Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Riservato / Opinioni

Non sarà la tecnologia a salvare l’agricoltura

© Getty images

I nuovi Ogm sono l’ennesimo paradigma riduzionista e scientista. Mentre le centrali cooperative rinunciano a difendere la biodiversità. La rubrica di Riccardo Bocci

Tratto da Altreconomia 279 — Marzo 2025

Quale sarà il futuro dell’agricoltura italiana? A sentire la discussione che si è tenuta il 29 e 30 gennaio a Verona, durante la Fieragricola, la linea è tracciata: i nuovi organismi geneticamente modificati (Ogm)/new genomic techniques (Ngt) o tecniche di evoluzione assistita (Tea), come li chiamiamo in Italia, sono l’innovazione da cui non si può prescindere.

Il Manifesto definito durante la Fiera vede la firma di tutte le componenti sindacali (Cia, Coldiretti e Confagricoltura), che già in più occasioni si sono espresse con slancio per queste tecnologie, ma anche il mondo delle cooperative nelle sue varie colorazioni (Legacoop, Confcooperative e Copagri) e, ovviamente, Assobiotec e Assosementi.

Rispetto alla partita giocata venti anni fa intorno agli Ogm il panorama è completamente diverso. Una parte del mondo sindacale ha “cambiato sponda”, così come quello delle cooperative, mentre la grande distribuzione organizzata resta silente a osservare, tanto ormai ha in mano il mercato, come certifica il XXI Rapporto Marca realizzato da Circana, che indica la marca del distributore (Mdd) al 30,1% delle vendite del largo consumo confezionato. Non vedremo mai, quindi, la pubblicità della fragola con la lisca di pesce nei supermercati, che tanto impatto ha avuto nel costruire l’immaginario sugli Ogm nei cittadini.

Il Manifesto sulle Tea siglato a Verona chiede cose precise al governo italiano: un comitato interministeriale per seguire e favorire l’approvazione del regolamento europeo che si sta negoziando, un Tavolo permanente dedicato, una campagna di comunicazione istituzionale che dovrebbe “convincere” cittadini e agricoltori a usare questa tecnologia, una rete di ricerca pubblica e privata dedicata anche attraverso prove in campo aperto e, infine, risorse per ricerca di base e applicata. Come si vede una strategia precisa che individua nello sviluppo dei nuovi Ogm la salvezza per l’agricoltura italiana, dimentica di come il problema agricolo non sia risolvibile da una singola tecnologia.

Volendo semplificare si tratta dell’ennesima riproposizione di un paradigma riduzionista e scientista a un tema che, invece, andrebbe affrontato mettendo in discussione la modernizzazione stessa e il concetto di progresso che ci hanno portato alla situazione attuale. Purtroppo, a differenza di quanto successo ai tempi degli Ogm in cui la destra al governo si era fermamente opposta al loro utilizzo, oggi la situazione è cambiata.

La pagina Facebook del ministro Lollobrigida informa che “con la Legge di Bilancio 2025 destiniamo 21 milioni di euro alla ricerca” e che con questi fondi “sosteniamo lo sviluppo delle Tea, strumenti che consentono di migliorare le colture senza ricorrere agli Ogm”. Una presa di posizione precisa che, unita al decreto siccità del 2023 che permetteva la sperimentazione in pieno campo, fa dell’Italia uno dei Paesi europei più impegnato nel promuovere questa tecnologia.

Sono 21 milioni di euro i fondi stanziati dal Governo Meloni nell’ultima Legge di Bilancio per la “ricerca e sviluppo” delle Tea

Mentre si stanziavano queste risorse, il ministero ha ridotto il fondo destinato all’implementazione del Trattato Fao sulla diversità vegetale agricola a cui già dedicava soltanto un milione di euro all’anno circa. Sarà quindi ancora più difficile mantenere le banche delle sementi, luoghi deputati alla conservazione della biodiversità agricola per fini di ricerca o di uso diretto da parte degli agricoltori.

Ricordiamo che gestire queste banche non vuol dire solo mantenere le sementi nei frigoriferi, ma anche caratterizzarle e moltiplicarle ogni tanto per garantire buoni tassi di germinabilità. Un lavoro nascosto, delicato e rigoroso che non è sulla prima pagina dei giornali. Eppure, è in questi luoghi, che spaziano dai centri di Crea e Cnr, alle Università, agli orti botanici fino alle case delle sementi e ai campi degli agricoltori, che si cela il futuro della nostra agricoltura. Non saranno i nuovi Ogm o Tea con una spruzzata di Made in Italy a risvegliare l’agricoltura nostrana dalla crisi di senso e identità.

Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2025 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati