Esteri / Attualità
Monitor, osservatorio sul mondo (novembre 2023)
L’inchiesta di Occrp sui “Passaporti d’oro” della Dominica. Attivisti ruandesi nel mirino del presidente Paul Kagame. La California approva una legge che obbliga le aziende a rendere pubbliche le proprie emissioni di carbonio. L’avvio del processo contro l’agenzia europea Frontex mosso dalla Ong Sea-Watch
Inchiesta sui passaporti d’oro
America Latina
La Dominica, un piccolo Stato insulare nei Caraibi, ha uno dei più grandi programmi di cittadinanza per investitori del mondo: per ottenere un passaporto (che consente di viaggiare senza visto in 140 Stati, compresi quasi tutti i Paesi europei) è sufficiente un investimento nel Paese di almeno 100mila dollari. L’inchiesta “Dominica: Passports of the Caribbean” realizzata dall’Organized crime and corruption reporting project in collaborazione con 15 testate giornalistiche internazionali permette per la prima volta di conoscere i nomi di circa 7.700 beneficiari, anche se il numero reale potrebbe essere più elevato. “Abbiamo identificato più di due dozzine di casi in cui questi nuovi ‘dominicani’ sono stati indagati, accusati di reati o condannati al carcere. Alcuni sono poi diventati latitanti dai loro Paesi d’origine”, si legge sul sito di Occrp. Tra questi figurano un ufficiale dei servizi segreti afghani accusato di aver commesso crimini contro l’umanità, un ex colonnello al servizio di Gheddafi in Libia e uno scienziato impegnato nello sviluppo del programma nucleare iracheno di Saddam Hussein.
“Frontex è complice dei respingimenti”. Sea-Watch porta l’Agenzia in tribunale
Europa
Mercoledì 11 ottobre presso il Tribunale dell’Unione europea in Lussemburgo si è svolta l’udienza della causa promossa da Sea-Watch (Ong tedesca impegnata da anni in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale) contro Frontex. Il procedimento era stato avviato ad aprile 2022, dopo che l’Agenzia europea che sorveglia le frontiere esterne dell’Unione aveva rigettato una richiesta di accesso agli atti tramite il Freedom of information act (Foia) che avrebbe permesso alla Ong di verificare il possibile coinvolgimento di Frontex in un’operazione di respingimento verso la Libia di un’imbarcazione con venti migranti a bordo, avvenuta il 30 luglio 2021.
“L’Agenzia usa sistematicamente la segretezza per evitare di essere ritenuta responsabile delle proprie azioni. Si tratta di uno schema pericoloso, dal momento che continuiamo a scoprire il ripetuto coinvolgimento di Frontex in violazioni dei diritti umani. È urgente imporre la trasparenza, perché c’è il rischio di ulteriori violenze e abusi” ha commentato Luisa Izuzquiza della Ong FragDenStaat, che affianca Sea-Watch in questa causa legale. La sentenza è prevista per i primi mesi del 2024.
Una legge innovativa per il clima
Stati Uniti
La California ha approvato il 7 ottobre scorso una legge che obbliga le principali aziende che operano nello Stato a rendere pubbliche le informazioni sulle proprie emissioni climalteranti. La normativa, secondo quanto ricostruito dal Guardian, si applicherà a 5.300 imprese con un fatturato superiore al miliardo di dollari (tra cui Chevron, Amazon e Apple) che a partire dal 2026 dovranno dichiarare l’impronta di carbonio derivante dalle loro attività. Inoltre, dal 2027 verrà richiesto loro di includere nel conteggio anche quella derivante dalle catene di approvvigionamento e dalla vendita dei prodotti. Per Hollin Kretzmann, avvocato dell’organizzazione Center for biological diversity, la legge permetterà di rendere pubblico il reale impatto delle emissioni delle principali società e renderà più difficile compiere operazioni di greenwashing.
