischia di cadere in situazioni di sfruttamento”, commenta l’attivista. E proprio il contrasto alla tratta è l’attività più importante del comitato che, dal 2000, con il progetto Stella Polare sostiene le vittime. “Siamo contente dell’iniziativa Ombrelle rosse e abbiamo accettato con onore ed entusiasmo di partecipare -conclude Hermine Gbedo, responsabile di Stella Polare-, anche perché permette alle persone di lavorare, non solo alle nostre ospiti, ma anche ad altre stigmatizzate e marginalizzate. Le sex worker hanno spesso storie di grande discriminazione. Lavoriamo da anni con persone rese vulnerabili, nel Paese d’origine, ma anche qui, dove hanno aspettative disattese e sono tradite dalle normative e dalla difficoltà di regolarizzazione. È bello poter di nuovo collaborare con Lister per dare la possibilità a qualcuno di usare le proprie capacità in un percorso lavorativo che altrimenti avrebbe difficoltà a intraprendere”.

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