Nella prima metà di ottobre la regione di Herat -nell’Ovest dell’Afghanistan- è stata colpita da tre diversi eventi sismici. Secondo il quotidiano Guardian, che cita alti funzionari del governo talebano, i morti sarebbero almeno tremila.
Attivisti ruandesi nel mirino di Paul Kagame
Africa
In vista delle elezioni parlamentari e presidenziali del 2024, il Fronte patriottico ruandese del presidente Paul Kagame ha “risposto con forza e spesso con violenza” a qualsiasi minaccia percepita al suo potere. A lanciare l’allarme è Human rights watch (Hrw) in un rapporto pubblicato a metà ottobre. Il report copre gli anni successivi al 2017 e documenta oltre una dozzina di casi di uccisioni, rapimenti tentati e riusciti, sparizioni forzate e attacchi fisici contro i ruandesi della diaspora. Oltre agli sforzi per riportare nel piccolo Paese africano i critici che vivono all’estero. “Questi abusi violenti sono spaventosamente frequenti, soprattutto nei Paesi africani e in quelli in cui il governo ruandese ha una presenza attiva, anche militare”, si legge nel rapporto. Hrw ha poi puntato il dito contro i governi che hanno stretti legami con il Ruanda (tra cui Regno Unito e Stati Uniti) che “raramente, se non mai, sollevano pubblicamente preoccupazioni sui diritti umani nel loro impegno bilaterale o multilaterale” con il governo di Kigali.
Nei settori fondamentali per la transizione energetica in Germania mancano all’appello 216mila lavoratori qualificati
Le piattaforme social censurano i giornalisti palestinesi
Medio Oriente
Martedì 10 ottobre -mentre infuriavano i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza in risposta all’attentato terroristico compiuto da Hamas tre giorni prima- l’account Instagram di un corrispondente del sito d’informazione Mondoweiss è stato sospeso. Il giorno precedente, anche il canale TikTok della testata era stato bloccato e solo a seguito delle proteste della stessa su X (l’ex Twitter), i due profili sono stati ripristinati.
“Altri utenti di Instagram hanno segnalato restrizioni sui loro account dopo aver postato contenuti sulla Palestina, compresa l’impossibilità di fare live streaming o di commentare i post di altri. Inoltre, su Instagram e Facebook gli hashtag relativi ad Hamas e al ‘Diluvio di Al-Aqsa’ (nome che il gruppo terroristico ha dato all’attacco sui civili israeliani, ndr) sono stati nascosti dalle ricerche”, si legge sul sito The Intercept.
Quella osservata in corrispondenza della nuova ondata di violenza in Medio Oriente non è una novità, come ha ricordato il giornalista di Mondoweiss, Yumna Patel: “La censura delle voci palestinesi, di coloro che sostengono la Palestina e dei media alternativi che denunciano i crimini dell’occupazione israeliana, da parte di reti e giganti dei social come Meta e TikTok, è ben documentata. Lo abbiamo visto -ha spiegato a The Intercept– con la censura degli account palestinesi su Instagram durante le proteste di Sheikh Jarrah nel 2021, con i raid mortali dell’esercito israeliano a Jenin, in Cisgiordania, nel 2023”.
Il giornalista Ian Urbina indaga le violazioni dei diritti umani commessi a bordo della flotta globale di pescherecci cinesi. “The crimes behind the seafood you eat” si legge sul Newyorker.
La crisi energetica che colpisce i Paesi asiatici
Asia
Nonostante gli investimenti fatti e il peso crescente delle rinnovabili sul mix energetico, almeno 53 milioni di cittadini asiatici non hanno ancora accesso all’elettricità e 1,2 miliardi di persone nelle aree rurali dipendono da legno, rifiuti animali e carbone per cucinare e riscaldare la propria abitazione. È quanto emerge da un report pubblicato a inizio ottobre dalla Commissione economica e sociale per l’Asia e il Pacifico delle Nazioni Unite.
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